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“L’uccisione del piccolo Matias da parte del padre non è un evento imprevedibile”

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Morte del piccolo Matias – I rilievi della scientifica


Viterbo – “L’omicidio del piccolo Matias non è, come abbiamo letto su tanti giornali e sentito in tante dichiarazioni, ‘un evento imprevedibile’”. Sarebbero più di 500 negli ultimi 20 anni i figli uccisi dai padri.

Non ha dubbi Antonella Veltri, presidente dell’associazione nazionale DiRe-Donne in rete contro la violenza nel commentare l’uccisione del bimbo di 10 anni trovato morto dalla madre nella sua abitazione di Cura di Vetralla il 16 novembre mentre il marito, che due mesi fa era stato colpito da divieto di avvicinamento, è stato trovato in stato di incoscienza in un’altra stanza.

L’uomo, Mirko Tomkov, un operaio edile nato 44 anni fa in Polonia, è stato tratto in arresto nella tarda serata di martedì per omicidio volontario. Questa mattina sarà effettuata l’autopsia sul corpo del figlioletto, su disposizione del pm Stefano D’Arma.

Due mesi fa, il 10 settembre, gli era stato notificato il divieto di avvicinamento, disposto dal gip su richiesta della pm Paola Conti. Risale invece al 15 ottobre la richiesta di giudizio immediato per maltrattamenti in famiglia da parte della procura della repubblica di Viterbo, guidata da Paolo Auriemma.

Presunta vittima la moglie 37enne Mariola Rapaj, originaria dell’Albania, la quale non ha però mai denunciato il marito. La segnalazione ai carabinieri della stazione di Vetralla, che si sono occupati delle successive indagini, è giunta da una terza persona. All’esito è stato chiesto il divieto di avvicinamento.


Matias Tomkow con il padre Mirko

Matias Tomkow con il padre Mirko


“Le vicende di tante donne, i cui figli sono stati uccisi dai padri, che secondo alcune stime sarebbero più di 500 negli ultimi 20 anni, dovrebbero aver insegnato a tutti quello che le operatrici dei centri antiviolenza ripetono da sempre”, spiega la presidente Veltri a Tusciaweb.

“Gli uomini maltrattanti usano i figli per continuare a esercitare un controllo sulle madri – ricorda – e se non possono farlo, arrivano fino all’atto estremo di ucciderli, per punire la donna che ha osato sottrarsi al loro controllo, separandosi, e condannarla a una vita di dolore e sofferenza”. 

“Siamo vicine alla mamma del piccolo Matias in questo momento tragico – prosegue – Serena Dandini, che supporta la campagna di raccolta fondi che lanceremo il prossimo 21 novembre, ebbe a dire dei centri antiviolenza che sono ‘uno strumento salvavita’. Occorre però rafforzare la collaborazione tra forze di polizia, magistratura e centri antiviolenza, perché le donne non vengano lasciate sole con un foglio in cui è scritto un ordine di protezione che nessuno si preoccuperà di far rispettare”.


Antonella Veltri, presidente dell'associazione DiRe

Antonella Veltri, presidente dell’associazione DiRe


“Occorre investire di più, molto di più, su una formazione sulla violenza maschile contro le donne, una formazione che parta dalle conoscenze accumulate in oltre 30 anni di lavoro dai centri antiviolenza femministi, come sono quelli gestiti dalle 84 organizzazioni di donne che compongono D.i.Re, perché senza una conoscenza approfondita del ciclo della violenza e del suo impatto non si può né contrastarla efficacemente, né prevenirla”, dice.

“È grave che a quasi un anno di distanza dalla scadenza del Piano nazionale antiviolenza 2017-2020, non sia ancora stato presentato, approvato, finanziato e messo in atto un nuovo Piano nazionale: il sistema antiviolenza italiano è senza guida in questo momento, e i centri antiviolenza sono sempre più soli”.

Silvana Cortignani


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