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Aspettando Andreotti per capire chi logora il potere

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Viterbo – Ugo Sposetti, “lo storico tesoriere del Pd”, scrisse che “la vita amministrativa dei partiti è un pezzo della storia politica del paese”. In pratica, senza soldi la politica non si fa.

D’altronde, è risaputo che “senza soldi non si canta messa” e, quando i cinematografari chiedevano in uso gli animali del deserto per i colossal, i tunisini rispondevano ”Pagare moneta, vedere cammello”.

Giulio Andreotti con Aldo Moro

Giulio Andreotti con Aldo Moro


Di questa idea dev’essere il candidato sindaco di Milano, Luca Bernardo, che ha minacciato di tornare a fare il primario ospedaliero se i partiti che dicono di sostenerlo non ne avessero finanziato la campagna elettorale.

Tempi duri, dunque, per i politici e purtroppo per la politica; quella vera, la quale, oltre a tutto il resto che conosciamo, rischierebbe molto causa mancanza fondi. Un cane che si morde la coda: all’incompetenza ed inconsistenza di tanta classe politica il popolo votante nega ripetutamente il finanziamento pubblico; il parlamento altrettanto ripetutamente lo ripristina “sms sotto mentite spoglie”, ma, poi, solo meno di un milione e mezzo di italiani destina ai partiti il 2 per mille in dichiarazione dei redditi.

Viterbo - I diari degli anni di piombo di Giulio Andreotti

Riprova della fiducia nei politicanti in caduta libera le liste elettorali nei comuni. Quelle con i simboli dei partiti da cercare col lanternino; quasi dappertutto liste civiche e “civismo” , dice la Treccani, è un “alto senso dei doveri di cittadino che spinge a sacrificare il benessere proprio per l’utilità comune”. Condizione, ovviamente, ritenuta non soddisfacente nei partiti, i quali poco hanno ormai di  cinghia di trasmissione dell’ascolto della gente e molto di para-aziende padronali con leaders professionisti del settore che non vengono dalla esperienza e dalla selezione della gavetta, venerano i sondaggi e tranquillamente decretano l’inutilità di ben 345 onorevoli.

Non solo, ma per gli incarichi di capo del governo e dello stato, non trovandone di idonei in parlamento, si rivolgono ad oriundi della società civile: Mattarella prelevato dalla Corte costituzionale, Conte rapito dalle aule universitarie e Mario Draghi di professione banchiere.

Siam messi così solo noi e solo oggi? Macchè! A parte la storia di Cincinnato che i romani chiamavano a governare distogliendolo dalla professione di agricoltore quando c’era troppa confusione  tra i consoli, il generale De Gaulle, tolto dai Francesi alle caserme per fargli guidare la repubblica, constatava che  “ la politica è cosa troppo seria per lasciarla fare ai politici”  e per  lo storico e politico inglese, Lord Acton – il quale però era nato a Napoli – “ il  potere corrompe sempre e non c’è eresia peggiore di pensare che la carica santifichi il suo detentore”.

Di diverso avviso Giulio Andreotti per il quale, è noto, il potere non logora chi ce l’ha. Sarà quindi interessante leggere il secondo volume dei suoi Diari come li hanno pubblicati e li illustreranno giovedì 7 ottobre a Viterbo i figli Stefano e Serena formati dall’uomo che fu in parlamento dal 1945 al 2013, sessantotto anni filati facendo il ministro di quasi tutto, sette volte il presidente del consiglio e infine il senatore a vita. “Grandissimo uomo di governo,” lo definiva Cossiga, aggiungendo “io non mi sono mai permesso di farmi dare la destra da Andreotti, neanche quando ero suo presidente del consiglio”.

A Serena e Stefano, come agli altri due figli, Marilena e Lamberto, Andreotti insegnò ad “essere sanamente normali nella vita”. Avrà fatto così anche lui? Nelle migliaia di pagine dei Diari lo verificheremo.

Renzo Trappolini


Appuntamento il 7 ottobre alle ore 18. I diari degli anni di Piombo di Giulio Andreotti. Partecipano Stefano e Serena Andreotti. Interviene Rodolfo Gigli e modera Carlo Galeotti, direttore di Tusciaweb. Sala conferenze Unindustria a Valle Faul, Viterbo.


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