Viterbo – Vittime sul lavoro per Covid, i morti sono stati 423. Nel 2020, circa un terzo di tutti i decessi dell’anno. E nel mese di dicembre l’incremento della mortalità rispetto al mese precedente è stato del 15,6%. E’ l’immagine dell’emergenza Covid nei luoghi descritta dall’Osservatorio sicurezza sul Lavoro Vega engineering di Mestre pubblicata ieri sera. In Lombardia il maggior numero di vittime. nel Lazio sono state 28. Oltre 130 mila le denunce di infortunio per Coronavirus, cresciute del 25,7% l’ultimo mese.
“È purtroppo un bollettino ancor più drammatico quello delle vittime sul lavoro del 2020 – dichiara il presidente di Vega, Mauro Rossato -. Perché un terzo dei decessi è dovuto al contagio da Covid. Si tratta di 423 morti dall’inizio della pandemia sino alla fine del 2020, con 57 vittime rilevate nel solo mese di dicembre e un incremento della mortalità rispetto al mese precedente pari al 15,6%”.
Emergenza Coronavirus
“Rispetto agli anni e ai decenni precedenti – prosegue poi la nota dell’Osservatorio – gli infortuni mortali sul lavoro non coinvolgono più solo operai, macchinisti, camionisti. Ora ci sono gli impiegati, gli addetti alla segreteria e agli Affari Generali, gli infermieri e i fisioterapisti, i medici, gli operatori socio sanitari, i portantini, i bidelli, ma anche di addetti alla pulizia di uffici, operatori di alberghi, di navi e di ristoranti”.
A contare il maggior numero di vittime sul lavoro per Covid è la Lombardia con il 37,63% delle denunce (159 decessi), seguita da Campania (40 decessi), Emilia Romagna e del Piemonte (37 decessi), Lazio (28 decessi) e Puglia (23 decessi).
Per quanto riguarda invece l’incidenza di mortalità rispetto alla popolazione lavorativa, dopo la Lombardia, che continua ad indossare la maglia nera con un indice di 36,1 rispetto ad una media di 18,4, spiccano i dati di Liguria (33,2), Abruzzo (24,5), Campania (23,9), Piemonte (20,3), Marche (19,5), Puglia (19,2), ed Emilia Romagna (18,8).
Il 16,8% degli infortuni mortali per Covid ha coinvolto l’universo femminile. Mentre la percentuale sale a ‘quasi’ il 70% nelle rilevazioni degli infortuni non mortali per Coronavirus.
“Il 91,3% delle vittime rientra nell’industria e servizi – aggiunge l’Osservatorio Vega -. E in questa macroarea produttiva con il 25,2% delle denunce con esito mortale troviamo il settore sanità e assistenza sociale, seguono con il 13,4% dei casi le attività manifatturiere, il settore dell’amministrazione pubblica e difesa e trasporto e magazzinaggio con il 10,7% e il commercio (9,7%). Nel 10,9% dei casi si tratta di impiegati, addetti alla segreteria e agli affari generali, il 10 % delle vittime sono tecnici della salute (infermieri, fisioterapisti..), il 6,8% sono medici. E ancora ci sono i conduttori di veicoli a motore 5,8%, operatori sociosanitari con il 5,1% del totale delle denunce con esito mortale, e il 3,9% il personale non qualificato nei servizi sanitari e istruzione (portantini, ausiliari, bidelli)”.
Lavoro
Sono poi 131.090 le denunce di infortunio con esito non mortale legate al Covid registrate in tutto il 2020 (pari al 23,7% del totale, secondo dati Inail). Cresciute addirittura del 25,7% rispetto a novembre.
“Dati preoccupanti e significativi – sottolinea il presidente dell’Osservatorio – in cui sono le donne ad essere più coinvolte con il 69,6% delle denunce. Un vero dramma per l’universo femminile che lavora.
Il 97,7% delle denunce di infortuni non mortali dovuti a contagio da Covid rientra nell’industria e nei servizi. E, come già visto per gli infortuni mortali, è il settore sanità e assistenza sociale a far rilevare il maggior numero di denunce con il 68,8% del totale delle denunce. Seguono l’amministrazione pubblica (9,1% delle denunce), il 4,4% delle denunce che giungono dal settore dei servizi di vigilanza, attività di pulizia fornitura di personale e call center, e il 3,1% nelle attività manifatturiere.
Lavoro
Quasi quattro denunce di infortunio su dieci riguardano i tecnici della salute (infermieri, fisioterapisti), seguiti dagli operatori sociosanitari (oss assistenti nelle case di riposo) con 19,2% delle denunce; dai medici (9,2%), e dagli operatori socioassistenziali (nelle strutture ospedaliere) 7,4%. E ancora dal 4,7% del personale non qualificato nei servizi sanitari e istruzione (portantini, ausiliari, bidelli); dal 4,1% di impiegati addetti-impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali; dal 2,3% del personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli.
Alla Lombardia sempre la maglia nera delle denunce di infortunio non mortale legate al Covid con il 28,4% del totale nazionale. Seguono: Piemonte 14,4%, Veneto 9,7%, Emilia Romagna 7,9%, Lazio 5,6%, Toscana 5,5%, Campania 5,4%, Liguria 4,1%, Puglia 3,4%, Sicilia 2,7%, Marche 2,2%, Friuli 2,1%, Provincia Autonoma di Trento 1,9%, Sardegna 1,5%, Provincia autonoma di Bolzano 1,5%, Abruzzo 1,5%, Umbria e Calabria 0,6%, Valle D’Aosta 0,5%, Basilicata 0,4%, Molise 0,2%.
“I numeri devono far riflettere tutti i responsabili della sicurezza nei luoghi di lavoro – conclude Mauro Rossato -. Gli strumenti normativi e sanitari per la prevenzione nel nostro paese ci sono e sono efficaci, bisogna applicarli adottando nelle aziende tutte le cautele necessarie a ridurre l’impatto e la diffusione di un virus che sta uccidendo decine di migliaia di italiani, fuori e dentro gli ambienti di lavoro”.
Daniele Camilli
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