Viterbo – “Pang ha ucciso Norveo Fedeli per 600 euro di abiti firmati”. Alla vigilia del processo davanti alla corte d’assise d’appello, al via giovedì a Roma, l’avvocato di parte civile Fausto Barili ribadisce la posizione della vedova e degli altri familiari della vittima. “Da parte nostra – torna a dire il legale – ci auguriamo che la sentenza della corte d’assise di Viterbo venga integralmente confermata”.
Il grafico 24enne americano d’origine sudcoreana Michael Aaron Pang, reo confesso dell’assassinio del commerciante viterbese 74enne, ucciso nel suo negozio di via San Luca il 3 maggio 2019, il 14 dicembre 2020 è stato condannato a 25 anni e sei mesi di reclusione per omicidio a scopo di rapina dalla corte d’assise del tribunale di Viterbo presieduta dal giudice Silvia Mattei. Dal giorno successivo al delitto, quando è stato catturato dai carabinieri in un b&b di Capodimonte, è detenuto nel carcere di Mammagialla.
Il pubblico ministero Eliana Dolce, al termine del processo di primo grado, ha chiesto l’ergastolo. I difensori Remigio Sicilia e Giampiero Crescenzi, in prima battuta, hanno chiesto l’assoluzione, invocando la legittima difesa e negando che il loro assistito abbia mai avuto in animo di commettere una rapina. I legali, inoltre, fino all’ultimo hanno chiesto che Pang venisse giudicato con l’abbreviato, il rito alternativo che in caso di condanna prevede lo sconto di un terzo della pena.
Michael Aaron Pang e Norveo Fedeli
Era una bella giornata primaverile il 3 maggio 2019. Si hanno elementi certi circa l’orario di ingresso e di uscita dalle telecamere esterne, secondo cui Pang si è avvicinato al negozio alle ore 11,53 e ne è uscito verosimilmente alle ore 12,40, mentre sicuramente il ragazzo era ancora dentro il negozio alle ore 12,37 e 58 secondi, quando ha fotografato col proprio cellulare il corpo di Fedeli.
“Per noi – spiega Barili – non c’è una verità diversa da quella emersa all’esito del processo di primo grado. E’ stato un omicidio in funzione di 600 euro di abiti firmati quindi un omicidio aggravato dal nesso teleologico. Un contesto rispetto al quale non c’è alcuna ipotesi alternativa a quella che la procura ha costruito e ricostruito nel corso dell’istruttoria dibattimentale. Quindi nessun contesto di legittima difesa come la difesa del Pang ha tentato di introdurre nel corso dell’istruttoria dibattimentale e ora si accinge a introdurre nell’ambito del giudizio davanti alla corte d’assise d’appello”.
La scena del crimine
Tutta l’azione delittuosa si sarebbe svolta solo davanti al bancone della boutique, “lato cliente”, che si trova a circa due metri dall’ingresso. In base ai rilievi della polizia scientifica, è emersa infatti l’assenza di impronte di sangue fuori l’ambito della parte anteriore del bancone (escluse le evidenti tracce di spostamento del cadavere nonché quelle dei movimenti dell’imputato per uscire).
Gli argomenti della difesa
Da sempre la difesa si chiede perché il titolare del negozio si trovasse nello spazio limitato e angusto davanti al bancone e non dietro, impedendo di fatto al cliente una via di fuga qualora fosse voluto uscire. Per Sicilia e Crescenzi – secondo cui la vittima, passando da dietro a davanti al bancone, avrebbe aggredito il 24enne da dietro, temendo in mano un piccolo coltello aperto – Pang non sarebbe potuto scappare da nessuna parte, per cui si sarebbe difeso, massacrando il 74enne a colpi di sgabello in testa.
Michael Aaron Pang prima e dopo l’uscita dal negozio del delitto (con una busta sulla scarpa insanguinata)
“Vittima e omicida, sordi e muti”
Per l’accusa, Fedeli non aveva alcuna ragione per arrabbiarsi o aggredire il ragazzo da non aveva avuto alcun tipo di danno. Per la difesa, il commerciante sarebbe stato “contrariato” dall’insistenza di quel ragazzo, venuto tre volte nel suo negozio per fare acquisti, la cui carta non gli permetteva però di pagare i vestiti messi da parte già il 30 aprile. Sicilia e Crescenzi sottolineano inoltre come i due fossero “sordi e muti l’uno rispetto all’altro”, parlando uno italiano e l’altro inglese e avvalendosi del traduttore vocale per comunicare.
“Impossibile il movente della rapina”
“L’accusa non spiega perché – si legge nelle memoria conclusiva della difesa – un ragazzo di 22 anni, proveniente dall’America, figlio di professionisti e comunque gente benestante, che aveva speso almeno 10-15mila euro per ‘entrare in un business’ ed in una attività a meno di 30 metri dal negozio di Fedeli (il kebabbaro, ndr), avrebbe deciso bellamente di andare a fare una rapina nei pressi di un negozio che avrebbe frequentato perché del suo ‘socio’ e, quindi, con l’evidente rischio, un domani, di essere sicuramente riconosciuto (anche in ragione proprio degli stessi abiti che avrebbe poi in seguito utilizzato). Senza considerare che sapeva di essere stato fotografato da Fedeli e sapeva che risultavano, almeno per due giorni e per ben sei volte, i suoi tentativi di pagamento di merce”.
Pang all’uscita dalla caserma dei carabinieri dopo la cattura
“La busta per nascondere i vestiti sporchi di sangue”
“Se Pang avesse voluto fare una rapina – insiste la difesa – avrebbe cercato anche nella cassa che invece non è stata toccata. L’imputato ha riferito di essersi impadronito della busta, senza tracce di sangue per cui presumibilmente custodita dietro il bancone, per occultare i vestiti sporchi di sangue e i beni che potessero ricondurre in qualche modo a lui (pc, telefono, portafogli ecc.), potendo celare questi ultimi sotto gli indumenti già presenti all’interno della busta. Proprio per questo asportava dal negozio il cellulare e il computer di Fedeli e se ne disfaceva poco dopo, pur sapendo bene che quegli strumenti informatici probabilmente valessero più della merce contenuta nella busta e fossero, rispetto a questa ultima, più facili da vendere e quindi da monetizzare”.
“Di buona famiglia, dedito a preghiera e volontariato”
Il legale, infine, torna a ricordare come Pang “fosse incensurato; provenisse da una buona famiglia che lo aveva correttamente educato e cresciuto; come non avesse mai manifestato alcun tipo di aggressività eterodiretta; come, anzi, fosse dedito alla preghiera e all’assistenzialismo; come fosse propositivo e come intendesse percorrere una vita onesta attraverso investimenti nel nostro paese; dcome avesse una vita sociale molto attiva e connotata da affetti stabili”.
Silvana Cortignani