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Per i bimbi nati al Sud rischio di morte maggiore del 50 per cento nel primo anno di vita

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Roma – I bambini che nascono e risiedono nel Mezzogiorno hanno un rischio di morire nel primo anno di vita del 50% più elevato di quelli che vivono nelle regioni del Nord.

È quanto rivela uno studio in pubblicazione sulla rivista Pediatria, che ha valutato i tassi di mortalità neonatale e infantile in Italia, sulla scorta dei dati dell’Istat riferiti all’anno 2018.


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I tassi di mortalità neonatale e infantile – che rappresentano il numero di morti rispettivamente nei primi 28 giorni di vita o nel primo anno di vita per mille nati vivi – in Italia sono tra i più bassi del mondo anche migliori di quelli osservati in Francia, Germania o Regno Unito. Si continua però ad osservare un’ampia variazione territoriale. I bambini che nascono e risiedono nel Mezzogiorno hanno un rischio di morire nel primo anno di vita del 50% più elevato di quelli che vivono nelle regioni del Nord. E le differenze diventano ancora più evidenti per i figli di genitori stranieri (+ 100%).

Nel 2018 se il Mezzogiorno avesse avuto lo stesso tasso di mortalità infantile delle regioni del nord Italia sarebbero sopravvissuti 200 bambini. Ugualmente se i bambini figli di genitori stranieri avessero avuto lo stesso tasso di mortalità infantile dei bambini figli di genitori italiani si sarebbero avuti 88 decessi in meno nel primo anno di vita.

“L’idea che nascere e vivere in un particolare territorio del nostro paese possa offrire una maggiore o una minore probabilità di cura e di sopravvivenza semplicemente non è accettabile. Questi dati ci mettono di fronte alla necessità di esigere un cambiamento, una repentina inversione di rotta”, afferma la presidente della Società italiana di pediatria Annamaria Staiano. “Oggi abbiamo la straordinaria possibilità di usufruire dei fondi previsti dal Next Generation EU, quale migliore settore sul quale investire se non il mondo dei bambini? Quale migliore occasione per iniziare a limare il divario Nord-Sud se non partendo dal bambino nella prima infanzia?”.

Due potrebbero essere le principali strade per investire in maniera efficiente nel sistema sanitario a tutela dei bambini: rafforzare la medicina territoriale che con la pandemia ha dimostrato di essere il vero anello debole del sistema sanitario nazionale, rivedendo i percorsi della pediatria generale, e soprattutto completare il processo di informatizzazione del sistema.


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