Viterbo – “Si lavora e non si paga”. Succede al Corriere di Viterbo e a metterlo nero su bianco, con un comunicato, è l’associazione Stampa romana (Asr), il sindacato dei giornalisti.
“Da inizio anno – scrive Asr – il gruppo Corriere nella declinazione del Corriere di Viterbo sta mandando lettere ai collaboratori in cui, in spregio delle norme e anche del buon senso, declassa il rapporto di lavoro ad una prestazione gratuita. Si lavora e non si paga. Il rapporto, definito da una scrittura privata, resta tuttavia in esclusiva e ha la durata di un anno”.
Giornali
Collaboratori che già in passato pare prendessero pochissimo. Per poi ritrovarsi, come evidenziato da Stampa romana, con un bel niente. Ossia con una proposta di lavoro che li impegna a mettersi a disposizione senza percepire alcuna retribuzione. Per un anno e in esclusiva, vale a dire che chi accetterà o ha già accettato potrà scrivere solo per il Corriere di Viterbo e per nessun’altra testata giornalistica.
“Un ulteriore segno – prosegue il comunicato di Asr – della crisi drammatica del settore che ha colpito anche il gruppo editoriale che fa capo alla famiglia Angelucci. Ma è anche un ennesimo punto di non ritorno”.
Il Corriere di Viterbo
Una crisi, quella della carta stampata, che va avanti da anni con un calo drammatico delle vendite, dei lettori e della raccolta pubblicitaria. Accentuato poi dall’emergenza Covid che rischia di privare le testate anche delle classiche vendite del giornale ai bar.
“In questo modo il giornalismo professionale – conclude la nota di Stampa Romana – si riduce a un hobby da praticare in esclusiva. E il lavoro nel nostro settore e nel nostro paese deve essere retribuito. Ars denuncia e condanna il comportamento dell’editore riservandosi contestazioni legali”.
“Per quanto riguarda le condizioni di lavoro – spiega il segretario di Stampa romana, Lazzaro Pappagallo – sia al Corriere di Viterbo sia in generale, in provincia e non solo, assistiamo a collaboratori che sono pagati due lire, anche al di sotto dei minimi contrattuali previsti, e a una giungla di prestazioni tra le più svariate”.
Lazzaro Pappagallo
Una situazione che, secondo Pappagallo, si verificherebbe pure perché “per molti collaboratori scrivere su una testata giornalistica rappresenta una specie di fiore all’occhiello con cui acquistare visibilità e un ruolo sociale. Però, per quanto riguarda il lavoro, non si vive di ruoli sociali ma di soldi che si portano a casa”.
“Le aziende – conclude Pappagallo – sono certamente parte fondamentale nella disgregazione del mercato del lavoro, ma personalmente non sono affatto solidale con quei lavoratori che si prestano a comportamenti irrispettosi della dignità del lavoro da parte delle aziende accontentandosi di briciole. Perché con queste guadagnano visibilità a livello locale”.
Daniele Camilli
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