Viterbo – “La provincia di Viterbo non è più immune dall’infiltrazione della criminalità organizzata che è alla continua ricerca di nuovi spazi non solo per le tipiche attività criminali ma anche per iniziative imprenditoriali apparentemente legali. Ne sono conferma le misure interdittive emesse dal prefetto di Viterbo nel semestre che hanno riguardato due aziende con profili di contiguità proprio con la cosca Giampà e il clan nolano Russo”. Sta scritto nella relazione della Dia, la Direzione investigativa antimafia, del secondo semestre 2020, luglio-dicembre. Relazione che il ministro dell’interno presenterà al parlamento.
In sintesi, la Tuscia è diventata a pieno titolo terra di mafia. Nello specifico, soprattutto ‘ndragheta.
Direzione investigativa antimafia
Non solo, ma fa notare il consigliere comunale di Viterbo Giacomo Barelli, la relazione sottolinea anche un altro aspetto inquietante. “Si tratta infatti di una presenza consolidata – commenta Barelli – alla ricerca di nuovi spazi. E dove li andrà a cercare? Lo dice la stessa relazione della Dia: nelle imprese, anche quelle ‘apparentemente legali’, cioè all’interno di un tessuto economico che nei prossimi anni vedrà investimenti imponenti come il miliardo di euro previsto dal Pnrr e dalla programmazione regionale che vedrà finanziamenti importati per le imprese, dal mondo agricolo al sociale”.
“Bisogna prestare attenzione – prosegue Barelli – e lavorare tutti in stretta collaborazione con le autorità competenti. Quello che sta scritto sulla relazione della Dia è di una gravità assoluta. Ci dice infatti che nella provincia di Viterbo le organizzazioni mafiose sono presenti, solide e con legami che vanno ben oltre la provincia stessa. Oggi non siamo più a rischio infiltrazione mafiosa. Oggi la presenza mafiosa è un dato. E un dato in progressiva espansione all’interno del tessuto economico e imprenditoriale”.
C’è infatti un altro passaggio importante della relazione che evidenzia proprio questi rapporti tra le organizzazioni criminali presenti sul territorio e i loro territori di origine. “Come se il viterbese – sottolinea Barelli – sia diventato ormai una provincia della ndrangheta calabrese. Insomma, l’operazione Erostato, che ha smantellato un’organizzazione criminale sul territorio di Viterbo, ha semplicemente fatto emergere il fenomeno. La punta dell’iceberg. Un fenomeno che però non nasce e non finirà certo con l’operazione Erostato“.
Viterbo
Per quanto riguarda i legami tra la Tuscia e gli altri territori dove le organizzazioni mafiose sono nate, radicate e sviluppate, a pagina 263 della relazione della Dia sta infatti scritto: “le indagini che hanno nel tempo riguardato il viterbese hanno fatto registrare la presenza sporadica di pregiudicati campani e calabresi. Più di recente, invece, si è manifestata l’operatività di un sodalizio tipo mafioso a composizione italo-albanese con qualificati collegamenti con esponenti della ‘ndrangheta lametina”.
In più, “per la prima volta – spiega ancora Barelli – la questione mafiosa a Viterbo nella relazione della Dia non viene più trattata a margine del rapporto, ma entra a far parte del discorso sulle mafie a livello regionale, vale a dire di un contesto e una dinamica decisamente più vasti. Soprattutto rispetto al passato pre Covid. La presenza delle mafie nel viterbese non è più un fenomeno sporadico, tanto da essere relegato ai margini del rapporto della Dia. Oggi la mafia nel viterbese viene annoverata in un contesto più ampio. Ormai la Tuscia è tratta nel rapporto al pari di province come Roma e Latina”.
“Il territorio della Tuscia – sta scritto nella relazione Dia, secondo semestre 2020 – è contrassegnato dall’operatività di gruppi criminali autoctoni attivi nel narcotraffico, nell’usura e nei reati contro il patrimonio in genere. L’area ha evidenziato negli ultimi anni significative presenze mafiose soprattutto calabresi (in connessione anche con albanesi) e campane dedite prevalentemente a traffici di stupefacenti. Significativi in proposito gli esiti giudiziari dell’inchiesta ‘Erostrato’ della Dda di Roma (13 gennaio 2019) che aveva accertato la costituzione a Viterbo di un’associazione di tipo mafioso capeggiata da un soggetto contiguo ai lametini Giampà ma trapiantato nella Tuscia da diversi anni e da un noto narcotrafficante albanese. Il sodalizio mirava al controllo di attività economiche, in particolare locali notturni, ditte di traslochi ed i cosiddetti compro oro, nonché al traffico di stupefacenti, al recupero crediti e alle estorsioni. In tale contesto l’11 giugno 2020 il Gup del Tribunale di Roma ha condannato i due vertici del sodalizio e altri 8 sodali a circa 80 anni di reclusione”.
Viterbo – Il consigliere comunale Giacomo Barelli
Pertanto, dalla relazione della Dia si potrebbe desumere che nel viterbese siano presenti organizzazioni criminali strutturate su più livelli entrati in relazione e sinergia tra loro al punto da formare un vero e proprio sistema mafioso presente nella Tuscia e con legami strutturali con i territori di origine di mafia, ndragheta e camorra. Come sarebbe avvenuto tutto questo? Colonizzando, pare, quello che già c’era, ossia traffico di stupefacenti, usura e reati contro il patrimonio. Il salto di qualità sarebbe stato poi quello di metterlo a sistema, permettendogli così di gestire più livelli, e collegarlo con un contesto più ampio. Non più quindi una malavita locale, ma una mafia viterbese organizzata, in espansione, in stretto rapporto con le mafie del meridione e con tutta l’intenzione di mettere mano alle imprese locali, in piena crisi dovuta al Covid e alla crisi economica precedente alla pandemia, e magari anche agli enormi finanziamenti previsti dal Pnrr e dalla programmazione regionale per diverse infrastrutture e altro.
“Bisogna prestare la massima attenzione – conclude Barelli -, e bisogna farlo fin da subito. Perché a breve ci sarà il rinnovo di molti consigli comunali della Tuscia e successivamente arriveranno i finanziamenti del Pnrr per rilanciare l’economia e la vita del territorio dopo il Covid. E quello che ha scritto la Direzione investigativa antimafia nel suo rapporto è gravissimo e non è assolutamente possibile ignorarlo”.
Daniele Camilli
Documento: La relazione della Direzione investigativa antimafia
– L’allarme della Dia: “Cresce il tentativo delle mafie di infiltrarsi nell’economia”