- Viterbo News – Viterbo Notizie – Tusciaweb – Tuscia News – Newspaper online Viterbo – Quotidiano on line – Italia Notizie – Roma Notizie – Milano Notizie – Tuscia web - https://www.tusciaweb.eu -

“Il supertestimone del pub dice 60 volte ‘non lo so’ poi chiede ‘ho detto giusto?'”

Condividi la notizia:

Serena Gasperini, Cecilia Forenza e Roberta Bruzzone

Serena Gasperini, Cecilia Forenza e Roberta Bruzzone


Ronciglione – Morte di Maria Sestina Arcuri, nessuna “forzatura” secondo la procura sul trentenne di Ronciglione testimone del litigio al pub tra la 26enne e Andrea Landolfi, cui la giovane avrebbe detto di volerlo lasciare la sera stessa andando a dormire in un b&b.

Il contrario, secondo la psicologa Cecilia Forenza, che ha esaminato il “supertestimone” per la difesa nel corso della perizia disposta dal tribunale: “Dice 60 volte ‘non lo so’ poi arriva a chiedere ‘ho indovinato?’ e in un dialogo addirittura chiede al pm se Sestina avesse ricevuto uno schiaffo, per poi prima affermare che lo avesse detto Andrea e poche righe sotto che glielo aveva detto Sestina”. 

Il pubblico ministero Franco Pacifici, durante l’udienza del 29 marzo – quando sull’attendibilità e le modalità di interrogatorio sono state sentite la psichiatra Cristiana Morera per la corte d’assise, lo psichiatra Giovanni De Tiberis per la procura e la psicologa Cecilia Forenza per la difesa – ha ribadito come le dichiarazioni del teste abbiano offerto spunti investigativi che poi hanno trovato riscontri nel corso delle indagini preliminari sfociate nel processo per omicidio volontario e omissisone di soccorso al pugile romano 32enne. “Noi non sapevamo nulla quando lo abbiamo sentito il 15 febbraio, ma abbiamo potuto verificare che non ha inventato niente. Sul telefonino della vittima, che siamo riusciti a sbloccare solo il successivo settembre, c’erano guarda caso ricerche relative a un posto dove andare a dormire quella notte”, ha fatto notare il magistrato. 

La consulente Forenza, come la criminologa Roberta Bruzzone dello staff dei difensori Daniele Fabrizi e Serena Gasperini, smontando dal suo punto di vista le conclusioni sull’attendibilità cui era giunta la psicologa che ha assistito il giovane durante l’interrogatorio del 15 febbraio 2019, ha sottolineato come il trentenne, affetto da deficit cognitivo, sia soggetto a gravi attacchi di ansia, al punto da non riuscire, nemmeno alla presenza della madre, a salire le scale dello studio della dottoressa Morera, dove doveva essere visitato dalla terna di specialisti nominati dalle parti. 

“Il 15 febbraio di tre anni fa il giovane, invitato a declinare le proprie generalità, non è stato in grado di indicare il proprio indirizzo”, scrive nella sua relazione la Forenza. 


Andrea Landolfi e Maria Sestina Arcuri

Andrea Landolfi e Maria Sestina Arcuri


“Ho contato – scrive Forenza nelle 28 pagine di perizia – circa 60 occasioni in cui il contenuto delle risposte è ‘non lo so’, ‘non ricordo proprio’, ‘non ho capito’, ‘non me lo ha detto’, ‘non lo so spiegare’, ‘te lo giuro, te sto a dì la verità’, ‘non c’è sto a capi’ niente’, ‘mi sforzo, aspetta, aspetta’, ‘non saprei dire’, ‘allora questa cosa la so e te l’ho detta, l’altra cosa non la so veramente’, ‘può esse che me so sbagliato a dittelo’ e si potrebbe continuare”.

