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“Finalmente l’Asl di Viterbo sta capendo l’importanza degli Oss?”

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Egidio Gubbiotto di Confael

Egidio Gubbiotto di Confael

Viterbo – Riceviamo e pubblichiamo – Vidimato dalla direzione strategica dell’Azienda sanitaria locale di Viterbo, giunge alla nostra attenzione il documento “bozza ipotesi di indirizzo allocazione operatori Ass/Oss”, con numero di protocollo 56413.

Tale documento è stato divulgato solo ad alcune sigle sindacali (Cgil, Cisl, Uil e Fials), compiendo un’evidente discriminazione nei confronti delle altre organizzazioni sindacali che rappresentano i lavoratori all’interno di codesta azienda ed escludendo, di fatto, da questa comunicazione, anche le Rsu aziendali.

Apprendiamo con ironico stupore, anche a seguito delle numerose riunioni tenutesi in questi giorni intensi, che finalmente presso il Po di Belcolle partirà una “sperimentazione”, un “progetto pilota”; insomma dall’1 agosto la figura dell’operatore socio sanitario sarà riorganizzata (ancora una volta) con un nuovo metodo, che potremmo definire addirittura pionieristico.

Questa “sperimentazione” servirà, forse, a codesta direzione strategica e al governo delle professioni sanitarie, a comprendere perché in tutte le Uo deve essere presente la figura dell’operatore socio sanitario, assegnata in maniera programmatica, proporzionata ed esclusiva. Gira voce che, ad oggi, nella nostra città medievale proprio non si comprenda perché il personale infermieristico ravvisi la necessità di essere supportato nelle attività assistenziali dall’operatore socio sanitario e perché, nel 2021, qualche “voce fuori dal coro” inizi a sollevarsi al grido di “demansionamento”.

Ebbene, la scrivente organizzazione sindacale, che da codesta azienda rimane inascoltata e ignorata, proverà a dissolvere i dubbi che i vertici aziendali, ma da quanto ci risulta anche qualche coordinatore infermieristico, continuano ad avere, malgrado due decenni di quella che, ormai, è storia.

La figura dell’operatore socio sanitario nasce, nell’ormai lontano, 2001 con la conferenza stato regioni (seduta del 22 febbraio 2001) che ne sancisce il profilo professionale. L’articolo 1 del sopracitato profilo professionale recita: ”è individuata la figura dell’operatore socio sanitario che è l’operatore che, a seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale, svolge attività indirizzate a: soddisfare i bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale sia sanitario; favorire il benessere e l’autonomia dell’utente”.

Sempre nel profilo professionale di questa figura, così sconosciuta in questa azienda, all’articolo 5 possiamo leggere: “Le attività dell’operatore socio sanitario sono rivolte alla persona e al suo ambiente di vita: assistenza diretta ed aiuto domestico alberghiero; intervento igienico-sanitario e di carattere sociale; supporto gestionale, organizzativo e formativo”.

All’interno di questo misterioso documento sono presenti tre allegati. Nell’allegato A, il più “importante” del profilo professionale dell’operatore socio sanitario possiamo leggere: “Elenco delle principali attività previste per l’operatore socio sanitario: assistenza diretta ed aiuto domestico alberghiero; assiste la persona, in particolare non autosufficiente o allettata, nelle attività quotidiane di vita e di igiene personale; realizza attività semplici di supporto diagnostico terapeutico; collabora ad attività finalizzate al mantenimento delle capacità psico-fisiche residue, alla rieducazione, riattivazione, recupero funzionale […]; realizza interventi di carattere igienico sanitario e di carattere sociale: osserva e collabora alla rilevazione dei bisogni e delle condizioni di rischio-danno dell’utente; collabora all’attuazione degli interventi assistenziali; valuta per quanto di competenza, gli interventi più appropriati da proporre; collabora alla attuazione di sistemi di verifica degli interventi […]; realizza interventi di supporto gestionale operativo e formativo: utilizza strumenti informativi di uso comune per la registrazione di quanto rilevato durante il servizio; collabora alla verifica della qualità del servizio […]”.

