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“Perché un papà uccide il figlio? È stata questa la prima cosa che ci hanno chiesto i bambini…”

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Vetralla – “Perché un papà uccide il proprio bambino?”. E’ stata questa la domanda più frequente che i bambini della scuola di Cura di Vetralla hanno rivolto ieri mattina alle proprie maestre dopo aver saputo dell’uccisione del piccolo Matias, di appena dieci anni, che frequentava la quarta elementare. Il loro compagno. Assassinato a pochi metri di distanza dalla scuola dove andava tutte le mattine accompagnato dalla madre. Il padre di Matias, Mirko Tomkow, è stato arrestato con l’accusa di omicidio.

Teresa Sestito Cascitti vive a Vetralla e insegna alle elementari da quasi 35 anni. Sul territorio è un punto di riferimento. Una maestra amata, che ha visto crescere generazioni di alunni diventati poi adulti, con famiglie e figli diventati nuovamente suoi studenti. Suo marito, Franco Cascitti, è stato per lungo tempo maresciallo dei carabinieri della stazione di Vetralla, tra i più conosciuti. Teresa Sestito stessa in passato è stata anche assessora del comune di Vetralla.


Vetralla - La maestra Teresa Sestito Cascitti

Vetralla – La maestra Teresa Sestito Cascitti


Maestra Sestito, quale è stata la prima cosa che ha detto ai suoi alunni quando è entrata in classe questa mattina?
“‘Oggi è una giornata particolare’. Ho iniziato così. E da quel momento i bambini hanno iniziato a parlare, ad esprimere il proprio punto di vista. Con naturalezza. E’ stata un’esperienza dolorosissima che scuote l’anima. Per i bambini e per noi insegnanti chiamati a fronteggiare queste situazioni che diventano sempre più gravi. Oggi abbiamo ricordato, e abbiamo riflettuto. E’ una cosa troppo grande che pensi sempre possa capitare su un altro pianeta e invece ce l’hai addosso. Una cosa che nessuno si aspettava”. 

Cosa vi hanno detto i bambini?
“Hanno mostrato tutte le loro insicurezze. ‘Perché un papà?’. Questa è stata la domanda più frequente. ‘Perché un papà uccide il proprio bambino?’ Anche perché noi adulti che avremmo dovuto fare da filtro, anche ai giornali e ai giornalisti, invece non lo abbiamo saputo fare. E le informazioni sono arrivate ai ragazzi così, nude e crude. Anche queste sono riflessioni che dovremmo fare tutti. A livello sociale. Davanti alle televisioni non ci sono solo gli adulti, ma anche i bambini che poi interpretano secondo i momenti, le loro emozioni, i loro vissuti”.

Quando i bambini hanno chiesto ‘perché un papà uccide un figlio’, lei come insegnante cosa ha risposto?
“Ho risposto che si ammala anche il cervello umano, quindi va in tilt. Perché il bimbo è stato fatto con amore dai due genitori. Ma a volte il cervello va in tilt e sicuramente il padre neanche se ne è accorto di ciò che faceva. Davanti alla spiegazione che tutto si può ammalare, i bambini hanno risposto: ‘è vero, maestra’, e hanno ricollegato le attività scientifiche che stanno facendo, le precedenti lezioni sul cervello che è ancora da scoprire”.


Vetralla - La scuola elementare di Cura

Vetralla – La scuola elementare di Cura


Il primo pensiero che ha avuto quando ha saputo la notizia?
“La prima cosa che ho provato è stata una stretta al cuore. Perché si tratta di un bambino. Quando poi ho saputo che era un bambino della quarta, della mia scuola, ho pensato subito alla mia classe, i bambini con cui vivo giornalmente tutte le miei emozioni. Poi mi sono messa nei panni della mia collega e della mamma del bambino, come donna”.

Conosceva Mariola Rapaj, la madre di Matias?
“Era una signora che vedevo tutte le mattine accanto al figlio, in un angolo della piazza di fronte alla scuola. La vedevo molto presto, era una delle prime mamme. Mi diceva sempre ‘buongiorno signora’, tutte le mattine”.

Il padre invece lo ha mai visto?
“No, il padre non s’è mai visto”. 

La scuola sapeva del divieto di avvicinamento da parte del padre?
“Questo non lo so. Queste sono cose che gli insegnanti e la dirigenza ben conservano”.

Come sono cambiati bambini e famiglie dopo due anni di Covid?
“Forse i bambini si sono chiusi, ma la scuola ha reagito benissimo, attivando supporti di ogni tipo. E’ già dall’anno scorso che bambini ed insegnanti sono aiutati da uno psicologo”.

Considerando invece che lei lavora a scuola da più di trent’anni, che trasformazioni ha visto?
“Ho visto cambiare le cose radicalmente. A tutti i livelli. E non riesco a capire quale follia sia il filo conduttore. Questo per quanto riguarda la società in generale. La scuola è cambiata nei rapporti con le famiglie, anche tra insegnanti. All’esterno della scuola c’era più regole e sicurezza e la scuola era un’istituzioni che dava fiducia e a cui affidavi il futuro dei figli. Oggi è una gran confusione, perché nessuno ci vede più come istituzione. E forse anche noi insegnanti non riusciamo più a dare le risposte giuste. Forse abbiamo bisogno anche noi di essere sostenuti”.

Daniele Camilli


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