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Acquarossa, dopo il biodigestore arriva pure il depuratore

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Viterbo – Cinquecento metri cubi al giorno di portata e quasi 22 mila metri quadrati, di cui 18.827 “liberi da vincoli di inedificabilità”. Acquarossa Viterbo, lungo la Teverina. Dopo il Biodigestore arriva pure il “depuratore per il trattamento delle acque di risulta”, ossia fanghi naturali e industriali. Come sta scritto nel preliminare di compravendita tra una società romana, proprietaria di alcuni lotti all’interno della zona industriale nei pressi del teatro romano di Ferento, e una società viterbese che intende realizzarlo. Costo della compravendita, 835 mila euro in tutto. Firmato il 29 marzo di quest’anno, 2021.


Viterbo - La zona dell'Acquarossa destinata al biodigestore

Viterbo – La zona industriale dell’Acquarossa


Il preliminare fa parte della documentazione depositata in regione, mentre la questione del depuratore, di cui pare il comune non ne sapesse niente, come per il biodigestore, è già stata sollevata in consiglio comunale dalle consigliere d’opposizione Luisa Ciambella e Chiara Frontini. Pd la prima, Viterbo 2020 la seconda. Pare inoltre che i proprietari dei lotti in vendita siano gli stessi che hanno già messo a disposizione il grosso di quelli dove invece verrà costruito il biodigestore. Una scelta, in entrambi i casi, che ha visto mettersi di traverso quasi tutti gli imprenditori dell’area che fanno anche parte del consorzio che coordina la zona. Al punto che hanno dato via a un comitato “No al biodigestore dell’Acquarossa” che, a questo punto, rischia di aggiungere anche un “No”, altrettanto secco al depuratore.


Viterbo - I cartelli lungo la Teverina che invitano ad opporsi al biodigestore

Viterbo – I cartelli lungo la Teverina che invitano ad opporsi al biodigestore


Il preliminare di compravendita dei terreni per la realizzazione di un depuratore riguarda l’acquisto “per un totale di circa mq. 21.983 di cui mq. 18.827 liberi da vincoli di inedificabilità, con tutte le accessioni, pertinente, nulla escluso o riservato, nello stato di fatto e di diritto in cui gli immobili si trovano”.

Nel preliminare si parla inoltre di “un depuratore idoneo al trattamento delle acque di risulta, con valori conformi ai limiti di scarico in pubblica fognatura, provenienti dai cicli di lavorazione (della società che intende acquistare i lotti ndr), alla quale dovrà essere garantita una portata max di mc. 500/giorno, a prescindere da eventuali nuovi allacci di altre aziende. Tale obbligo è subordinato al verificarsi della condizione sospensiva della sottoscrizione del contratto che regola la gestione del rapporto tra le parti (…). Il depuratore sarà progettato in modo tale da attuare un ciclo di lavorazione idoneo allo scarico in acque superficiali”.


Viterbo - Il teatro romano di Ferento

Viterbo – Il teatro romano di Ferento


“Nel periodo antecedente la messa in opera dell’impianto suddetto – prosegue il preliminare di compravendita – (la società che intende acquistare i lotti ndr) scaricherà le acque di risulta all’interno della fognatura consortile e con limiti riferiti alle ‘acque superficiali’, previa autorizzazione da parte del consorzio stesso”.

Da una parte il biodigestore, ovvero stazioni di riciclaggio per lo smaltimento dei rifiuti organici, che poi trasformano in energia. Con la sua costruzione, come ha già detto il presidente del comitato del “No”, Giovanni Iannacco, dovrebbero arrivare all’Acquarossa 99 tonnellate di rifiuti organici ogni giorno. Venti camion tutti i giorni. 100 a settimana. 

Dall’altra invece un depuratore per il trattamento delle acque di risulta. In mezzo una piattaforma i mercati generali ortofrutticoli, una piattaforma per la raccolta dei rifiuti, un centro sportivo, un ristorante, il mattatoio comunale, una coltivazione biologica, un’azienda avicola e il teatro romano di Ferento. Sarebbe pure il terzo nel giro di poche centinaia di metri. In zona ce ne sono infatti già due. Uno del mattatoio, che sta lì da oltre 30 anni, e l’altro del consorzio.


Viterbo - La zona di Ferento

Viterbo – La zona di Ferento


Per quanto riguarda invece il biodigestore, uno studio del comitato per il “No”, evidenzia come l’attuale dotazione impiantistica presente già sarebbe già di per sé più che sufficiente per intercettare “tutta la frazione organica prodotta nell’ambito territoriale”. 

“L’analisi – spiega il documento del comitato – riporta i dati desunti dal Piano di gestione dei rifiuti regionale adottato con deliberazione della giunta regionale del 2 agosto 2019 n. 592. La provincia di Viterbo ha raggiunto il migliore risultato in termini di percentuale di Rd avvicinandosi al 50% di Rd giungendo quasi a raddoppiare il livello di Rd dell’anno 2013. La produzione procapite pari a 407,5 kg/ab.anno nel 2017 risulta inferiore alla media regionale (505 kg/ab.anno) e inoltre risulta in calo rispetto al valore del 2013 (420 kg/ab.anno). In base ai dati riportati nel Piano di gestione risultano ad oggi presenti sul territorio della provincia di Viterbo tre impianti di compostaggio autorizzati a trattare un totale di circa 10.000 tonnellate anno di rifiuti, costituiti essenzialmente da rifiuti verdi, fanghi ed altre categorie merceologiche”.

Il documento analizza poi “le previsioni complessive di intercettazione delle frazioni organiche nei tre scenari tematizzati dal piano di gestione, in tonnellate/anno, per ogni ambito e sub-ambito. Le dinamiche relative ai tonnellaggi nei 3 scenari di Piano fanno notare una tendenza all’aumento delle intercettazioni, ma non sempre questa tendenza è lineare. Infatti, nel complesso regionale o per specifici ambiti o per l’una o l’altra frazione (umido e verde) vanno considerati anche gli effetti della diffusione delle pratiche di prevenzione (recupero derrate alimentari, migliore porzionamento nei servizi di ristorazione, promozione del compostaggio domestico, ecc.)”.

“Nello specifico – prosegue il documento – è possibile osservare che, rispetto agli scenari di Piano, l’attuale dotazione impiantistica (pari a una potenzialità di trattamento di circa 132.560 tonnellate di rifiuto organico da raccolta differenziata) risulta più che sufficiente non solo all’intercettazione e al trattamento di tutta la  frazione organica prodotta nell’ambito territoriale nello scenario futuro n.3 (ovvero con l’80% di raccolta differenziata), ma risulta adeguata a garantire il trattamento delle frazioni di rifiuti organici provenienti dalle industrie agroalimentari dell’area servita. Autorizzare una ulteriore capacità di trattamento – conclude il documento del comitato per il ‘No al biodigestore’ – rischia di avere un solo scopo: accettare i rifiuti di Roma”. Il rischio che temono moltissimi imprenditori dell’Acquarossa, cioè che l’intera zona, tenuto conto che più a valle ci sono anche Casale Bussi e Monterazzano, diventi una specie di pattumiera della Tuscia.

Daniele Camilli


Articoli: “Un impianto per trattamento rifiuti anche pericolosi all’Acquarossa”“Biodigestore all’Acquarossa, arriveranno 99 tonnellate di rifiuti al giorno e 100 camion a settimana”


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