Viterbo – Delitto del Suffragio, il gip prende tempo per decidere se accogliere la richiesta di imputazione coatta per omicidio volontario aggravato in concorso di Azzurra Cerretani, fidanzata del killer Stefano Pavani già condannato a 15 anni.
La procura ha chiesto l’archiviazione, contro cui ieri si sono opposti i genitori adottivi della vittima, difesi dall’avvocato Pasqualino Magliuzzi del foro di Latina.
Azzurra Cerretani, difesa dall’avvocato Fausto Barili, è la 27enne viterbese che era presente al massacro di Daniele Barchi, il 42enne originario di Gaeta barbaramente ucciso la notte tra il 21 e il 22 maggio 2018 nel suo appartamento al pianoterra di via Fontanella del Suffragio, in pieno centro storico, nelle immediate adiacenze di corso Italia.
Fu lei che con la sua denuncia fece arrestare l’assassino, l’allora fidanzato Stefano Pavani, il 34enne originario di Corchiano giudicato seminfermo di mente e condannato a 15 anni di carcere il 10 luglio 2019.
Omicidio in via Fontanella del Suffragio – Azzurra Cerretani e Stefano Pavani
“La sera del 22 maggio 2018 – ha ricordato Barili, a margine dell’udienza davanti al giudice Rita Cialoni – la mia assistita riuscì finalmente a sottrarsi al controllo dell’omicida, che l’aveva rinchiusa in bagno. E’ corsa a rifugiarsi nella sua abitazione di Bagnaia, dove lui l’ha raggiunta e aggredita, mentre sul posto si precipitava la polizia, cui Azzurra ha immediatamente riferito che lo aveva visto uccidere un uomo, guidando gli agenti sulla scena del crimine e confermando la stessa versione anche a distanza di tre giorni, pur sapendo che nel frattempo anche lei era stata iscritta nel registro degli indagati per omicidio in concorso”.
“Sono due gli assassini di mio figlio, uno è dentro e una è fuori, mentre Daniele è morto. Non è giustizia questa”, ha ribadito all’uscita dall’aula 1 del tribunale il padre di Barchi, con gli occhi gonfi di lacrime, mentre la moglie, preoccupata per la salute del marito, cercava di contenere la sua ira e la sua disperazione afferrandolo con delicatezza per un braccio. Negli occhi lo stesso senso di smarrimento e di amarezza.
“Abbiamo chiesto un supplemento di indagini ai fini dell’imputazione coatta di Azzurra Cerretani per il reato di omicidio in concorso – ha spiegato per loro l’avvocato di parte civile Magliuzzi – abbiamo fornito il nome di battesimo e il numero di telefono di una vicina per sapere se veramente la Cerretani abbia gridato aiuto mentre Pavani massacrava loro figlio. E abbiamo chiesto che i genitori vengano ascoltati in relazione a una telefonata che secondo noi è stata sottovalutata”.
“Hanno ucciso nostro figlio perché volevano la sua casa. La domenica pomeriggio ci ha telefonato quando secondo noi il massacro era già iniziato, perché Daniele parlava strano e dietro si sentiva la voce di lei che istigava, con un tono aggressivo. Volevano portargli via la casa da dove li aveva cacciati cinque giorni prima, quando aveva capito chi fossero veramente, per questo è morto. E lei era lì assieme a Pavani, è stata lì tutto il tempo mentre veniva torturato”, ha detto il papà della vittima.
“Cerretani ha chiesto aiuto non appena ha potuto – ha ribadito il difensore della 27enne – ha riferito dell’omicidio, dove si trovava il cadavere, chi era il responsabile della mattanza, è stata chiusa a chiave e aggredita nella sua abitazione. Il pm ha fatto indagini più che approfondite. Ha anche revocato una prima richiesta di archiviazione per chiarire ogni aspetto, poi l’ha nuovamente presentata”.
“Azzurra – ha proseguito Barili – ha sempre confermato la stessa versione, il suo è stato un apporto sincero, ha reso possibile assicurare Pavani alla giustizia. Su di lei è stata effettuata anche una consulenza psicologica, da cui sono emerse criticità, un atteggiamento aggressivo nei confronti delĺe persone, ma non basta x mandare a processo per omicidio in concorso una 27enne davanti alla corte d’assise. Siamo convinti della bontà del lavoro della procura e confidiamo in un decreto di archiviazione”.
Daniele Barchi
Riproponiamo una lettera pubblicata da Tusciaweb il 6 luglio 2019, a pochi giorni dalla sentenza, dei genitori di Daniele Barchi. Ci sono anche delle immagini, che Tusciaweb ha ricevuto dalla famiglia e dal legale della famiglia Barchi che le hanno inviate per la pubblicazione. Immagini forti, che potrebbero urtare la vostra sensibilità, ma che abbiamo deciso di pubblicare, così come avvenuto ad esempio per il caso Cucchi, per sottolineare l’estrema gravità del fatto. “L’idea del terrore in cui Daniele ha vissuto, le percosse, le coltellate e la violenza subita, ci tormenta e non ci fa più vivere”, scrivono.
Il corpo della vittima col volto tumefatto
“Nostro figlio massacrato da Pavani, dal pregiudizio e dall’indifferenza…”
“In merito al processo a carico di Pavani, la cui udienza di discussione si è tenuta il 4 luglio 2019 innanzi al gip del tribunale di Viterbo, i genitori del povero Daniele Barchi esprimono tutto il loro dolore, mai sopito e fortemente rinnovato, avendo rivissuto durante la discussione tutte le fasi dell’azione delittuosa che ha condotto al massacrato del loro unico figlio a opera di Pavani e della sua compagna.
Sentire invocare clemenza per l’assassino con l’applicazione di tutte le attenuanti possibili a suo favore rispetto a quanto subito da Daniele, è stata una ulteriore ferita mortale. Restano convinti, i Barchi, che Daniele sia stato massacrato non solo da Pavani ma dal pregiudizio, dall’indifferenza e dalle tante omissioni di chi avrebbe dovuto tenere ristretto un soggetto come Pavani già giudicato più volte pericoloso.
“L’idea che quel delitto fosse stato consumato in un contesto di marginalità sociale e di degrado psicologico, accomunando Daniele a Pavani e alla sua compagna, è un pregiudizio che ha condizionato tutta l’indagine”, tengono a dichiarare i Barchi. In effetti Daniele non era affatto stato abbandonato dai sui genitori, che con cadenza almeno quindicinale lo raggiungevano da Gaeta e gli fornivano tutti i mezzi economici di cui avesse bisogno.
“Abbiamo assecondato il suo desiderio di autonomia e indipendenza acquistando ben due appartamenti in Viterbo, senza, comunque, mai fargli mancare la nostra presenza e il nostro affetto – continuano i genitori – le vessazioni subite a opera di Pavani e di Cerretani ce le ha sempre tenute nascoste. L’idea del terrore in cui Daniele è stato costretto a vivere per giorni e la durata delle percosse, delle coltellate e della violenza subita, ci tormenta e non ci fa più vivere. Ce l’abbiamo anche con chi ha visto Daniele pochi giorni prima del fatale epilogo con il volto tumefatto e non ha fatto nulla per aiutarlo. Ora vogliamo far conoscere a tutti come è stato ridotto Daniele e vi chiediamo di pubblicare una locandina che nella immediatezza dei fatti ci fu sconsigliato di pubblicare. È l’espressione del nostro profondo rammarico”.
Silvana Cortignani


