Procura – Cinque arresti per usura e estorsione, la conferenza stampa
Viterbo – (sil.co.) – Quintetto di usurai e ricattatori, le difese degli imputati hanno pochi giorni per valutare l’opportunità di ricorrere a un rito alternativo, come il patteggiamento o l’abbreviato, che in caso di condanna consentono lo sconto di un terzo della pena.
Nel frattempo l’inchiesta della procura si è chiusa con la conferma della presenza, emersa durante la fase preliminare, di altri due indagati, rimasti a suo tempo a piede libero, per i quali si procede separatamente.
Presunte vittime dei quattro uomini e una donna arrestati lo scorso 26 aprile dai carabinieri e dei due complici, una coppia di imprenditori viterbesi, titolari di un ristorante e di una pescheria, difesi dagli avvocati Giovanni Labate e Enrico Valentini.
Ricorsi agli strozzini a causa delle difficoltà economiche inasprite dalla pandemia di Covid, sono stati costretti a entrare in società con gli usurai.
“Violentiamo tua moglie e mettiamo tua figlia sulla sedia a rotelle”. Gli imputati per recuperare le somme avrebbero utilizzato prima le minacce poi le maniere forti. Per intimidire le vittime avrebbero promesso loro di dare fuoco al ristorante. Si sarebbero appropriati di una vettura. Avrebbero picchiato il ristoratore nei pressi del suo locale. Sarebbero arrivati anche a minacce di violenza sessuale e altri mali fisici, nei confronti della moglie e della figlia.
A distanza di sei mesi dall’arresto è stata fissata per il 15 dicembre la prima udienza del processo col rito ordinario, dopo l’accoglimento da parte della gip Savina Poli della richiesta di giudizio immediato del pm Michele Adragna. Ma per l’appunto i difensori, per chiudere in tempi brevi e con uno sconto di pena la vicenda, potrebbero decidere di ricorrere a riti alternativi.
L’avvocato Domenico Gorziglia, difensore di tre imputati
Lo scorso 26 aprile, su richiesta del pm Adragna, sono stati arrestati due fratelli, di 51 e 43 anni, entrambi con precedenti, già finiti in manette nel 2012 nell’ambito dell’operazione Drago, e la compagna 42enne di uno di loro. Considerati dagli investigatori le tre figure chiave dell’inchiesta sono difesi dall’avvocato Domenico Gorziglia.
Gli altri due arrestati sono un albanese di 28 anni residente a Terni e un italiano 48enne di Castel Giorgio, difesi dagli avvocati Fabio Menichetti e Maria Cristina Pepe. Di nazionalità albanese anche uno dei due indagati a piede libero, mentre l’altro sarebbe un italiano imparentato coi due fratelli.
L’odissea della coppia sarebbe cominciata subito dopo il primo lockdown, con due prestiti da 45mila e 89.500 euro, per un totale di 134.500 euro, in cambio dei quali avrebbero dovuto restituirne quasi 300mila, più del doppio.
Tra l’estate e la fine del 2020, il fratello 43enne e la compagna avrebbero preteso dalle vittime – con la complicità dell’albanese e dell’orvietano – la restituzione nel giro di una settimana della somma di 60mila euro in contanti in cambio di un prestito di 45mila euro al ristoratore per lo svoglimento della sua attività imprenditoriale.
A settembre dell’anno scorso, inoltre, avrebbero prestato al ristoratore altri 89.500 euro, “capitale” da restituire entro ottobre, contabilizzando 234mila euro complessivi con gli interessi e la garanzia di quote societarie del ristorante. nonché pretendendo 30mila euro in contanti dopo pochi giorni quale anticipo sugli interessi e contestualmente l’impegno a versarne altri 30mila a breve.
La coppia, versati i primi 30mila euro, si sarebbe trovata presto in difficoltà, riuscendo a versarne solo 23.500 della seconda “rata” da 30mila: 11mila euro tramite tre bonifici e il resto in contanti, per un ammontare di 500 euro al giorno dal 19 settembre 2020, più altri 2.500 euro ogni 15 giorni. Da quel momento sono iniziati i ricatti e le minacce, culminati nella sottrazione della macchina e il pestaggio dell’imprenditore nei pressi del suo locale.
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