Azzurra Cerretani, a processo per omicidio dopo tre anni e mezzo
Viterbo – Delitto del Suffragio, Azzurra Cerretani a processo dopo tre anni e mezzo per omicidio volontario in concorso.
Il gip Rita Cialoni ha detto no alla richiesta di archiviazione della procura, contro cui si erano opposti lo scorso 6 luglio i genitori di Daniele Barchi, il 42enne originario di Gaeta barbaramente ucciso la notte tra il 21 e il 22 maggio 2018 nel suo appartamento al pianoterra di via Fontanella del Suffragio, in pieno centro storico, nelle immediate adiacenze di corso Italia.
Lei è la 28enne viterbese difesa dall’avvocato Fausto Barili che con la sua denuncia fece arrestare l’assassino, l’allora fidanzato Stefano Pavani, il 34enne originario di Corchiano, difeso dall’avvocato Luca Paoletti, ricorso all’abbreviato e riconosciuto seminfermo di mente, condannato il 10 luglio 2019 in primo grado dalla gip Savina Poli a 15 anni di reclusione con lo sconto di un terzo della pena, da scontare in carcere dove si trova dal 23 maggio 2018, dopo di che è stata disposta, per il seguito, la misura di sicurezza del ricovero in una Rems.
“Sono due gli assassini di mio figlio, uno è dentro e una è fuori, mentre Daniele è morto. Non è giustizia questa”, ribadiva quattro mesi fa all’uscita dall’aula 1 del tribunale il padre di Barchi, Giuseppe, con gli occhi gonfi di lacrime, mentre la moglie, preoccupata per la salute del marito, cercava di contenere la sua ira e la sua disperazione afferrandolo con delicatezza per un braccio. Negli occhi lo stesso senso di smarrimento e di amarezza.
L’assassino Stefano Pavani e la vittima Daniele Barchi
Il 26 novembre il giudice per le indagini preliminari Rita Cialoni ha sciolto la riserva, non ritenendo condivisibili le conclusioni cui è pervenuto il pubblico ministero Stefano d’Arma: “Apparendo necessario procedere a un vaglio dibattimentale per il reato di omicidio a carico dell’indagata”. Non accogliendo la richiesta di archiviazione, il gip ha quindi restituito gli atti al pm affinché formuli l’imputazione.
“Nessuno ha parlato di come hanno ridotto mio figlio, gli hanno rotto 12 costole, gli hanno sfondato la cassa toracica, gli hanno spappolato il cervello, lo hanno accoltellato, gli hanno dato le bottigliate… di questo no, nessuno ha parlato”, ha detto il padre.
“Abbiamo chiesto un supplemento di indagini ai fini dell’imputazione coatta di Azzurra Cerretani per il reato di omicidio in concorso – spiega l’avvocato di parte civile Pasqualino Magliuzzi – abbiamo fornito il nome di battesimo e il numero di telefono di una vicina per sapere se veramente la Cerretani abbia gridato aiuto mentre Pavani massacrava loro figlio. E abbiamo chiesto che i genitori vengano ascoltati in relazione a una telefonata che secondo noi è stata sottovalutata”.
Le foto di Daniele Barchi col volto tumefatto diffuse dai genitori
“Hanno ucciso nostro figlio perché volevano la sua casa. La domenica pomeriggio ci ha telefonato quando secondo noi il massacro era già iniziato, perché Daniele parlava strano e dietro si sentiva la voce di lei che istigava, con un tono aggressivo. Volevano portargli via la casa da dove li aveva cacciati cinque giorni prima, quando aveva capito chi fossero veramente, per questo è morto. E lei era lì assieme a Pavani, è stata lì tutto il tempo mentre veniva torturato”, ha detto il papà di Daniele.
“L’idea del terrore in cui Daniele ha vissuto, le percosse, le coltellate e la violenza subita, ci tormenta e non ci fa più vivere”, scrivevano in una lettera a Tusciaweb il padre e la madre alla vigilia della sentenza di primo grado del processo a Pavani.
Sono sempre stati convinti, i Barchi, che Daniele sia stato massacrato non solo da Pavani ma dal pregiudizio, dall’indifferenza e dalle tante omissioni di chi avrebbe dovuto tenere ristretto un soggetto come Pavani già giudicato più volte pericoloso.
Scoperto la sera del 22 maggio 2018 l’omicidio in via Fontanella del Suffragio
Per il padre di Barchi non ci sono dubbi sul movente, che secondo la famiglia nulla a che fare con la vita travagliata di Pavani e coi suoi problemi psichici.
“Quei due delinquenti hanno ammazzato mio figlio perché li aveva mandati fuori di casa cinque giorni prima, quando aveva capito finalmente che delinquenti erano. La mattina del 20 maggio lo stavano aspettando fuori casa e sono entrati dentro con la forza. E il motivo era per appropriarsi della casa, questo risulta anche agli atti. Questa era la vera ragione per cui è stato ucciso mio figlio”.
“L’idea che quel delitto fosse stato consumato in un contesto di marginalità sociale e di degrado psicologico, accomunando Daniele a Pavani e alla sua compagna, è un pregiudizio che ha condizionato tutta l’indagine”, tengono a dichiarare i Barchi. In effetti Daniele non era affatto stato abbandonato dai sui genitori, che con cadenza almeno quindicinale lo raggiungevano da Gaeta e gli fornivano tutti i mezzi economici di cui avesse bisogno.
“Abbiamo assecondato il suo desiderio di autonomia e indipendenza acquistando ben due appartamenti in Viterbo, senza, comunque, mai fargli mancare la nostra presenza e il nostro affetto – continuano i genitori – le vessazioni subite a opera di Pavani e di Cerretani ce le ha sempre tenute nascoste. L’idea del terrore in cui Daniele è stato costretto a vivere per giorni e la durata delle percosse, delle coltellate e della violenza subita, ci tormenta e non ci fa più vivere”.
Silvana Cortignani
L’intervento della polizia in via Fontanella del Suffragio




