La macchina divorata dalle fiamme – Nel riquadro, l’avvocato Roberto Alabiso
Viterbo – (sil.co.) – Mafia viterbese, chiede i domiciliari ma gli vengono negati uno dei sodali dell’organizzazione criminale italo-albanese smantellata all’inizio del 2019 dopo avere messo a ferro e fuoco Viterbo nei due anni precedenti con una cinquantina di attentati incendiari e atti intimidatori come non si erano mai visti nel capoluogo della Tuscia.
E’ stata bocciata l’istanza del 42enne albanese Gazmir “Gas” Gurguri di revoca o sostituzione con gli arresti domiciliari della misura della custodia in carcere applicatagli per i reati di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, danneggiamento aggravato dal metodo mafioso e reati in armi connessi.
Era accusato di aver dato fuoco all’auto dell’avvocato Roberto Alabiso e di aver posseduto una pistola.
A dire no in via definitiva, dopo l’ordinanza di rigetto del tribunale di Roma del 1 febbraio 2021, è stata la cassazione in seguito all’udienza che si è tenuta a Roma lo scorso 7 giugno, alla vigilia del processo d’appello per dieci dei tredici arrestati nell’operazione Erostrato del 25 gennaio 2019.
Il 9 giugno, Gazmir Gurguri, condannato in primo grado l’11 giugno 2020 a 7 anni e 4 mesi, si è visto nel frattempo ridurre la pena a 4 anni e 8 mesi. In carcere da oltre da due anni e mezzo, ha già scontato più della metà dietro le sbarre. Prima dell’arresto viveva a Canepina con la moglie e due figli e faceva l’operaio.
Mafia a Viterbo – Gazmir Gurguri
Secondo la difesa, il giudice dell’appello cautelare avrebbe trascurato, tra l’altro, le prove assunte nel giudizio di primo grado dell’allontanamento dell’imputato dal contesto associativo e in particolare le dichiarazioni rese dal pentito Sokol Dervishi.
Quest’ultimo è l’ex braccio destro, diventato collaboratore di giustizia in carcere, dei boss Ismail Rebeshi e Giuseppe Trovato.
Ingiustificata sarebbe altresì la svalutazione dell’incensuratezza del Gurguri, che invece avrebbe dovuto ritenersi elemento idoneo a giustificare l’accoglimento delle richieste difensive se posta in correlazione al lungo periodo di permanenza in Italia dell’imputato con la moglie ed i figli.
Immotivatamente il tribunale non avrebbe poi considerato che, come documentato dalla difesa, egli è titolare di un rapporto di lavoro ed avrebbe parimenti ignorato le dichiarazioni rese dal Gurguri al magistrato di sorveglianza.
Ricorso inammissibile per cassazione
Per la suprema corte il ricorso è inammissibile. “Nei confronti del Gurguri per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso e per alcuni dei reati satellite contestatigli è già stato condannato in primo grado alla pena di oltre sette anni di reclusione”, si legge nelle motivazioni della sentenza pubblicate il 14 luglio.
“Inammissibili sono le censure del ricorrente sulla mancata rivalutazione da parte del tribunale delle dichiarazioni asseritamente scagionanti rese nel processo dal coimputato Dervishi – proseguono i giudici – in quanto finalizzate a rimettere in discussione il quadro indiziario, tema precluso al giudice dell’appello cautelare proprio in ragione dell’esito sfavorevole per l’imputato del giudizio di cognizione in difetto della prospettazione di elementi fattuali sopravvenuti”.

