Michael Aaron Pang e Norveo Fedeli
Viterbo – Omicidio di Norveo Fedeli, Michael Aaron Pang la scorsa estate ha rifiutato di concordare una riduzione della pena di quattro anni in appello, dai 25 anni e mezzo di carcere inflitti in primo grado ai 21 anni e mezzo di reclusione che avrebbe potuto “patteggiare” in appello.
A rivelare l’inedito retroscena giudiziario è l’avvocato Remigio Sicilia, difensore col collega Giampiero Crescenzi del 24enne americano che il 3 maggio 2019 ha ucciso a sgabellate il commerciante viterbese 74enne nel suo negozio di abbigliamento di via San Luca.
Lo spunto sono gli “appena 37 minuti” di camera di consiglio con cui, lo scorso 16 settembre, la corte d’assise d’appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado del 14 dicembre 2020. “Solo 37 minuti contro le oltre cinque ore del primo grado”, fa notare il legale di Pang, pronto a ricorrere in cassazione, se il suo assistito sarà d’accordo. Le motivazioni della sentenza sono uscite nei giorni scorsi.
Quindi il racconto da parte del legale dell’imputato del via libera allo “sconto” di quattro anni, rifiutato da Pang. “Si era raggiunto un accordo, a riprova che vi era una sostanza nelle problematiche sollevate dalla difesa – dice Sicilia – vi era stato il consenso da parte della procura generale a un concordato a 21 anni e 6 mesi. Rimaneva l’impianto accusatorio, quindi sia la rapina che l’omicidio, ma con una attenuazione della pena”.
Nonostante il difensore Sicilia abbia “caldeggiato” l’accordo, l’omicida di Fedeli lo ha però rifiutato. “Io l’ho invitato a pensarci – rivela ora il legale – trattandosi sicuramente di un risultato comunque positivo, ma Pang si è rifiutato. Ha rifiutato lui l’accordo, dicendo di volersi affidare totalmente ai giudici, perché lui non voleva uno sconto di pena. Lui voleva che venisse riconosciuto quello che aveva detto, convinto della assoluta verità della sua versione della dinamica dell’accaduto”.
Il legale, alla luce delle motivazioni, “correttamente illustrate dall’avvocato di parte civile Fausto Barili, parla di “sentenza elusiva”.
“Una sentenza elusiva – sottolinea – perché non affronta le problematiche della difesa, quelli che noi avevamo indicato come motivi principali, tra cui alcune situazioni concrete di fatto, come ad esempio le posizioni, la posizione di partenza, lo stato degli oggetti, in particolare delle buste, e via dicendo. Proprio perché non sono state affrontate queste problematiche, riteniamo probabile il ricorso per cassazione, del quale non ho ancora parlato con Michael”.
L’avvocato Remigio Sicilia
I legali di Pang, il 16 novembre di un anno fa, a fronte della richiesta di ergastolo della procura, avevano chiesto l’assoluzione per legittima difesa. In subordine l’eccesso colposo di legittima difesa e, in caso di condanna, lo sconto di un terzo della pena del rito abbreviato più volte chiesto dai legali per l’imputato, oltre al riconoscimento di tutte le attenuanti. E’ stata inoltre chiesta l’assoluzione dall’accusa di rapina o in alternativa la derubricazione in furto e il minimo della pena.
“Cosa ci faceva Fedeli davanti al bancone?”
“Cosa ci faceva Fedeli davanti al bancone?”, ha chiesto Sicilia durante la discussione, tornando a parlare di aggressione. “Fedeli era seccato perché Pang per il terzo giorno consecutivo gli faceva perdere tempo, non riuscendo a pagare con la carte i vestiti che gli aveva fatto mettere da parte. Tra loro un dialogo tra sordi, per le differenze di lingua e di cultura. La vittima, arrabbiata per l’insistenza di questo giovane asiatico, ‘faccia di bronzo’ come tutti gli asiatici, è passata urlando da dietro a davanti al bancone per dirgliene quattro. Pang ha provato a scappare ma si è ritrovato stretto all’angolo, in uno spazio angusto di appena un paio di metri, e sentendosi in gabbia ha reagito quando è stato afferrato da tergo dal 74enne. Per renderlo innocuo ha sferrato un pugno a Fedeli, che da dietro lo ha graffiato sul petto, rompendo il naso al 74enne. Poi, siccome il negoziante ha preso un coltello, ha afferrato lo sgabello e lo ha colpito. Fedeli è caduto e lui d’istinto ha continuato a colpirlo. Quindi lo ha trascinato per la cinta nel retrobottega, scivolando sul sangue e calpestandogli la testa. Non per infliggergli ulteriore sofferenza, non per crudeltà, ma perché ha inciampato sul corpo mentre riprendeva l’equilibrio”.
