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Andreotti, i figli Serena e Stefano: “Nostro padre tentò fino all’ultimo di salvare Aldo Moro”

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Viterbo – “Se dovesse capitare a me, voi non dovete fare niente”. Le parole sono di Giulio Andreotti ed è il 16 marzo 1978. Alle 9 di mattina, in via Fani a Roma, le Brigate rosse avevano sequestrato il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, uccidendo tutti gli uomini della sua scorta. Da quel momento in poi inizieranno i 55 giorni più drammatici della storia della Repubblica.

Giulio Andreotti è presidente del consiglio. Quando gli arriva la notizia del rapimento di Moro si sente male. Una volta rientrato a casa, in famiglia, piange. “Di quel giorno – racconta la figlia Serena Andreotti – ricordo tutto quanto perfettamente. E fino all’ultimo mio padre tentò di salvarlo”.


Viterbo - I Diari di Giulio Andreotti

Viterbo – I Diari di Giulio Andreotti


Serena Andreotti e il fratello Stefano sono i figli di Giulio Andreotti. Serena, dopo la scomparsa del padre, si occupa dei suoi archivi. Da questi ha tratto i diari, pubblicati da Solferino e presentati per la prima volta a Roma qualche giorno fa e ieri sera a Viterbo. Subito dopo Roma. “I diari degli anni di piombo”. Nella sede di Unindustria a Valle Faul. Intervistati dal direttore di Tusciaweb, Carlo Galeotti. Il tutto, nell’ambito di Lezioni di democrazia, Caffeina, e in collaborazione con i Pirati della bellezza-Festival della parola e del pensiero. I patrocini sono invece della regione Lazio, del comune di Viterbo e e della Compagnia del teatro. Media partner l’agenzia di stampa Dire.


Giulio Andreotti con Aldo Moro

Giulio Andreotti con Aldo Moro


“L’auditorium di Unindustria è tornato a riempiersi – ha detto il presidente di Ance, Andrea Belli, in apertura dei lavori -. L’inizio di un nuovo percorso che inizia al termine della lunga fase di pandemia che abbiamo vissuto in questi ultimi anni. Un segnale importante di speranza”. In sala tutti i posti ammessi, al netto della normativa anti Covid, erano occupati.

Insieme a Belli, anche i comandanti dei carabinieri e della finanza, Andrea Antonazzo e e Andrea Pecorari, il presidente di Unindustria Viterbo Sergio Saggini, il vice presidente della provincia Alessandro Romoli, i capogruppi di Forza Italia e Forza civica a palazzo dei Priori, Giulio Marini e Giacomo Barelli, quest’ultimo anche tra gli organizzatori di Lezioni di democrazia di Caffeina, il capogruppo di Fondazione, Gianmaria Santucci, l’assessora Alessia Mancini, il commissario delle biblioteche di Viterbo Paolo Pelliccia. Infine gli ex assessori comunale e provinciale, Antonio Delli Iaconi e Renzo Trappolini. Assente invece Nando Gigli. Alcuni brani dei Diari sono stati letti, infine, da Antonello Ricci. 


Viterbo - Serena Andreotti e Carlo Galeotti

Viterbo – Serena Andreotti e Carlo Galeotti


Il sequestro Moro, il perno dell’intervista.

Il primo governo con l’astensione del partito comunista italiano che non orbitava più nell’area di governo dal 1947. L’inizio del compromesso storico, voluto da Moro ed Enrico Berlinguer. Per entrambi, la soluzione obbligata per uscire dalla stagione del lungo ’68 preservando Repubblica e democrazia, tornando in qualche modo allo spirito dei padri costituenti. Una specie di Cln di tutte le forze dell’arco costituzionale per chiudere i conti con la stagione dei movimenti con questi ultimi che stavano portando a casa anche importanti risultati. Dalla riforma del diritto di famiglia e dal divorzio fino al sistema sanitario nazionale e all’abolizione dei manicomi. Solo per citarne alcuni. 

C’erano però da fare i conti con la lotta armata e il terrorismo che quel 16 marzo 1978 esplose in un delirio di “geometrica potenza”, spazzando via in pieno giorno la scorta dell’uomo che stava per cambiare il corso della storia della Repubblica in un senso e suo malgrado la cambiò lo stesso, ma in un altro. Col senno di poi, lontano da quel compromesso che Moro e Berlinguer avevano immaginato.


Viterbo - Stefano Andreotti

Viterbo – Stefano Andreotti


“Quel giorno – prosegue Serena Andreotti – me lo ricordo minuto per minuto. In quel periodo mia madre stava molto male, aveva una sindrome depressiva molto marcata. Mio padre telefonò a più riprese. A mamma non dicemmo niente. Quando il babbo tornò a casa era devastato. E la prima cosa che ci disse fu questa: ‘Se dovesse capitare a me, voi non dovete fare niente'”.
 
“Per nostro padre – ha preso poi la parola Stefano Andreotti -, fu il primo di una serie di giorni terribili”. Giorni che si conclusero con l’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse, con il corpo che venne ritrovato in una Renault rossa in via Caetani a Roma. Il 9 maggio 1978. Tra Botteghe oscure, sede del partito comunista e piazza del Gesù, dove c’era invece il quartier generale della Democrazia cristiana.

“Stavo a pranzo fuori – ricorda Serena -. Sono corsa a casa per verificare subito che mia madre Livia stesse bene. Quando mio padre tornò a casa, quel giorno si mise a piangere. L’uccisione di Moro rappresentava per lui una sconfitta feroce e dolorosa perché fino all’ultimo mio padre aveva veramente sperato di salvarlo. Chi dice il contrario dice una bugia”.


Viterbo - La presentazione dei Diari di Giulio Andreotti

Viterbo – La presentazione dei Diari di Giulio Andreotti


E la strada per salvare Moro, secondo quanto emerge dai Diari di Giulio Andreotti, ci sarebbe stata sul serio. “Molte sere – racconta Serena Andreotti – monsignor Marchi veniva a casa nostra. Alle 11 e mezza. Quando il papa Paolo VI probabilmente andava a dormire. E veniva per informare mio padre di una possibile strada trovata tramite un cappellano del carcere milanese di Opera. L’idea era quella di pagare un riscatto di 10 miliardi, che il Vaticano aveva già pronti. Non solo, ma diversi brigatisti si stavano convincendo che sarebbe stato meglio liberare Moro piuttosto che ucciderlo. Tant’è vero che mio padre criticava Craxi per le sue dichiarazioni, perché secondo lui mettevano a rischio questa strada che era stata trovata”.

La trattativa e il riconoscimento politico invece non erano assolutamente possibili. “Non si poteva trattare – ha ricordato Stefano Andreotti – perché c’erano stati i morti. E fra l’altro, sappiamo da fonti certe, che se si fosse arrivati a una trattativa gli uomini delle scorte si sarebbero ammutinati”.

Infine Andreotti, ma questa volta il padre. “Un padre affettuoso – ricordano i figli Stefano e Serena -, che ci seguiva anche se il tempo era poco. Un padre permissivo e ironico. Attentissimo a non imporci nulla. Per i nipoti è stato poi il massimo dei leader. Quando prese in mano mia figlia Giulia – ha concluso infine Serena – sembrava che avesse in mano il santissimo”.

Daniele Camilli


 Fotogallery: La presentazione dei Diari di Giulio Andreotti


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