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Fratelli Pira, il riesame: “Spiccatamente inclini alla violenza…”

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Farnese – (sil.co.) – Armi e rapine, lo scorso 15 giugno sono stati rimessi in libertà dopo avere patteggiato  18 mesi e due anni, 11 mesi e 20 giorni. Sono Marco e Paolo Pira, 41 e 49 anni, i fratelli allevatori d’origine sarda di Farnese, finiti in carcere lo scorso 12 dicembre quando sono stati arrestati su richiesta del pm Massimiliano Siddi. Motivo per cui hanno rinunciato al ricorso in cassazione contro l’ordinanza con cui, il 31 dicembre 2020, il tribunale del, riesame aveva confermato la misura di custodia cautelare.

L’udienza davanti alla prima sezione penale della suprema corte si è comunque tenuta, il 23 giugno, una settimana dopo la sentenze e la revoca della misura in seguito alla sentenza del giudice Silvia Mattei. Il difensore Angelo Di Silvio ha però depositato atto di rinuncia per sopravvenuta carenza di interesse, motivo per cui i ricorsi sono stati giudicati inammissibili. 


Carabinieri - Operazione Terra madre - Nei riquadri gli arrestati

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La difesa: “La pistola per fare rapine? Sbruffonate”

I fratelli Pira erano accusati di detenzione in concorso tra loro di una pistola, al fine di utilizzarla per la commissione di rapine, ma l’arma non è stata mai trovata.

Per la difesa il tribunale del riesame, tra le altre cose, non ha adeguatamente valutato la circostanza che la pistola non è mai stata ritrovata e che nessuno degli informatori l’ha mai vista; l’esito delle intercettazioni ambientali è inoltre compatibile con “mere vanterie e ‘sbruffonate’ dei conversanti”.

Relativamente alla presunta pianificazione di due rapine a Montefiascone e Farnese, invece, la difesa nel ricorso al riesame ha sottolineato come il giudice per le indagini preliminari abbia escluso la sussistenza della gravità indiziaria. 

Marco Pira, in sede di interrogatorio di garanzia, aveva ammesso il possesso di un fucile, spontaneamente consegnato alla polizia giudiziaria al momento della perquisizione, precisando che gli serviva solo per allontanare lupi e cinghiali dal proprio gregge ed escludendone il compossesso da parte del fratello.

Il riesame ha ritenuto non contraddittorie le argomentazioni con le quali il gip aveva giudicato provato il possesso di “un numero imprecisato di armi” ma non integrati i presupposti per la punibilità dei tentativi di rapina, essendo rimasta la relativa condotta al livello di progressione propria dei meri atti preparatori non punibili.


Il riesame: “Personalità spiccatamente incline alla violenza”

Secondo le intercettazioni, ritenute incriminanti dagli investigatori, Marco Pira nelle conversazioni aveva fatto chiaramente riferimento alla detenzione di una pistola, della quale aveva indicato anche il calibro (9 x 21), e di un fucile del quale aveva manifestato l’idea di recidere la canna.

La circostanza che le armi servissero per commettere rapine e per porre in essere atti intimidatori verso un soggetto che in passato aveva denunciato gli indagati, anche per mezzo dell’intervento di terze persone, ha indotto il tribunale ad ascrivere la detenzione delle armi (delle quali solo il fucile è stato rinvenuto) a entrambi i fratelli.

Quanto alle esigenze cautelari, i giudici di merito hanno evidenziato come il possesso di armi tra loro diverse fosse sintomatico della “proclività alla commissione di reati violenti con l’uso delle armi”. In tal senso deponevano anche i precedenti e i carichi pendenti specifici a carico di Paolo Pira in materia di armi, stupefacenti e reati contro il patrimonio e, per entrambi gli indagati, i precedenti “sintomatici di una personalità spiccatamente incline alla violenza anche per la capacità di avvalersi di terze persone per la commissione di reati”.

Inoltre, è stata ritenuta idonea a giustificare la misura cautelare più grave la “particolare inclinazione degli indagati a punire con violenza i soggetti che ne avevano denunciato le prepotenze”. In tal senso si è ritenuto concreto il pericolo che vi potessero essere “azioni di vendetta verso chi era stato incaricato di organizzare le rapine e gli atti ritorsivi da parte dei fratelli Pira e che aveva deciso di fornire una collaborazione con la polizia giudiziaria”.

“In data 15 giugno 2021 – ha ricordato il legale rinunciando al ricorso in cassazione – è stata pronunciata dal tribunale di Viterbo sentenza di patteggiamento, all’esito della quale, in ragione della sospensione della pena, la misura cautelare è stata revocata nei confronti di Marco Pira, mentre relativamente a Paolo Pira, con la sentenza di patteggiamento pronunciata in pari data, la misura della custodia cautelare in carcere è stata sostituita con quella non detentiva dell’obbligo di dimora nella provincia di Viterbo”. 


Cani dell’ex sindaco ammazzati a bastonati, processo a settembre 

I Pira compariranno di nuovo davanti al giudice Silvia Mattei il prossimo 15 settembre quando riprenderà il processo in cui, assieme al padre Antonio, devono rispondere, tra l’altro, dei cani ammazzati a bastonate dell’ex sindaco Dario Pomarè. Furono arrestati dai carabinieri per stalking, armi e altri reati nell’operazione “Terra madre” scattata all’alba del 28 luglio 2015. A distanza di sei anni non si è anocra concluso il processo.


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