“Si arriva addirittura al paradosso in cui è il testimone che chiede al pm di fornirgli le riposte ovvero dice: ‘non ricordo eravamo in quattro? In tre?’; ‘chi c’era?’ (per ben due volte); ‘ho detto bene?’; ‘ho indovinato?’. Nei verbali degli interrogatori del 15 febbraio e del primo ottobre 2019, inoltre, ammette, in più occasioni, che quanto afferma non è frutto del suo ricordo, ma di quanto sentito in televisione”. 

Dito puntato contro le cosiddette “domande mal poste”. “Nel corso di una intervista investigativa – sottolinea la psicologa della difesa di Landolfi – bisogna evitare di inserire degli elementi che non siano già stati menzionati dal testimone. I suggerimenti possono essere rafforzati dall’intervistatore, quando usa feedback positivi o negativi quali fare la stessa domanda più volte, il che segnala all’interrogato che la risposta precedente non era giusta, o anche commentare le risposte (ad esempio ‘stai facendo bene’), rinforzando le risposte accettabili e scoraggiando quelle indesiderate. Si parla di ‘effetto compiacenza’ quando il testimone riferisce ciò che l’intervistatore vuol sentirsi dire”. 


Ronciglione - Il pub Il Castello - Il tavolo dove Maria Sestina Arcuri e Andrea Landolfi hanno trascorso l'ultima serata

Il tavolo del pub dove Sestina e Andrea hanno trascorso la serata


“Se ci si fosse attenuto a quanto spontaneamente detto dal testimone ci si sarebbe dovuti fermare e basarsi soltanto su tutte le volte che ha affermato di non ricordare, di non sapere. Di fatto le uniche cose che sembra ripetere più e più volte sono che il signor Landolfi gli sembrava tranquillo, che la discussione tra questo e la Arcuri aveva avuto toni pacati, che non ha potuto sentire quanto detto al pub perché c’era la musica alta”.

“L’unica metodologia che è stata messa in atto a contenimento dell’ansia, peraltro di un soggetto da ritenersi categoria protetta data la sua disabilità, è stata offrire sigarette e cappuccino e dargli ogni tanto qualche rassicurazione quale ‘bravo, buona memoria’ persino circa il titolo di una canzone che, tra l’altro nessuno poteva sapere, non essendo ovviamente presente al pub la sera indicata”. 

“Amareggia inoltre notare che lo stato ansioso e la necessità di promesse, ovviamente non mantenibili, a titolo di ‘ricompensa calmante’ siano stati, in taluni momenti utilizzati come leva per richieste verbalizzate quali ‘se mi dici quest’altro pezzettino che mi manca’, ‘se mi dici quest’altra cosa non torni’, ‘a me manca un pezzettino’, ‘se mi dici quest’altra cosa non sarai più chiamato ad ascoltarti'”.

“Si nota, inoltre, come durante l’ascolto non si sia usato il metodo corretto, ovvero quello dell’ascolto libero spontaneo associato a quello della ‘riformulazione’, ovvero attenersi solo alle parole utilizzate da chi viene ascoltato senza aggiungerne di nuove per evitare suggestioni. In molte occasioni si nota dai verbali che il teste ha utilizzato parole solo dopo che sono state usate da chi poneva le domande, anche a seguito dell’influenza data dal bisogno di approvazione dell’autorità”.

“Ad esempio, dice che aveva idea che Landolfi fosse arrabbiato solo per le sue espressioni facciali, non perché gli avesse detto nulla, tanto che numerose volte lo definisce tranquillo. Parole e concetti quali, ad esempio, ‘aggressivo’, ‘l’aveva menata’ non sono state formulati spontaneamente da lui, ma da chi poneva le domande. E solo in seguito il teste le ha confermate o utilizzate. A partire da questo ‘innesco’, si avvia un dialogo che nel quale è addirittura il teste che chiede al pm se Sestina avesse ricevuto uno schiaffo, per poi prima affermare che lo avesse detto Andrea e poche righe sotto che glielo aveva detto Sestina”.

Silvana Cortignani 


Condividi la notizia: