Viterbo – Deposito nazionale scorie nucleari e rifiuti radioattivi, il rischio che si faccia nella Tuscia “è concreto”. E a luglio si concluderà la consultazione pubblica prevista dalla Sogin che l’anno scorso ha pubblicato la Carta delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), individuandone 67 su tutto il territorio nazionale, di cui oltre 20 solo nella Tuscia dove sono stati coinvolti 8 comuni tra la Maremma laziale e i Monti Cimini.
Ad intervenire è Alfiero Grandi, presidente nazionale dell’Associazione “Si alle rinnovabili No al nucleare” all’epoca della campagna referendaria del 2011 contro il nucleare. Per Grandi, i siti individuati in provincia di Viterbo sono “di prima scelta”.
Scorie nucleari
“Per questo – spiega Grandi – non ci si deve fidare delle rassicurazioni del tipo: ma tanto non si farà qui. Il rischio è concreto e in altre aree si stanno sviluppando forti reazioni negative che nella Tuscia sono ancora troppo deboli e incerte. Occorre rappresentare con nettezza le forti ragioni della contrarietà al deposito delle scorie nulceari radioattive, anche inserendole nel sito della Sogin che prevede la raccolta delle opinioni. Prendere posizione vuol dire essere invitati in futuro ai seminari che Sogin convocherà nei prossimi mesi e si potranno così rappresentare il punto di vista delle popolazioni locali, delle associazioni, degli interessi locali”.
Politico e sindacalista, Alfiero Grandi è stato prima segretario regionale della Cgil in Emilia-Romagna, e successivamente, nelle fila dei Democratici di sinistra, sottosegretario alle finanze nel governi D’Alema e nel secondo governo Amato. Nel 2001 è stato deputato alla Camera e vice presidente della commissione finanze nella XIV legislatura.
Alfiero Grandi
“I Comuni debbono informare e consultare preventivamente i cittadini sulle osservazioni che presenteranno alla Sogin per poterle discutere – spiega Grandi -. Quando si arriverà alla scelta dell’area per il deposito delle scorie radioattive, prima di ogni altro passaggio, occorre pretendere preventivamente una valutazione di impatto ambientale e degli effetti socioeconomici. In altre parti d’Italia, Regioni, Provincie e Comuni stanno prendendo posizioni nette e chiare contro il deposito delle scorie nucleari. Occorre far sentire a Montalto e nella Tuscia la ferma contrarietà del territorio, come avviene in altre regioni”.
“La Sogin – prosegue Grandi – all’inizio del 2021 ha reso pubblici i 67 luoghi ove ritiene possibile costruire il deposito delle scorie nucleari in Italia. Numerosi sono nella Tuscia e a Montalto di Castro, tra questi 3 luoghi, uno non lontano dal centro di Montalto e due a Pescia Romana, sopra l’Aurelia, sono indicati dalla carta dei siti con colore verde quindi sono di prima scelta. L’amministratore delegato della Sogin parlando alla Commissione ambiente della Camera, all’inizio di aprile, basta ascoltare la registrazione sul sito della Commissione ambiente della Camera, ha dichiarato che la scelta dei 67 siti è avvenuta sulla base di conoscenze e mappe esistenti, confermando che non sono stati fatti studi e verifiche aggiornati. In sostanza non ci sono basi scientifiche e sociologiche aggiornate che consentano di ritenere effettivamente idonee queste aree, perchè individuate con un lavoro approssimativo e carente”.
“Basta pensare – aggiunge Alfiero Grandi – che la motivazione per escludere dalla localizzazione del deposito nazionale delle scorie le aree occupate dalle vecchie centrali nucleari e di altri siti coinvolti per ragioni simili, già inquinati, è stata la vicinanza a corsi d’acqua o al mare, trascurando completamente che le aree di bonifica sono ovviamente zone da cui l’acqua è stata fatta defluire, che sono percorse da una rete di canali per fare arrivare l’acqua al mare, per di più l’acqua per uso potabile e usi agricoli di Pescia Romana è prelevata da falde sotterranee che non risultano dagli “studi” della Sogin”.
Deposito scorie radioattive – Le aree idonee nel Viterbese
All’inizio di luglio si concluderà la consultazione pubblica prevista dalla Sogin, che successivamente indicherà il sito dove collocare le scorie nucleari radioattive, sia quelle che perderanno radioattività entro circa 350 anni che quelle che costituiscono il materiale più contaminato e pericoloso, “di ritorno dal trattamento all’estero, che emanerà – sottolinea Grandi – radioattività per circa 10 mila anni, a cui si fa solo un cenno – quasi nascosto – definendolo deposito ‘provvisorio’ per 50/100 anni”.
La mappa pubblicata da Sogin suddivide le zone papabili a seconda della fattibilità: verde smeraldo (zone più idonee), verde chiaro (zone di livello buono), celeste (isole), giallo (zone meno adeguate ma comunque di possibile realizzazione).
