Tuscania – “Insieme dobbiamo controbattere allo scriteriato programma della Sogin”. Il professore Angelo Di Giorgio del comitato Montalto futura sull’iniziativa in programma il 6 novembre al Teatro Rivellino di Tuscania.
Tuscania – Il teatro Rivellino
“Parlo anche a nome dei comitati della Tuscia – dice Di Giorgio – che hanno proposto l’iniziativa patrocinata dal sindaco di Tuscania, Fabio Bartolacci, molto attivo in questa battaglia e uno dei pochi che ha fatto le osservazioni.
Lo scopo è quello di richiamare i sindaci di tutti i comuni della Tuscia che sono stati assenti su questo palcoscenico. Sono circa 60 quelli della provincia e 14 quelli coinvolti nel progetto della Sogin: di questi, solo 7 si sono fatti rappresentare e hanno assoldato tecnici, ingegneri e professori per fare le osservazioni che sono l’unico elemento, che abbiamo e che è previsto dalla legge, per opporci. Opposizione che viene fatta per iscritto e in forma orale; quest’ultima con la partecipazione al seminario nazionale che ci sarà il 9 novembre.
Ci siamo messi d’accordo in modo da fare, tutti insieme, le osservazioni nella sede della Provincia per far vedere che la Tuscia è compatta nel dire no”.
No al deposito di scorie nucleari appunto. “Questo prevede che ci debbano essere 95mila metri cubi di materiali radioattivi da stoccare, di cui 17mila ad alta attività. La Sogin vuole stoccarli tutti, sia quelli ad alta che a bassa o bassissima attività, nello stesso deposito nazionale. Si tratta di materiale che viene dalla medicina, dalla ricerca, dalle armi e in particolare dallo smantellamento delle centrali nucleari.
La società ha identificato, in Italia, 67 siti e 22 sono nella provincia di Viterbo. A questo, ci si oppone e non per partito preso, ma perché uno stuolo di professionisti e tecnici hanno studiato le carte della Sogin, arrivando alle conclusioni che questa area e questa provincia sono incompatibili con i rischi connessi al deposito”.
Rischi che, come spiega Di Giorgio, “sono sia di natura ambientale che sanitaria ed economica. Ma anche di natura giuridica, perché l’assetto normativo italiano, che ha dato a Sogin l’incarico di realizzare il programma nazionale per lo smaltimento e la sicurezza del materiale radioattivo, prevede di utilizzare determinate normative nazionali e internazionali che si chiamano ‘guide tecniche’. Queste sono, in realtà, orientate e utilizzabili esclusivamente per depositi di superficie che possono contenere solo materiale a bassa attività, mentre Sogin ci vuole mettere anche quelli ad alta.
In più, in questo momento al mondo, non ne esiste nemmeno in funzione, perché sono difficilissimi e costosissimi -da realizzare.
Far confluire quindi tutto il materiale, sia a bassa che ad alta attività, costituisce un rischio enorme per le popolazioni”.
E ancora, “c’è anche un motivo metodologico e cioè il fatto che loro hanno applicato in maniera del tutto autarchica e irresponsabile una serie di criteri, che sono previsti in queste guide tecniche e che se fossero stati applicati correttamente avrebbero escluso se non tutte almeno la maggior parte delle aree della provincia di Viterbo“.
Tornando al 6 novembre, “vogliamo convocare tutti i sindaci, sperando che ne venga un alto numero, per spiegare per l’ennesima volta come è la situazione e poi arrivare al pratico e capire che intenzioni hanno.
Se il seminario ci dà buca, come è probabile che sia, perché la Sogin non vorrà ascoltare nessuno e vorrà insistere sulle scelte che vedono la provincia di Viterbo la più papabile, vogliamo prima capire da loro che vogliono fare, se vogliono ricorrere in giudizio, alla Corte di giustizia europea, metterci i soldi oppure fare altre iniziative come invitare la politica a rivedere il problema che così è stato mal posto.
Vogliamo stanare i sindaci e legarli alle loro responsabilità per far sì che, una volta informati della situazione, si mettano insieme per dotarsi di un apparato che controbatta allo scriteriato programma della Sogin, altrimenti – conclude Di Giorgio – ci beccheremo tutti il deposito”.