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Riccardo Valentini: “Scorie radioattive, poco chiari i criteri di scelta della aree adatte”

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Viterbo – “E’ stato dissennato buttare queste 67 aree in pasto a tutti, scegliendo luoghi con criteri poco chiari. E con il rischio di compromettere l’immagine di un intero territorio, trasformandolo in una tomba”. Riccardo Valentini, premio Nobel e docente universitario all’Unitus di Viterbo e alla statale di Mosca in Russia, non usa mezzi termini. Le comunità della Tuscia coinvolte nel giro delle aree idonee alla costruzione di un deposito nazionale di rifiuti radioattivi e nucleari devono dire un “‘no’ chiaro e fermo”. Alla sola ipotesi.

I comuni indicati sono Ischia di Castro, Montalto di Castro, Canino, Tuscania, Tarquinia, Vignanello, Gallese e Corchiano. 

“Se noi andiamo a mettere un deposito di rifiuti radioattivi e nucleari su un territorio che vive di turismo, di natura, di agricoltura di qualità – prosegue Valentini che nel primo governo Zingaretti è stato consigliere regionale – compromettiamo la sua immagine in maniera importante e indelebile. In un mondo dove le notizie, e di conseguenza l’immagine di qualcuno o qualcosa, viaggiano velocemente. E’ come darsi la zappa sui piedi”.


Riccardo Valentini

Il premio Nobel Riccardo Valentini


Professor Valentini, che ne pensa dell’idea del governo che ha indicato 8 comuni della Tuscia come aree idonee alla costruzione di un deposito di rifiuti radioattivi e nucleari?
“Quanto è successo è grave, molto grave. Non si mettono le bandierine sul territorio nazionale indicando ipotetici posti, ma creando panico e tensioni. E non si possono mettere scorie nucleari su un terreno vocato all’agricoltura e che per anni ha costruito un’immagine di qualità per portare turisti. Torniamo indietro di 50 anni”.  

Tuttavia il deposito da qualche parte va fatto e il percorso per arrivarci è già stato avviato…
“E’ evidente che il problema va risolto ed è una direttiva europea. Ma non dovevano fare in questo modo. E’ un problema di metodologia”.

E come avrebbero dovuto fare?
“Devono andare ad incidere nei luoghi già marcati dal punto di vista nucleare. Fermo restando che non sono un nuclearista. Il deposito nazionale va creato laddove c’è già una presenza di smaltimento. Ed è questa la cosa che avrebbe dovuto fare un politico responsabile prima di mettere in moto tutta questa cosa sguaiata e senza senso”.

Anche gli altri territori del paese hanno comunque tutto il diritto di dire “anche il deposito non lo voglio”…
“E’ ovvio che tutti direbbero ‘non la voglio’. Ma questa cosa vale soprattutto per la Tuscia dove il problema è innanzitutto economico. Se noi andiamo a mettere un deposito di rifiuti radioattivi e nucleari su un territorio che vive di turismo, di natura, di agricoltura di qualità, compromettiamo la sua immagine in maniera importante e indelebile. In un mondo dove le notizie, e di conseguenza l’immagine di qualcuno o qualcosa, viaggiano velocemente. E’ come darsi la zappa sui piedi. E nel Viterbese non c’è alternativa alla qualità per poter competere sui mercati di qualsiasi tipo. E non discuto che il deposito sia il luogo più sicuro al mondo. Ma il punto non è questo. Il punto è politico ed economico. Quindi è folle pensare oggi che una scelta del genere sia indolore sul piano dell’immagine del territorio. E si va ad affossare l’economia della Tuscia, già di suo messa male”.


Deposito scorie radioattive - Le aree idonee nel Viterbese

Deposito scorie radioattive – Le aree idonee nel Viterbese


Secondo lei, a questo punto, qual è la soluzione?
“Il governo, senza troppo clamore, avrebbe dovuto verificare i siti dove si trattano già questo tipo di rifiuti. E’ possibile che in tutta Italia non si trovano 150 ettari per fare un deposito? In territori che in qualche modo abbiano già metabolizzato il nucleare? E in Italia ci sono luoghi dove queste cose sono già state fatte. Fermo restando che il futuro dell’economia non passa per queste cose, ma per il turismo, la qualità, l’agricoltura. E’ stato dissennato buttare queste 67 aree in pasto a tutti, scegliendo luoghi con criteri poco chiari. E con il rischio di compromettere l’immagine di un intero territorio, trasformandolo in una tomba. Inoltre il deposito è solo una soluzione transitoria. Alla fine le scorie andranno messe sottoterra”.

Cosa dovrebbero fare le comunità e le istituzioni coinvolte?
“Secondo me ci deve essere un impegno concreto da parte della Regione Lazio, delle amministrazioni e delle istituzioni nel dire un ‘no’ chiaro e fermo alla sola ipotesi di voler realizzare un deposito di rifiuti radioattivi e nucleari nella Tuscia. Va poi proposto al governo di utilizzare le strutture che già svolgono questo servizio. Ci vuole un ‘no’ fermo da parte di tutta quanta la comunità, senza alcuna distinzione. E mi sembra che si stia andando in questa direzione. Servirebbe a questo punto una mozione della Regione Lazio”.


Scorie nucleari

Scorie nucleari


Ultimamente la Tuscia è diventata sempre di più oggetto di grandi investimenti e su tutti i fronti, dalle energie rinnovabili alle infrastrutture. Un nuovo modello economico dove il pubblico si sta mano mano ritirando da tutto, mentre la grande proprietà, le grandi società e la grande distribuzione giocano un ruolo sempre più importante. Lei che ne pensa?
“Serve un’economia diversa. Dobbiamo pensare a una vera e propria rivoluzione dei processi produttivi. Non c’è più questa economia di consumo di tutto. E’ finita. Serve altro. Servono qualità e turismo. E serve investire sulle nuove generazioni offrendogli la possibilità di restare su un territorio. Purché questo territorio non subisca una ferita così profonda. Cosa che un deposito di rifiuti radioattivi e nucleari gli può procurare. L’immagine oggi, sul mercato globale, è tutto. E basta poco per distruggerla”. 

Daniele Camilli


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