Fra le 22 aree individuate in provincia di Viterbo ci sono Ischia di Castro, Canino-Cellere-Ischia di Castro, due lotti a Canino, Tessennano-Tuscania, Arlena di Castro-Piansano-Tuscania, Piansano-Tuscania, Tuscania, un’altra area Canino-Montalto, Arlena di Castro-Tessennano-Tuscania, Arlena di Castro-Tuscania 1 e 2, Tarquinia-Tuscania, Soriano nel Cimino, Soriano nel Cimino-Vasanello-Vignanello, Gallese-Vignanello, Corchiano-Gallese.
depositonazionale.it – Produttori e detentori di rifiuti radioattivi in Italia
“Va sottolineato – commenta Grandi – che le scorie ad alta intensità radioattiva richiedono trattamenti continui per un lunghissimo periodo e una conseguente custodia blindata. Il problema è che per queste scorie più pericolose, che emetteranno radioattività fino a 10.000 anni, non c’è al momento alcuna destinazione definitiva. E’ quindi evidente il rischio che il deposito cosiddetto “provvisorio” diventi semplicemente definitivo, ma se questo fosse stato detto esplicitamente le normative vigenti non avrebbero permesso di mischiare i due tipi di scorie radioattive, senza dimenticare che quanti assumono gli impegni oggi non ne saranno più responsabili in futuro”.
“Costruire il deposito delle scorie a Montalto di Castro e nella Tuscia è inaccettabile perchè le caratteristiche socio-economiche della zona soprattutto dopo la bonifica (vocazione agricola specializzata e turismo) e quelle socio-culturali (parco di Vulci, area di Tarquinia, Ansedonia ecc.) obbligano a farsi carico delle condizioni attuali della zona, che non può essere degradata. Così c’è il grave rischio di inquinamento radioattivo delle falde acquifere interne, la cui contaminazione finirebbe con l’inquinare il mare in cui finiscono i corsi d’acqua. La viabilità verrebbe sottoposta a transiti pericolosi per decenni per trasportare le 90.000 tonnellate di scorie radioattive. Transiti pericolosi che costituerebbero una servitù importante sulla viabilità e sempre a rischio di incidenti e attentati. Né si possono dimenticare eventi sismici come quello di Tuscania. Andrebbero ridefinite perfino le modalità di sorvolo della zona del deposito, senza trascurare possibili attentati e quindi un sito di questa natura verrebbe inevitabilmente militarizzato per la fase di costruzione e per la successiva custodia”.
“Greenpeace – propone poi Grandi – ha avanzato una proposta alternativa semplice e ragionevole. Ci sono le precedenti aree nucleari che vanno assolutamente bonificate, con rifiuti già presenti in loco che possono contaminare il territorio, tra queste ci sono aree ex nucleari che potrebbero essere utilizzate per uno o più depositi delle scorie radioattive, con l’impegno contestuale a bonificare le aree già contaminate. Così si eviterebbe di contaminare altro territorio che attualmente non lo è e finalmente dopo decenni inizierebbe il risanamento di aree già contaminate. Il consiglio comunale di Montalto di Castro, come molti altri Comuni della Tuscia, come la Provincia, come la Regione hanno votato ordini del giorno contrari, ma non basta, occorre un impegno corale di tutte le istituzioni locali contro la destinazione nella Tuscia del deposito delle scorie nucleari. Occorre informare dei pericoli la popolazione che è ancora poco e male informata. Occorre fare crescere le ragioni del No al deposito in una zona dove si potrebbero provocare in modo irreversibile danni economici, sociali, alla salute e all’ambiente, rendendo impossibile consumare e vendere i prodotti della terra diventando area di abbandono”.
Deposito nazionale – L’area di Montalto di Castro
Dopo la conclusione della consultazione pubblica, prevista appunto per l’inizio di luglio, “in base alle osservazioni emerse – spiega il sito internet depositonazionale.it – Sogin elabora la proposta di Cnai, Carta nazionale aree idonee e la trasmette al ministero dello sviluppo economico. Acquisito il parere tecnico dell’ente di controllo Isin, il ministero dello sviluppo economico, di concerto con il ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare e il ministero delle infrastrutture e dei trasporti la approva definitivamente. La Cnai viene quindi pubblicata sui siti internet di Sogin, dei ministeri di competenza e dell’Isin. Una volta pubblicata la Cnai, Sogin invita le regioni e gli enti locali nei cui territori ricadono le aree idonee di esprimere manifestazioni di interesse, volontarie e non vincolanti, per proseguire nel percorso partecipato di localizzazione del Deposito”.
“L’amministratore delegato della Sogin – evidenzia Grandi – nell’audizione alla Camera ha indicato il Lazio come baricentrico nelle scelte, commettendo un fallo preoccupante, perché fino ad allora si era sempre sostenuto che la scelta non era ancora stata fatta. E’ tanto vero che la Sogin in seguito ha emesso un comunicato ufficiale affermando che l’amministratore delegato intendeva parlare di un criterio geografico, ma non intendeva indicare la localizzazione. La correzione ha rivelato che la Sogin non ha detto tutto sulla scelta dell’area per il deposito e ha lasciato l’impressione che i 67 siti fossero in gran parte finti, perché in realtà era già maturata una scelta non esplicitata. Per questo non ci si deve fidare delle rassicurazioni del tipo: ma tanto non si farà qui, il rischio è concreto e in altre aree si stanno sviluppando forti reazioni negative che nella Tuscia sono ancora troppo deboli e incerte”.
depositonazionale.it – Il progetto di Deposito nazionale
“La popolazione della Tuscia – ha concluso infine Grandi – non deve subire altre vessazioni sul suo territorio. Le scorie nucleari radioattive sono pericolose, le emissioni e i relativi pericoli sono reali e la gestione dei problemi deve essere all’altezza delle preoccupazioni e dei pericoli e soprattutto non ci può essere una gestione all’insaputa delle popolazioni che ne subirebbero le conseguenze”.
Daniele Camilli





