Viterbo – Ugo Sposetti, “lo storico tesoriere del Pd”, scrisse che “la vita amministrativa dei partiti è un pezzo della storia politica del paese”. In pratica, senza soldi la politica non si fa.
D’altronde, è risaputo che “senza soldi non si canta messa” e, quando i cinematografari chiedevano in uso gli animali del deserto per i colossal, i tunisini rispondevano ”Pagare moneta, vedere cammello”.
Giulio Andreotti con Aldo Moro
Di questa idea dev’essere il candidato sindaco di Milano, Luca Bernardo, che ha minacciato di tornare a fare il primario ospedaliero se i partiti che dicono di sostenerlo non ne avessero finanziato la campagna elettorale.
Tempi duri, dunque, per i politici e purtroppo per la politica; quella vera, la quale, oltre a tutto il resto che conosciamo, rischierebbe molto causa mancanza fondi. Un cane che si morde la coda: all’incompetenza ed inconsistenza di tanta classe politica il popolo votante nega ripetutamente il finanziamento pubblico; il parlamento altrettanto ripetutamente lo ripristina “sms sotto mentite spoglie”, ma, poi, solo meno di un milione e mezzo di italiani destina ai partiti il 2 per mille in dichiarazione dei redditi.
Riprova della fiducia nei politicanti in caduta libera le liste elettorali nei comuni. Quelle con i simboli dei partiti da cercare col lanternino; quasi dappertutto liste civiche e “civismo” , dice la Treccani, è un “alto senso dei doveri di cittadino che spinge a sacrificare il benessere proprio per l’utilità comune”. Condizione, ovviamente, ritenuta non soddisfacente nei partiti, i quali poco hanno ormai di cinghia di trasmissione dell’ascolto della gente e molto di para-aziende padronali con leaders professionisti del settore che non vengono dalla esperienza e dalla selezione della gavetta, venerano i sondaggi e tranquillamente decretano l’inutilità di ben 345 onorevoli.
Non solo, ma per gli incarichi di capo del governo e dello stato, non trovandone di idonei in parlamento, si rivolgono ad oriundi della società civile: Mattarella prelevato dalla Corte costituzionale, Conte rapito dalle aule universitarie e Mario Draghi di professione banchiere.
Siam messi così solo noi e solo oggi? Macchè! A parte la storia di Cincinnato che i romani chiamavano a governare distogliendolo dalla professione di agricoltore quando c’era troppa confusione tra i consoli, il generale De Gaulle, tolto dai Francesi alle caserme per fargli guidare la repubblica, constatava che “ la politica è cosa troppo seria per lasciarla fare ai politici” e per lo storico e politico inglese, Lord Acton – il quale però era nato a Napoli – “ il potere corrompe sempre e non c’è eresia peggiore di pensare che la carica santifichi il suo detentore”.
Di diverso avviso Giulio Andreotti per il quale, è noto, il potere non logora chi ce l’ha. Sarà quindi interessante leggere il secondo volume dei suoi Diari come li hanno pubblicati e li illustreranno giovedì 7 ottobre a Viterbo i figli Stefano e Serena formati dall’uomo che fu in parlamento dal 1945 al 2013, sessantotto anni filati facendo il ministro di quasi tutto, sette volte il presidente del consiglio e infine il senatore a vita. “Grandissimo uomo di governo,” lo definiva Cossiga, aggiungendo “io non mi sono mai permesso di farmi dare la destra da Andreotti, neanche quando ero suo presidente del consiglio”.
A Serena e Stefano, come agli altri due figli, Marilena e Lamberto, Andreotti insegnò ad “essere sanamente normali nella vita”. Avrà fatto così anche lui? Nelle migliaia di pagine dei Diari lo verificheremo.
Renzo Trappolini
Appuntamento il 7 ottobre alle ore 18. I diari degli anni di Piombo di Giulio Andreotti. Partecipano Stefano e Serena Andreotti. Interviene Rodolfo Gigli e modera Carlo Galeotti, direttore di Tusciaweb. Sala conferenze Unindustria a Valle Faul, Viterbo.

