Farnese – Armi e rapine, giudizio immediato per i fratelli Marco e Paolo Pira, 40 e 48 anni, che chiedono di patteggiare meno di 4 anni in due.
I fratelli allevatori d’origine sarda di Farnese sono in carcere dallo scorso 12 dicembre quando, su richiesta del pm Massimiliano Siddi, sono stati arrestati per la detenzione di un fucile e dieci proiettili clandestini.
Sono inoltre indagati a piede libero per due colpi che avrebbero progettato di mettere a segno ai danni di una facoltosa coppia della zona e di un uomo di Montefiascone.
Il pm Massimiliano Siddi
Ieri mattina, a distanza di sei mesi, scortati dalla polizia penitenziaria, sono comparsi davanti al collegio presieduto dal giudice Silvia Mattei, chiedendo di essere giudicati col rito alternativo del patteggiamento, che prevede lo sconto di un terzo della pena. D’accordo il pm Siddi.
Paolo Pira, difeso dall’avvocato Giuseppe Picchiarelli, ha chiesto di patteggiare una condanna a 1 anno, 5 mesi, 23 giorni e 4mila euro di multa, condizionata alla sospensione della pena in quanto è incensurato. Marco Pira, difeso dall’avvocato Angelo Di Silvio, che non potrà accedere invece al beneficio della sospensione condizionale, ha chiesto di patteggiare 2 anni, 4 mesi, 16 giorni e 8mila euro di multa.
Il collegio, acquisendo il fascicolo del pm, ha rinviato per la valutazione dell’istanza all’udienza del prossimo 16 giugno.
L’avvocato Angelo Di Silvio
“Se non ci danno i soldi, gli tagliamo un pollice”, avrebbero detto a proposito delle vittime delle rapine, senza sapere di essere intercettati. Ma all’interrogatorio di garanzia hanno negato. Così come hanno negato che il fucile fosse destinato alla commissione di reati. Sarebbe servito per cacciare i lupi che attaccano le pecore, non per fare rapine a mano armata. Per l’accusa, invece, avrebbero pianificato due colpi, uno a Farnese e uno a Montefiascone.
Dettagli pulp. “Se non ci danno i soldi, gli spezziamo le dita o gli tagliamo un pollice”, avrebbero detto pianificando le due rapine, ascoltati dagli investigatori che li hanno intercettati per nove mesi.
A Farnese una coppia benestante avrebbe dovuto essere prelevata in campagna, condotta nella villa di proprietà e costretta sotto la minaccia delle armi a consegnare il bottino, decine di migliaia di euro in contanti che custodirebbero nella cassaforte. Se necessario, anche con la violenza.
Idem la vittima falisca, una persona all’apparenza non particolarmente facoltosa, ma che, in base alle intercettazioni, i Pira avrebbero ritenuto nascondere in casa, anche in questo caso, decine di migliaia di euro in contanti.
Avrebbero parlato anche di fantomatici criminali romani, senza mai farne i nomi, con cui avrebbero dovuto prendere accordi per l’esecuzione materiale delle rapine.
“Il fucile stava nell’ovile per difendere il bestiame dagli attacchi dei lupi. C’è stato messo dopo aver sentito di un vicino cui sono stati sbranati sette animali, ma non mai stato usato”, si sarebbe difeso Marco Pira, difeso da Di Silvio, sottolineando come l’arma fosse in bella vista, tra gli attrezzi agricoli e come sia stata consegnata spontaneamente ai carabinieri del Norm della compagnia di Tuscania che hanno condotto le indagini per la procura.
Operazione Terra Madre – Nei riquadri gli arrestati
Già arrestati col padre del 2015
Il 28 luglio 2015, i fratelli Pira furono arrestati col padre Antonio nell’ambito dell’operazione Terra madre con l’accusa di avere ammazzato a bastonate per ritorsione i cani dell’ex sindaco Dario Pomarè e di avergli devastato l’oliveto. Il sindaco, che oltre ad essere una delle cinque parti offese è anche parte civile nel processo, tuttora in corso, è stato sentito lo scorso 15 gennaio dal giudice Silvia Mattei (“Gli olivi abbattuti li ho recuperati, i cani uccisi a bastonate li ho persi per sempre…”).
Silvana Cortignani