Il documento continuerebbe ancora con l’allegato B (competenze tecniche dell’operatore socio sanitario) e l’allegato C (obiettivi di modulo e materie di insegnamento).

La storia, come si sa, va avanti e nel 2018 l’ex ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin, con il suo Ddl integra e addirittura potenzia la figura dell’operatore socio sanitario, aggiornando vari punti, fra cui la revisione delle competenze e della formazione. Insomma, la figura dell’Oss si è anche evoluta, nel resto delle aziende sanitarie italiane, poiché la modifica legislativa gli permette di integrarsi nel lavoro d’équipe con gli altri professionisti sanitari, in primis, gli infermieri attraverso competenze specialistiche.

Con questa lunga premessa, la scrivente organizzazione sindacale vuole anche provare a dirimere la resistenza della direzione strategica e del governo delle professioni sanitarie, e diffidare tutti i coordinatori infermieristici nell’assumere atteggiamenti demansionanti, nemmeno dal punto di vista verbale, con affermazioni lesive della dignità professionale e personale.

Ci riferiscono, appunto di taluni coordinatori che evidentemente non conoscono bene il profilo professionale degli infermieri che coordinano.

Con il Dm numero 739 del 14 settembre 1994, viene individuata la figura professionale dell’infermiere con il seguente profilo: “l’infermiere è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale è responsabile dell’assistenza generale infermieristica. 2. L’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria. 3. L’infermiere: a) partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività; b) identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi; c) pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico; d) garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche; e) agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali; f) per l’espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell’opera del personale di supporto”.

A nostro parere appare tragicomico dover ancora oggi spiegare che l’infermiere non è il factotum dell’assistenza, ma è il responsabile di un processo. Appunto il processo di assistenza infermieristica, che si estrinseca in una serie di numerosissime prestazioni più o meno complesse, di natura tecnica relazionale ed educativa, su persone assistite, più o meno stabili clinicamente.

Non è il caso di codesta azienda evidentemente, ma in molte aziende sanitarie pubbliche, soprattutto nelle realtà dove gli standard qualitativi sono elevati, le varie équipe assistenziali sono composte da tutte le figure deputate all’erogazione di assistenza sanitaria, come sicuramente i medici e gli infermieri, ma anche gli operatori socio sanitari. In queste realtà gli Oss sono assegnati nelle Uo in maniera esclusiva (per ragioni igieniche ad esempio), proporzionata (per assolvere alle attività proprie del loro profilo, in autonomia o supportando e/o coadiuvando l’infermiere) e programmatica.

Volendo concludere questa lunga lettera, doverosa nei confronti dei lavoratori che rappresentiamo e anche nei confronti di tutti gli utenti della comunità viterbese, auspichiamo che questo “progetto”, o “esperimento” che dir si voglia, porti a risultati sbalorditivi. Chissà che questa possa finalmente essere la scintilla, tanto attesa, che porterà anche a scaturire nuove evidenze scientifiche.

Purtroppo, però, i dati oggettivi, sotto gli occhi di tutti, sono sempre gli stessi che Confael strenuamente sta denunciando da troppo tempo: l’inappropriatezza della qualità dei servizi erogati, la lesione della dignità professionale attraverso il demansionamento e il sovraccarico di lavoro del personale. A tal proposito invitiamo tutti i lavoratori che ne percepiscono la necessità a denunciare quelle criticità, o difformità, che vengono ravvisate durante le attività lavorative (demansionamento, lesione della dignità professionale, mobbing eccetera).

La scrivente organizzazione sindacale augura a codesta direzione strategica buon lavoro, ma soprattutto di riuscire a capire la differenza tra infermieri e Oss e comprendere la necessità di dotare tutti i servizi del personale appropriato.

Egidio Gubbiotto
Segretario provinciale Confael


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