Viterbo – (sil.co.) – Muore gioielliere, dalla cassaforte scompaiono 200 chili d’argento e orologi d’oro.
A macchiarsi del presunto furto, denunciato dalla vedova del gioielliere, sarebbe stato un dipendente. Non un semplice commesso, ma il braccio destro della vittima, il suo uomo di fiducia. Contro il quale la donna si è costituita parte civile al processo in corso davanti al giudice Roberto Colonnello.
“Mia cognata mi disse che dalla cassaforte mancavano 200 chilogrammi di argento, dei quali era rimasta la ricevuta di trasporto del portavalori, ma erano spariti i preziosi”, ha detto martedì in aula il fratello del gioielliere, sentito come testimone.
Viterbo – Un’aula del tribunale
La cassaforte sarebbe stata semivuota: “Erano scomparsi anche degli orologi, quelli di maggior valore, tra i quali sicuramente un Rolex d’oro e dei Patek Philippe. Il Rolex in particolare, prima di morire, lo portava al polso mio fratello. Lo so perché mi disse che era di un cliente e che lo doveva monitorare”.
Il fratello del gioielliere, assieme alla vedova, ai nipoti e ad altri familiari, fece accesso nei locali della gioielleria viterbese il 24 agosto 2014 nel pomeriggio. Era una domenica, poche ore dopo la morte del congiunto, di cui aveva saputo la mattina.
“Mia cognata mi disse subito che secondo lei mancava della roba. Non dalle vetrine, l’allestimento della sala dove era esposta l’argenteria era intatto, ma proprio da dentro la cassaforte”, ha sottolineato il teste.
Nel corso delle indagini sarebbero emersi contatti tra l’imputato e alcuni ricettatori di Grotte Santo Stefano e di Grotte di Castro. Non è stato invece chiarito, almeno non nel corso dell’udienza, se quel giorno fosse in funzione il sistema di videosorveglianza.
“Posso dire che, oltre a mio fratello, anche il dipendente poteva avere liberamente accesso nei locali, il cui ingresso principale era dotato di una bussola tipo le banche, mentre quello posteriore era protetto da delle porte blindate”, ha spiegato il testimone.
“Mio fratello lavorava anche con l’estero e aveva una licenza particolare per cui, oltre al salone dell’argenteria e a delle sale più piccole per l’oro e anche altre casseforti, nei locali c’era pure un forno per la fusione dei preziosi”, ha proseguito.
Il processo riprenderà il prossimo 14 gennaio, per sentire altri due testimoni dell’accusa. L’imputato non era presente in aula.