Farnese – (sil.co.) – Cani del sindaco ammazzati a bastonate, brusco stop del processo ai fratelli Marco e Paolo Pira e al padre Antonio.
Sarebbe dovuto riprendere mercoledì, ma a causa del recente trasferimento del giudice Silvia Mattei al ministero della giustizia dovrà essere nominato un altro magistrato, al vaglio del presidente vicario del tribunale Eugenio Turco, il cui provvedimento sarà reso noto il prossimo 29 settembre.
Uno dei due cani dell’ex sindaco uccisi a bastonate (nei riquadri i Pira)
Intanto sono passati oltre sei anni da quando, all’alba del 28 luglio 2015, figli e genitore furono arrestati dai carabinieri nell’ambito dell’operazione “Terra madre” (fotocronaca – slide).
Durante la notte del 19 febbraio 2015 erano state abbattute 160 piante di ulivo, incendiato un casale agricolo di 28 metri quadri, un trattore, un rimessaggio agricolo, uccisi a bastonate due cani da caccia e alcuni animali da cortile di Dario Pomarè, all’epoca dei fatti capogruppo di maggioranza Pd. Il 22 febbraio 2015, sempre in ore notturne, nel centro abitato di Farnese e nei pressi dell’abitazione di Pomarè, fu completamente distrutta da un incendio una Fiat Panda di proprietà del politico.
“Il giorno dopo l’efferato atto intimidatorio di cui è stato vittima l’ex sindaco Dario Pomarè – spiegò l’allora comandante provinciale dei carabinieri Mauro Conte, illustrando nel corso di una conferenza le modalità con cui si era giunti al blitz – sono state avviate attività di intelligence e investigative sul territorio, giungendo alla conclusione che i responsabili siano i componenti maschi della famiglia Pira”.
All’operazione presero parte anche unità aeree e unità cinofile: “Sono state effettuate perquisizioni mirate alla ricerca di esplosivo. Abbiamo poi rinvenuto, all’interno di casali di campagna, un numero ingente di cartucce a palla singola, quindi di vietata detenzione, nascoste in posti particolarmente difficili da raggiungere, che sono stati scovati grazie al fiuto dei nostri cani“.
Operazione Terra madre – Il materiale sequestrato ai Pira
L’operazione “Terra madre” ha visto impegnati 40 militari del comando provinciale di Viterbo, due unità cinofile per la ricerca di esplosivo e un elicottero del Rac di Pratica di Mare che ha sorvolato l’area interessata.
Nel corso delle perquisizioni sono stati rinvenuti e sequestrati a carico degli indagati, meticolosamente nascosti, circa 500 proiettili a palla singola, 3 cartucciere, diversi pugnali del genere proibito, un puntatore laser notturno e 4 passamontagna.
In base a quanto emerso dalle intercettazioni ambientali, i Pira (difesi dagli avvocati Angelo Di Silvio e Giuseppe Picchiarelli) avrebbero avuto in animo di “punire” oltre all’ex sindaco (parte civile al processo con l’avvocato Elisabetta Centogambe) tutta una serie di persone, addirittura una quarantina, che avevano compilato una lista, di cui Pomarè era “capofila”, per veicolare il sindaco in carica e la Regione Lazio all’assegnazione degli usi civici.
Gli imputati devono rispondere di stalking, uccisione di animali, detenzione illecita di armi, caccia di frodo, detenzione esplosivi, furto, furto di armi (un fucile rubato nel 2013 a Valentano), abigeato e danneggiamento.
Nel frattempo i fratelli Pira sono stati nuovamente arrestati, il 12 dicembre 2020, con l’accusa di detenere un fucile e una pistola (quest’ultima mai ritrovata) da destinare a due rapine in abitazione, che avrebbero pianificato senza metterle a segno durante il lockdown della primavera 2020.
Dopo sei mesi di carcere, lo scorso 15 giugno sono stati rimessi in libertà dopo avere patteggiato 18 mesi e due anni, 11 mesi e 20 giorni, davanti al giudice Silvia Mattei.
Il 31 dicembre 2020 il tribunale del riesame, rigettando l’ultimo giorno dell’anno il ricorso della difesa contro la misura di custodia cautelare, ha sottolineato i precedenti relativi alla vicenda Pomarè, “sintomatici di una personalità spiccatamente incline alla violenza”.