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“Nel carcere di Santa Maria Capua Vetere un uso insensato della forza”

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Roma – “Nel carcere di Santa Maria Capua Vetere un uso insensato della forza”.

A dirlo è la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, in aula alla Camera, durante l’informativa sulle violenze nel carcere campano.

“Sono stati fatti gravi, con un uso insensato e smisurato della forza – ha detto la ministra -. Fatti che reclamano un’indagine ampia, perché si conosca cosa è successo negli istituti nell’ultimo anno, quando la pandemia ha esasperato tutto. Abbiamo costituito al Dap una commissione ispettiva che visiterà tutte le carceri interessate interessati dalle proteste”.

“Dagli atti di indagine emerge che a Santa Maria Capua Vetere non si è trattato di una reazione a rivolte, ma di violenza a freddo – ha affermato Cartabia – Allo stato, il totale complessivo delle unità di personale dell’Amministrazione sospese a vario titolo è pari a 75. Rimangono altri indagati, per i quali il Gip ha specificato che non v’è certezza della loro presenza. Per questo ha respinto la richiesta di misura cautelare. Su questi ultimi, attendiamo gli sviluppi dell’indagine, prima di altre valutazioni. La Commissione ispettiva visiterà tutti gli istituti penitenziari interessati dalle manifestazioni di protesta o da denunce o segnalazioni inerenti ai gravi eventi occorsi nel marzo del 2020. Il suo mandato consiste nell’approfondire la dinamica dei fatti, al fine di accertare la legittimità e la correttezza di ogni iniziativa adottata”.


Marta Cartabia

Marta Cartabia


“L’amministrazione penitenziaria – ha aggiunto la ministra – deve essere capace di indagare al suo interno. Deve capire ed essere essa stessa in grado di portare alla luce eventuali violazioni. I fatti di Santa Maria Capua Vetere, emersi solo a seguito degli atti dell’autorità giudiziaria denotano che questa capacità di indagine interna è mancata almeno in questa occasione. Se vogliamo allora farci carico fino in fondo dei mali del carcere, perché non si ripetano mai più episodi di violenza, occorre preparare una strategia che operi su più livelli ed in particolare agendo sulle strutture materiali, sul personale e sulla sua formazione”.

“Sarebbe molto più semplice per tutti parlare genericamente di ‘mele marce’ e andare avanti – ha concluso -. Se le responsabilità penali, torno a ripetere, sono sempre e solo individuali e non possono ricadere su nessun altro, men che meno sull’intero corpo dell’amministrazione penitenziaria, le responsabilità ‘politiche’ dell’accaduto risiedono anche nella disattenzione con cui per anni si è lasciato che peggiorassero le condizioni di chi si trova in carcere e di chi in carcere ogni giorno lavora”.


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