“Pang non aveva bisogno di rapinare 600 euro di vestiti”
E’ la stessa ricostruzione della dinamica del delitto fornita da Pang fin dall’interrogatorio di garanzia davanti alla gip Savina Poli del 7 maggio 2019. “Una ricostruzione alternativa logica”, l’hanno definita i difensori, tornati a parlare di Pang come del classico bravo ragazzo americano, nato in Corea del Sud, figlio adottivo con la sorella di una coppia d’origine asiatica, che ha un altro figlio naturale più grande, portatore di handicap.
“Una famiglia benestante della medio alta borghesia statunitense, dove entrano sui 22mila euro al mese. Il padre, nato in Cina e laureato negli Usa, è un medico fisiatra che guadagna sui 16mila euro al mese, mentre la madre è un’infermiera specializzata in giovani disabili, motivo per cui in patria Michael faceva volontariato. Non hanno problemi economici, Pang ha dato 15mila euro al famoso kebabbaro, che lo ha incastrato fingendo di non conoscerlo, per entrare in società con lui. Il padre non gradiva la sua relazione con la donna tedesca di 47 anni con una bambina per cui il figlio era venuto in Italia, pagandole le spese. Ma la madre non avrebbe avuto alcuna difficoltà a fargli avere 600 euro per i vestiti”, ha detto Sicilia.
“La procura, l’unica che avrebbe potuto avere accesso ai dati, non ha effettuato controlli sui conti di Pang tramite le banche americane. Non sono nemmeno stati analizzati i reperti trovati sotto le unghie di Fedeli. Abbiamo saputo che la vittima teneva una pistola in cassaforte soltanto tre settimane dopo il fatto. Eppure per la difesa è importante sapere che un semplice commerciante di vestiti teneva un’arma in negozio, per capirne la personalità”, è stato sottolineato.
La foto scattata alla vittima prima della fuga…
Ma tra le tante presunte lacune sul fronte delle indagini ce n’è in particolare una: “Non c’è uno straccio di verbale in cui si dica quanti soldi c’erano in cassa. Perché? Forse perché ce n’erano e allora non avrebbe retto l’accusa di rapina? Un rapinatore che fa? Ruba vestiti ma non prende i soldi della cassa? La busta coi vestiti che Pang ha portato via non era nemmeno al centro della scena, non è stata raggiunta dagli schizzi di sangue, è stata usata come contenitore. E il computer e il telefonino di Fedeli sono stati buttati nel cestino fuori del bed&breakfast di Capodimonte dove il giorno dopo è stato catturato Pang, inoltre, il pomeriggio stesso del 3 maggio è tornato sulla scena del crimine, come si vede fare solo nei film. Perché? Perché non sapeva cosa fosse successo, se Fedeli fosse morto. Quando ha scattato una foto al corpo, uscendo, lo ha fatto perché era preso dal panico, per una eventuale difesa”,
“Si sono percepiti reciprocamente come una minaccia e l’istinto ha preso il sopravvento. Questo spiega il perché possa scattare la violenza anche in una persona normalmente mite e innocua come Michael Aaron Pang”, hanno concluso Sicilia e il collega Crescenzi un anno fa, chiedendo in prim’ordine l’assoluzione dall’accusa di omicidio per legittima difesa.
Silvana Cortignani
– “Omicidio di Norveo Fedeli, respinta con vigore la tesi della reazione di Pang a un’aggressione”