Gabriele Laezza, l’unico viterbese che resta in carcere per associazione mafiosa
Viterbo – E’ Gabriele Laezza l’unico viterbese che resta in carcere per associazione di stampo mafioso dei tredici arrestati dell’operazione Erostrato. Oltre a Laezza, i boss Giuseppe Trovato e Ismail Rebeshi, i fratelli Spartak e Shkelzen Patozi, la compagna di Trovato Fouzia Oufir, Gazmir Gurguri e il pentito Sokol Dervishi.
Martina Guadagno, 33 anni, ex commessa di uno dei tre compro oro del boss Giuseppe Trovato, è invece l’unica dei tredici arrestati nel blitz antimafia del 25 gennaio 2019 finora prosciolta da tutte le accuse. In primo grado, l’11 giugno 2020, è venuta meno l’aggravante del 416 bis, l’associazione di stampo mafioso. In appello, lunedì, è caduta anche l’accusa di favoreggiamento.
L’altro viterbese è Luigi Forieri, 53 anni, l’unico degli altri nove imputati che hanno scelto l’abbreviato per cui sia venuta meno in appello, l’altro ieri, l’aggravante dell’associazione di stampo mafioso. All’epoca dei fatti, tra il 2017 e il 2018, era titolare del bar di via Genova considerato dagli investigatori “luogo di ritrovo di molti sodali”. Per lui pena più che dimezzata, dagli 8 anni e 4 mesi del primo grado ai tre anni e mezzo del secondo per la partecipazione ai reati fine. L’accusa, il 10 febbraio 2020, al termine di una durissima requisitoria durata otto ore, aveva chiesto per lui una condanna a 12 anni e 4 mesi di reclusione.
Confermata per uno solo dei cinque viterbesi arrestati nel blitz dell’operazione Erostrato l’aggravante del 416 bis. Per l’appunto Gabriele Laezza. Detto “Gamberone”, operaio 33enne di Bagnaia, titolare “di fatto”, secondo l’accusa, della ditta di trasporti di famiglia, è stato condannato in primo grado a 8 anni di reclusione e a 7 anni in appello. Per lui i pm Fabrizio Tucci e Giovanni Musarò avevano chiesto 14 anni.
Martina Guadagno, 33 anni, l’unica dei tredici arrestati prosciolta da tutte le accuse
“Siamo pronti a chiedere l’indennizzo per ingiusta detenzione”, anticipa l’avvocato Marco Landolfi, difensore di Martina Guadagno. La 33enne era stata già assolta in primo grado dall’accusa di partecipazione al sodalizio criminale italo-albanese sgominato con i tredici arresti del 25 gennaio 2019.
Assolta ora con la formula più ampia anche dall’accusa di favoreggiamento, perché il fatto non sussiste, la Guadagno, secondo la Dda di Roma, a gennaio 2018 aveva “favorito” il boss Trovato, suo datore di lavoro, aiutandolo a eludere le investigazioni, fornendogli un’utenza cellulare a lui intestata, ma a lei in uso esclusivo fino a quel momento, nonché dandogli la propria disponibilità ad accompagnarlo, con la propria autovettura, negli spostamenti per non farsi vedere in giro con le ustioni riportate nell’attentato incendiario messo a segno la notte tra il 7 e l’8 gennaio a Santa Barbara ai danni di uno dei furgoni della ditta di trasporti di Roberto Grazini, in cui ha preso fuoco per sbaglio anche il Ducato di un imprenditore cinese.
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I pm antimafia Giovanni Musarò e Fabrizio Tucci, contestandole anche il 416 bis, avevano chiesto per l’imputata una condanna a 9 anni e 4 mesi di reclusione. E’ stata invece condannata in primo grado a due anni e quattro mesi per il solo favoreggiamento, lo scorso 11 giugno, al termine del processo col rito abbreviato per dieci degli imputati, celebrato davanti al gip Emanuela Attura del tribunale di Roma.
Uscita la sera stessa dal carcere di Santa Maria Capua Vetere , dopo avere trascorso 17 mesi dietro le sbarre in regime di alta sorveglianza, alla Guadagno sono stati concessi contestualmente alla sentenza di primo grado gli arresti domiciliari, come chiesto dal difensore Landolfi. Domiciliari revocati lo scorso 1 ottobre, su istanza del legale, il quale, a distanza di 21 mesi dall’arresto, ha ottenuto per la sua assistita la meno afflittiva misura dell’obbligo di dimora a Viterbo.
Luigi Forieri, l’unico prosciolto in appello dall’aggravante del 416 bis
Per entità della pena, da scontare in regime di carcere duro, Laezza coi suoi 7 anni si piazza al quarto posto dopo i boss Trovato e Rebeshi (condannati rispettivamente a 12 anni e 9 mesi e a 10 anni e 11 mesi di reclusione) e Spartak Patozi (l’unico cui sia stata confermata in appello la condanna di primo grado a 8 anni e 8 mesi).
Possono ancora sperare nella cassazione. Sono attese nel frattempo per i primi di settembre le motivazioni della sentenza d’appello.
La sentenza d’appello del 7 giugno 2021: Sconti per i boss e il pentito, pena più che dimezzata per il barista Luigi Forieri
Le condanne di primo e secondo grado
– Giuseppe Trovato: 12 anni e 9 mesi di reclusione (13.400 euro di multa) – In primo grado 13 anni e e 4 mesi (14mila euro di multa);
– Ismail Rebeshi: 10 anni e 11 mesi (9.500 euro di multa) – In primo grado 12 anni e 12mila euro di multa;
– Spartak Patozi: 8 anni e 8 mesi (5.300 euro di multa) – In primo grado 8 anni e 8 mesi (8mila euro di multa);
– Gabriele Laezza: 7 anni (5.800 euro di multa) – In primo grado 8 anni e 6mila euro di multa;
– Shkelzen Patozi: 6 anni e 4 mesi (5.200 euro di multa) – In primo grado 8 anni e 4mila euro di multa;
– Fouzia Oufir: 5 anni – In primo grado 5 anni e 4 mesi (6mila euro di multa);
– Gazmir Gurguri: 4 anni e 8 mesi – In primo grado 7 anni e 4 mesi;
– Sokol Dervishi: 4 anni e 6 mesi – In primo grado 6 anni;
– Luigi Forieri: 3 anni e 6 mesi (cadut l’aggravante dell’associazione di stampo mafioso)– In primo grado 8 anni e 4 mesi;
– Martina Guadagno: Assolta – In primo grado 2 anni e 4 mesi (assolta dall’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso).
Silvana Cortignani
Presunzione di innocenza
Nel sistema penale italiano vige la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della costituzione italiana secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.