Viterbo – Riceviamo e pubblichiamo – Pronto soccorso (Prontooooo? “Ti telefono o no, ti telefono o no / Ho il morale in cantina / Mi telefoni o no, mi telefoni o no / Chissà chi vincerà”).
Viterbo – Il Pronto soccorso di Belcolle
Premesse: A) non è della qualità diagnostico-terapeutica che si sta parlando, non ho le competenze per giudicarla; saranno le statistiche a parlare; B) non tiriamo in ballo il Covid che è ormai una costante, non più un’emergenza: avendone le capacità c’è stato tutto il tempo di organizzarsi al meglio tenendone conto.
Svolgimento: venerdì 3 settembre alle 14,30 circa, essendomi stato vietato (per motivi di sicurezza: ma, tre giorni prima, un servizio di ambulanza privata, chiamato per trasferire il paziente a fare una radiografia, mi aveva permesso di salire a fianco del conducente) di entrare sull’ambulanza del 118 che trasporta mio padre al pronto soccorso di Belcolle, mi reco in loco con mezzo proprio; chiedo al ragazzo in divisa celeste (un vigilantes, un usciere? con quali mansioni? non saprei) se il paziente sia arrivato; mi risponde che non è possibile appurarlo: annota il mio numero di cellulare assicurandomi che sarò richiamato, devo, intanto, uscire, la sala d’attesa è esterna e consiste in due panchine di ferro sotto un telone bianco, afa o grandine non considerate.
Ore 15,30 circa, arrivati altri famigliari, viene registrato anche il cellulare di mio fratello, ma nessuna nuova notizia; h. 18 circa, il ragazzo in divisa, ci concede un’informazione (dovuta? elargita? non si sa), finalmente abbiamo la certezza che il paziente si trovi lì; h, 22, il ragazzo in divisa prega il suo sostituto di turno di farci avere notizie: dal sipario magico, che divide il mondo di dentro dal mondo di fuori, si materializza una dottoressa che, avvertendo il nostro smarrimento ci chiede: “Ma non è venuto nessuno a mettervi al corrente?” “No, nessuno”.
Sabato 4 settembre metà mattina, un’altra dottoressa di turno ci informa, sempre in loco, che il paziente sarà ricoverato o a Belcolle o in Clinica Santa Teresa: inutile attendere lì, saremo avvertiti telefonicamente; h. 17,15 circa, di nuovo sul posto, nessuna nuova notizia dal primo ragazzo in divisa celeste, di nuovo di turno, chiedo se sia possibile che qualche infermiera di dentro aiuti mio padre ad usare il cellulare, visto che continua a contattarmi senza che la linea regga, mi risponde che tanto Wind non prende.
Ore 17,30 circa da casa contatto (per caso? per intuito?) mio padre: il cellulare squilla regolarmente, mi risponde che si trova da un po’ alla Clinica Santa Teresa in attesa di entrare in stanza; per capire come mai non siamo stati avvertiti chiamo il 3391, l’operatore passatomi mi prega di richiamare più tardi perché deve inserire delle pratiche;
h. 18,15 circa, avendo già raggiunto mio padre alla Clinica Santa Teresa (altra accoglienza, per fortuna, altra capacità di relazionarsi ai parenti dei degenti, pur nel rispetto di un rigido protocollo), curioso della fantasiosità della risposta che mi sarebbe stata fornita, ricontatto il pronto soccorso, sempre tramite centralino, l’addetto mi dice che “sì, il paziente è stato trasferito alla Clinica Santa Teresa e se non siamo stati avvertiti ci deve essere stato un disguido”, punto! (anche la fantasia va a farsi benedire…).
Conclusioni: non mi aspetto certo che qualcuno legga nel dettaglio quanto ho scritto, sarà un calvario tra tanti (mi auguro che anche gli altri parlino, però, del loro); spero, tuttavia, che, per chi si riconosce abilità organizzative in questo ambito (dove la capacità relazionale fa la differenza) in un paese che vuole definirsi civile, quanto scrivo possa essere un invito a guardarsi allo specchio e sentirsi spronati ad un supplemento di buona volontà…
Ps: domenica 5 settembre, essendo stato, il paziente, nuovamente trasferito al pronto soccorso di Belcolle, puntando un po’ i piedi con i soliti agenti e portieri (ma è possibile che si debba sempre urlare per ottenere l’ordinario?), ad uno di noi figli è stato perfino concesso di attraversare, per qualche istante l’invalicabile sesamo; il virgolettato in oggetto è tratto da “Fotoromanza” di Nannini, Plank, Riva, 1984)
Paolo Meschini
