Viterbo – (sil.co.) – E’ in carcere da oltre un anno il buttafuori di una discoteca della Bassa Tuscia a processo con l’accusa di avere violentato una ragazzina di 17 anni conosciuta nel locale, dove si era recata a ballare coi suoi amici.
Oltre che di violenza sessuale, deve rispondere anche di sequestro di persona, rapina e lesioni, contestate in fase preliminare dal pubblico ministero Chiara Capezzuto con l’aggravante della crudeltà. Parti civili, oltre alla ragazza diventata nel frattempo maggiorenne anche il padre e la madre, pure loro ritenuti vittime dell’imputato.
Alla sbarra un ventenne di Pomezia arrestato due volte, la prima a dicembre 2019 e poi nuovamente nella primavera del 2020.
Dopo avere intercettato la minore nel locale dove lavorava nella security, l’ha rintracciata tramite social network, presentandosi nel giro di pochi giorni a casa dei genitori come il fidanzato che tutti i padri sognano, quando in realtà sarebbe stato un orco.
Violenza sulle donne
Il ventenne, difeso dall’avvocato Luigi Mancini, si è a presentato con la scorta della penitenziaria all’udienza del 21 luglio davanti al collegio presieduto dal giudice Elisabetta Massini.
Per problemi di composizione della terna giudicante, si tornerà in aula il 3 novembre per l’ammissione prove e la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. Ulteriori testimoni saranno sentiti il 15 dicembre, il 26 gennaio e il 14 aprile.
La vittima sarebbe stata costretta a seguirlo per ben due volte da un affittacamere, dove la minore sarebbe stata picchiata e stuprata più volte sotto la minaccia di fare del male ai suoi congiunti. Avrebbe perfino simulato una crisi epilettica per seguire la vittima al pronto soccorso.
Dottor Jekyll e mister Hyde
L’imputato, facendo ampio uso dei social, avrebbe iniziato a prendere informazioni sulla giovane, i suoi amici, la sua famiglia, le due sorelle, i genitori e perfino la nonna, riuscendo infine a intrufolarsi nella sua intimità e a farle vivere due-tre settimane d’inferno, partito da una violenza carnale, prima che la vittima trovasse il coraggio di denunciarlo.
Si sarebbe fermato a cena e sarebbe anche riuscito a fermarsi a dormire dalla nonna, con la scusa che di notte non era il caso di mettersi in auto dalla provincia di Viterbo a quella di Roma. Inoltre avrebbe consigliato alla madre e al padre di togliere la figlia dalla scuola pubblica per iscriverla a una privata per garantirle migliori risultati.
In realtà, secondo la vittima per allontanarla dalle sue conoscenze, facendole il vuoto attorno. Nel frattempo, facendo leva sulla paura, avrebbe abusato di lei perfino sotto il tetto della casa familiare, mentre i genitori, ignari, erano in un’altra stanza.
Alle calcagna della vittima anche in ospedale
E’ andata avanti due-tre settimane. Fino a quando, a dicembre di due anni fa, i genitori non avrebbero notato dei lividi sulle braccia casualmente scoperte della figlia che solo in quel momento sarebbe scoppiata a piangere, rivelando loro un calvario di soprusi, mentre il suo aguzzino, presente nella casa dove in pochi giorni era già riuscito a installarsi come “fidanzato”, si sarebbe scagliato con violenza contro entrambi, facendo scattare l’allarme e l’intervento dei carabinieri che lo hanno arrestato.
Non è stato sufficiente. Spacciandosi per vittima, dopo pochi giorni è tornato libero, fino a quando le successive indagini non hanno convinto la pm Chiara Capezzuto, nell’aprile del 2020, in piena emergenza Coronavirus, a chiedere per lui la misura di custodia cautelare, per cui è finito ai domiciliari col braccialetto elettronico.
Il motivo: mentre la diciassettenne e i familiari erano in ospedale a farsi refertare e lui in caserma, sentendo che erano stati portati al pronto soccorso di Belcolle, avrebbe simulato una crisi epilettica e si sarebbe fatto portare anche lui in ospedale per dare loro la caccia, non riuscendo nei suoi intenti solo perché bloccato dal personale.
Arancia meccanica al bed&breakfast
A giugno dell’anno scorso l’ultimo atto, l’incidente probatorio nel corso del quale è stata cristallizzata la versione della vittima che, essendo minorenne all’epoca dei fatti, non dovrà così testimoniare in aula in caso di processo.
“Dopo aver strappato dalle mani della minore il telefono, per impedirle di chiedere aiuto – si legge nel capo d’imputazione – l’avrebbe minacciata di ledere l’incolumità fisica sua e dei familiari, đicendole di conoscere il suo indirizzo, il luogo dove lavoravano i suoi genitori, di sapere che aveva due sorelle più piccole e dove andavano a scuola, nonché di aver inviato degli uomini pronti a far loro del male sotto l’abitazione familiare e che suo padre era un ‘pezzo grosso’ che avrebbe potuto rovinarle la vita”.
L’avrebbe quindi privata della libertà personale, imponendole di seguirlo dapprima in un b&b di Nepi, dove l’avrebbe costretta due volte con percosse e minacce a subire rapporti sessuali completi. E il giorno successivo, a Pomezia e a Roma, dove l’avrebbe costretta di nuovo ad andare con lui in un b&b all’interno del quale l’avrebbe percossa e costretta con violenza e minacce a rapporti sessuali più volte, lasciandola chiusa a chiave in camera per diverse ore.
“Ti metto incinta e dovrai tenere il bambino”
Al ventenne, in sede di indagini preliminari, è stata contestata anche l’aggravante di aver agito con crudeltà: “Avendo continuamente detto alla ragazza, mentre le usava violenza sessuale e la percuoteva, che avrebbe dovuto soffrire quanto aveva sofferto lui da piccolo, nonché avendole mostrato, la sera del 13 dicembre 2019 i suoi amici nei pressi della discoteca di Roma dai predetti frequentata, intimandole di non parlare con nessuno e, al contempo, schernendola sul fatto che loro si stavano divertendo, mentre lei si trovava in quella situazione. Nonché dicendole che l’aveva sicuramente messa incinta e che l’avrebbe costretta a tenere il bambino”.
Il ventenne, inoltre, l’avrebbe percossa numerose volte “sia nel periodo in cui l’aveva privata della libertà personale, sia nei due giornl successivi, nei quali continuava a trattenersi nel suo paese e a frequentare la sua abitazione, cagionandole lesioni personali consistite in contusioni multiple, in abuso sessuale, ecchimosi al collo, ematomi al braccio ed avambraccio sinistro e coscia sinistra, nonché ustioni di sigaretta su una mano, giudicate guaribili in 10 giorni”.
Silvana Cortignani
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