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Commercianti ricattati, ridotta in appello la pena ai tre complici dei fratelli Rebeshi

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Il blitz del 28 novembre 2019 in cui è stato arrestato David Rebeshi (nel riquadro il fratello Ismail)

Il blitz in cui è stato catturato David Rebeshi – Nel riquadro il boss Ismail


Viterbo – (sil.co.) – Commercianti ricattati, ridotta di un anno in appello la pena per i tre connazionali complici dei fratelli albanesi Ismail e David Rebeshi. In primo grado erano stati condannati a 9 anni e 4 mesi. Presunto mandante dal carcere il boss di mafia viterbese. 

Al termine di un’udienza fiume – due ore e mezzo di discussione e tre ore di camera di consiglio – la corte d’appello di Roma ha riformato la sentenza, riducendo di 12 mesi la pena, dai 9 anni e quattro mesi del primo grado agli 8 anni e 4 mesi del secondo grado. 

“Pur considerando un traguardo importante la riduzione della pena in appello – commenta il difensore Samuele De Santis – abbiamo lo sguardo fisso verso la cassazione in quanto insistono in questa sentenza evidenti motivi e vizi di legittimità che sicuramente la suprema corte saprà risolvere”.

In carcere dal 29 novembre 2019, quando sono stati arrestati in flagranza dai carabinieri a Tuscania, gli imputati sono il 31enne Must Lleshi, il 23enne FIavio Hysa e il 24enne Alban Kacorri. 

Il 25 novembre 2020 sono stati condannati a 9 anni e quattro mesi, con lo sconto di un terzo della pena del rito abbreviato. Ieri, 28 ottobre 2021, a distanza di quasi un anno, la pena è stata ulteriormente ridotta di 12 mesi. I giudici si sono presi 30 giorni per le motivazioni.

I fratelli Rebeshi e i sodali, secondo le indagini coordinate dalla Dda di Roma, sarebbero stati a caccia di crediti da riscuotere, con le buone o con le cattive, per procurarsi i soldi per le spese legali dei processi a carico del boss di mafia viterbese.

Vittime due viterbesi, un ristoratore e il titolare di un autosalone, di 54 e 41 anni, da cui avrebbero preteso rispettivamente le somme di 4.500 euro e di 9mila euro, minacciando di morte le parti offese e anche le famiglie.

Il processo ai Rebeshi, imputati per gli stessi fatti in concorso, è tuttora in corso davanti al collegio del tribunale di Viterbo. L’8 ottobre sono stati sentiti i due imputati, in videocollegamento dalle carceri di Cuneo e di Piacenza.


Samuele De Santis

Il difensore Samuele De Santis


Mandante dal carcere il boss di mafia viterbese

Presunto mandante dal carcere il boss Ismail Rebeshi, il ristoratore 54enne sarebbe stato minacciato di morte assieme alla sua famiglia nel locale che gestiva a Tuscania. E’ stata la sua richiesta di aiuto a far scattare la trappola dei carabinieri del 28 novembre 2019. Due giorni prima, il 26 novembre, il concessionario 41enne sarebbe stato inseguito in auto e messo all’angolo nella piazzola di sosta di un distributore quindi costretto con le minacce a versare 500 euro a titolo di anticipo sulla somma richiesta.

A chiedere il processo per i fratelli Rebeshi e i tre connazionali è stato lo stesso pm della Dda di Roma Fabrizio Tucci, già titolare col collega Giovanni Musarò dell’inchiesta “mafia viterbese”, della quale la vicenda sarebbe lo scontato seguito in quanto, secondo l’accusa il boss Rebeshi senior (condannato a 12 anni in primo grado con l’aggravante del 416 bis l’11 giugno 2020 e a 10 anni e 11 mesi in appello, lo scorso 7 giugno, nell’ambito dei tredici arresti del 25 gennaio 2019 dell’operazione Erostrato) sarebbe il mandante dal carcere dei due episodi di estorsione con metodo mafioso sfociati il 28 novembre di due anni fa nell’arresto in flagranza di Rebeshi Junior e degli altri tre albanesi.

Il movente starebbe nella necessità da parte di Ismail di trovare urgentemente quattrini, recuperare soldi rivendicando crediti veri o presunti, per pagarsi le spese legali, in vista dei vari procedimenti penali che ormai da tre anni a questa parte coinvolgono il presunto boss.


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