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“Il 20% dei braccianti della Tuscia lavora più di 12 ore al giorno con una paga di 35 euro…”

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Viterbo – “Il 20% dei braccianti della Tuscia resta sui campi più di 12 ore al giorno e il 14% lavora tutti i giorni della settimana, a volte con una paga che non supera i 35 euro quotidiani”. Sono i risultati dell’inchiesta pubblicata dal sindaco Usb di Viterbo e presentata ieri al Cosmonauta di Pianoscarano. Al tavolo, Elisa Bianchini, Stefano Giannandrea de Angelis e Souleimane Kouyate di Usb, l’Unione sindacale di base. Con loro anche Luca Paolocci, sempre di Usb. L’incontro è stato preceduto da alcune testimonianze lette da Vera Anelli ed Eleonora Faccenda.


Viterbo - Elisa Bianchini, Stefano Giannandrea de Angelis e Souleimane Kouyate di Usb

Viterbo – Elisa Bianchini, Stefano Giannandrea de Angelis e Souleimane Kouyate di Usb


L’inchiesta fa parte di un libro edito da Ghaleb, “Terra totale. Le nuove forme di sospensione del diritto e le strategie di rottura”. A cura di Elisa Bianchini e con i contributi di Luca Paolocci, Massimo Cecchini, docente Unitus, e Marco Spezia di Medicina democratica. Un’inchiesta e al tempo stesso uno strumento di lotta con normative e suggerimenti per organizzarsi e tutelare i diritti. Un lavoro che rivolge innanzitutto ai braccianti agricoli del territorio, il grosso dei quali è formato da operai agricoli stranieri con permesso di soggiorno.



“L’Usb Viterbo e la Federazione del sociale hanno diffuso in tutto il Lazio nord un questionario – spiega Bianchini – completamente anonimo, attraverso cui i lavoratori hanno evidenziato le condizioni di lavoro a cui sono sottoposti sia in merito alla stipulazione del contratto sia in merito alle norme su salute e sicurezza. Centinaia di lavoratori hanno risposto attraverso la piattaforma on line o compilando fisicamente il questionario nei banchetti informativi effettuati dal sindacato nel centro urbano e nei luoghi di lavoro”.

“Le parole dei lavoratori – riporta l’inchiesta curata da Elisa Bianchini – testimoniano come almeno l’80% dei datori non rispettino le paghe sindacali e l’orario massimo giornaliero. Questi vengono segnati con contratti minimi di 10 ore settimanali o 102 giornate in due anni, mentre nella realtà una sola giornata di lavoro è pari a 10 ore. Nella Tuscia, il 72% dei braccianti dichiara di lavorare più di 8 ore al giorno; fra questi, quasi il 20% rimane sui campi per più di 12 ore”.


Viterbo - La presentazione del libro "Terra totale"

Viterbo – La presentazione del libro “Terra totale”


Inoltre, “più del 30% dei braccianti ha dichiarato di ricevere solo una parte dello stipendio su conto corrente, il resto gli viene consegnato a mano in contanti, normalmente a fine giornata. La motivazione addotta è la consegna immediata dei soldi per le spese giornaliere di cui necessitano”.


Viterbo - La presentazione del libro "Terra totale"

Viterbo – La presentazione del libro “Terra totale”


“Le giornate lavorative – ha proseguito Bianchini – arrivano fino a 14 ore al giorno, per una paga media pari a 3 euro l’ora. Poi ci sono i braccianti pagati a cottimo, 4 euro ogni 300 kg di pomodori, 2 euro ogni quintale di patate. In questi casi il lavoro è per il 70% in nero, con pagamento a fine giornata, in contanti, ma solo se si è raggiunto il minimo stabilito”.


Viterbo - La presentazione del libro "Terra totale"

Viterbo – La presentazione del libro “Terra totale”


Dopodiché “nel viterbese, l’88% dei braccianti lavora per più di cinque giorni a settimana, di cui il 14% tutti e sette i giorni, il diritto al riposo garantito per legge non viene minimamente rispettato sia riguardo lo stacco di 11 ore fra un turno e il successivo sia il riposo cumulativo di 24 ore”.

Infine, “in base ai dati raccolti in questi anni – conclude Bianchini dell’Usb – le donne sono pagate il 20-30% in meno rispetto agli uomini, a parità di livello e mansione”.


Viterbo - La presentazione del libro "Terra totale"

Viterbo – La presentazione del libro “Terra totale”


“La scelta di indagare il settore primario non è stata casuale – ha commentato Paolocci -. L’agricoltura, infatti, per come è normata oggi, si struttura sull’invisibilità dei suoi lavoratori. I luoghi e i tempi di lavoro sono fisicamente frammentati e la mano d’opera cambia continuamente. I braccianti, di tutte le etnie, si spostano di campo in campo in base alla stagionalità della raccolta, attraversano l’intero Paese, soli o in piccoli gruppi. Sopravvivono in stanze condivise nella speranza di ottenere prima o poi un contratto come lavoratore subordinato. Una tipologia contrattuale che significa la regolarità su suolo italiano, la stabilizzazione economica e la possibilità di riunire la propria famiglia”.

Daniele Camilli


Fotogallery: La presentazione di “Terra totale”


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