Montalto di Castro – “La democrazia si esercita facendola valere”. Il messaggio dell’assemblea on line di ieri sera. Per “dire no alle scorie radioattive a Montalto di Castro e nella Tuscia”. Organizzata dall’associazione Orizzonte. La proposta invece, accolta un po’ da tutti, è di Greenpeace Italia. A sintetizzarla, al termine dell’incontro, il segretario regionali di orizzonte, Stefano Sebastiani.
Scorie nucleari
“L’idea di Greenpeace – ha detto Sebastiani – è quella di uno o più depositi da costruire nei siti già contaminati dal nucleare. Una scelta simile può essere utile anche per la zona d’Italia che dovrà accoglierlo. In questo modo verrebbero stanziati anche i finanziamenti per risanare il territorio e al tempo stesso la situazione non verrebbe peggiorata. E non si capisce perché il progetto del governo abbia escluso questa possibilità”.
Assieme a Sebastiani e al il direttore di Greenpeace Italia Giuseppe Onufrio, tra gli altri, anche la segretaria generale della Cgil Lazio nord, Stefania Pomante, l’assessora comunale alla cultura e al turismo di Montalto Silvia Nardi e i rappresentanti del circolo locale del Pd.
Il direttore di Greenpeace Italia Giuseppe Onufrio
“No alle scorie radioattive a Montalto e nella Tuscia”. Il titolo dell’incontro. La questione è quella del deposito di rifiuti radioattivi e nucleari da individuare in uno dei 67 siti idonei descritti nella mappa della società Sogin, incaricata dal governo di metterla nero su bianco, resa nota più di un mese fa. Inizialmente i giorni per presentare le osservazioni, da parte di amministrazioni, enti e associazioni, erano 60. Scadenza 5 marzo. Poi il governo ha allungato i tempi di altri 120 giorni. Periodo durante il quale i territori devono provare ad organizzarsi e smontare la decisione dell’esecutivo.
“Non esiste una soluzione alla questione dei rifiuti nucleari – ha detto Onufrio nel suo intervento -. I paesi che hanno questa eredità velenosa affrontano una lunga transizione per capire dove questi materiali possono andare a finire. Il totale dei rifiuti che ci sono già, e che verranno generati in futuro, raggiunge i 95 mila metri cubi. 17 mila di questi sono a media e alta radioattività. Rifiuti che a un certo punto dovrebbero essere collocati in un deposito geologico. La data di scadenza della media e alta radioattività è di 10 mila anni. Come dire, mai. I rifiuti a bassa radioattività vanno in decadimento dopo 300 anni”.
Deposito scorie radioattive – Le aree idonee nella Tuscia
Un periodo di tempo definito anch’esso da Onufrio “lunghissimo”. “E’ come se il regno d’Italia – ha commentato infatti Onufrio – al momento dell’Unità, poco più di 160 anni fa, avesse preso la decisione di impiantare sul territorio nazionale un deposito di rifiuti radioattivi. Trascorsi più di 150 anni saremmo ancora a metà del percorso. Ma nel frattempo, in mezzo, ci sarebbero stati anche un altro pezzo di Risorgimento, due guerre mondiali e una guerra fredda”.
“E’ necessaria una lunga transizione prima di trovare la soluzione più idonea – ha poi concluso Onufrio -. Nel frattempo le scorie nucleari vanno gestite in situ, cioè laddove sono state prodotte”.
Il deposito nazionale di rifiuti radioattivi e nucleari occuperà 150 ettari di terreno in una delle 67 zone specificate nella mappa pubblicata dal governo. Ventidue di queste si trovano nella Tuscia e coinvolgono 14 comuni tra Monti Cimini e Maremma. In zone rurali importanti dal punto di vista storico, turistico e ambientale. Zone ricche d’acqua e dove 50 anni fa c’è stato un terremoto che ha letteralmente distrutto la città di Tuscania.
Viterbo – Stefania Pomante della Cgil
“Un territorio pieno di complicazioni – ha esordito la segretaria generale della Cgil, Stefania Pomante – che vanno anche al di là della presenza di un importantissimo patrimonio storico. Problemi legati alla viabilità e alla presenza di numerose fonti d’acqua. Inoltre sembra che la regione Lazio abbia tuttavia approvato 5 ordini del giorno. Cosa che fa pensare che anche la regione si schiererà contro il deposito. Una contrarietà che è possibile riscontrare ovunque, su tutto il territorio. Una contrarietà che i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno manifestato fin da subito”.
L’assessora alla cultura e al turismo di Montalto di Castro Silvia Nardi
In Italia gli impianti riconducibili al nucleare sono in tutto 24. Gli operatori sono invece 13, i principali 4. Sogin Spa, 10 impianti gestiti, Deposito Avogadro Spa (1 impianto), Enea Nucleco (3) e Centro comune di ricerca (Ispra-Va) della commissione europea. Va poi considerato il reattore di ricerca Rts-1 “Galileo Galilei” del Centro interforze studi per le applicazioni militari (Cisam) a Pisa gestito dall’amministrazione della Difesa.
La Sogin gestisce 10 impianti, costruiti tra la seconda metà degli anni ’60 e gli inizi degli ’80, al cui interno ci sono ancora circa 60 mila metri cubi di rifiuti. Oltre 50 mila sono a bassa intensità e quasi 9 mila a media.
Per quanto riguarda poi la presenza di rifiuti radioattivi in Italia, il grosso è concentrato nella regione Lazio con 9284 metri cubi, seguita dalla Lombardia (6147) e dal Piemonte (5605). Mentre, lungo tutto lo stivale, sono 19 le installazioni industriali sottoposte a bonifica. 15 in Lombardia, 2 inVeneto e 2 in Toscana. Non solo, ma i rifiuti radioattivi crescono quasi dappertutto. Nel 2019 si è registrato un aumento in Emilia Romagna (+ 272 metri cubi), Basilicata (+ 147), Piemonte (+ 99) e Campagna (+ 3).
Nettamente contraria al deposito nazionale anche la giunta comunale di Montalto. “No al deposito – ha detto l’assessora Nardi -. Per Montalto, turismo e agricoltura sono fondamentali. E la presenza di un deposito di scorie radioattive sul nostro territorio avrebbe conseguenze devastanti”.
Daniele Camilli