Tuscania – (sil.co.) – Uso disinvolto dell’auto di servizio e di militari come manodopera per la ristrutturazione della caserma, nel vivo il processo “Cuneo bis”.
E’ il secondo processo in corso presso il tribunale di Viterbo nei confronti dell’ex comandante della compagnia dei carabinieri di Tuscania Massimo Cuneo, accusato in questo caso di peculato e falso.
Il procedimento, per fatti del 2013, nasce da una costola dell’inchiesta della procura sfociata l’11 febbraio 2015 nell’arresto dell’ufficiale, già davanti al collegio presieduto dal giudice Silvia Mattei per peculato d’uso, abuso d’ufficio e rivelazione di segreto d’ufficio.
“Cuneo bis” perché nasce dagli ulteriori accertamenti disposti dalla procura militare di Roma, che ha poi rinviato gli atti al tribunale ordinario in quanto giurisdizione competente. La prima udienza dedicata all’ascolto dei testimoni dell’accusa si è aperta ieri davanti al collegio presieduto dal giudice Elisabetta Massini, alla presenza di entrambi i pubblici ministeri che si sono occupati delle indagini, Paola Conti e Franco Pacifici.
Massimo Cuneo
Primo testimone del processo il tenente colonnello Pietro Rajola Pescarini, all’epoca successore di Cuneo alla guida della compagnia di Tuscania. E’ l’ufficiale che fu incaricato di ulteriori accertamenti su delega della procura militare di Roma.
Al vaglio la posizione dei tre militari utilizzati come manodopera in occasione dei lavori di ristrutturazione della caserma tra gennaio e aprile 2014 e l’uso dell’auto di servizio, compreso il controllo tramite il posizionamento delle celle telefoniche per valutare se in quel momento l’imputato fosse in “servizio in giurisdizione” come autocertificato.
“Oltre 7mila euro per i carabinieri-manodopera”
“I tre carabinieri impiegati nella ristrutturazione facevano parte del Norm, ovvero del pronto intervento in caso di emergenze, come ad esempio le rapine, in servizio esterno su tutto il territorio di competenza, per cui viene erogata una specifica indennità che va a sostituire lo straordinario, che invece non è previsto”, ha premesso il testimone, sottolineando l’importanza del ruolo svolto nell’ambito della compagnia.
“Impiegati in altre mansioni con la dicitura ‘a disposizione del comandante di compagnia’, come si fa per le indagini di polizia giudiziaria, i tre militari utilizzati come manodopera hanno invece percepito gli straordinari, che abbiamo calcolato in 7.238 euro. Questo è stato il loro costo complessivo”, ha spiegato l’ufficiale.
Il tenente colonnello Pietro Rajola Pescarini
“A Orbetello e Pomezia con l’auto di servizio”
Si è quindi parlato delle due auto civili, una Punto e una Megane, quest’ultima teoricamente riservata al Norm per il trasporto dei collaboratori di giustizia.
L’imputato ne avrebbe fatto uso per spostamenti da Tuscania a Pomezia e Orbetello, e viceversa, ma anche in altre località della provincia di Roma, dell’Umbria e della Toscana, per una spesa di circa 190 euro di carburante della caserma, annotando sul foglio di marcia delle vetture di avere svolto “servizio in giurisdizione”.
“Avrebbe dovuto trovarsi nelle zone di competenza della compagnia o a ridosso. Per correttezza, inoltre, di solito si indica anche la tratta. Dalle celle telefoniche, invece, è risultato essere fuori giurisdizione, fiori provincia e anche fuori regione. A Orbetello e Pomezia anche di domenica, quando risultava essere presente in servizio”, ha risposto il tenente colonnello a una precisa domanda del pm Pacifici.
Non sarebbero però stati fatti accertamenti se il comandante fosse fuori giurisdizione per ragioni di servizio. “Nella sua delega, la procura militare non ci ha chiesto di indagare se fosse fuori per ragioni dis servizio, ma solo se fosse dentro o fuori giurisdizione”, ha risposto il testimone al difensore Fabrizio Ballarini. E’ inoltre emerso che il comandante, assegnandosi gli straordinari, non è tenuto a specificare quale sia l’attività straordinaria: “Teoricamente si tratta di esigenze di servizio di polizia giudiziaria”.
L’esame del secondo testimone dell’accusa è stato invece sospeso in seguito a una contestazione suppletiva, relativa ad altre date in cui l’imputato avrebbe fatto un uso improprio dell’auto di servizio nonché del carburante per alimentarla. Il processo riprenderà dallo stesso punto il prossimo 10 novembre. Nel frattempo uno dei capi d’imputazione, trascorsi sette anni e mezzo, risulta già prescritto.

