Viterbo – Un allevamento dove polli, tacchini e galline hanno la possibilità di razzolare tutto il giorno, dall’alba al tramonto, in piena libertà. Questa è l’azienda agricola San Bartolomeo, dislocata in varie sedi nella Tuscia su un totale di 500 ettari di terreno. A occuparsi dell’attività è la famiglia Marsan e in particolare Virginia, suo padre e sua sorella.
Viterbo – Virginia Marsan
Entrando nell’azienda non si può non notare la distesa di animali che vive indisturbata, tra olivi e casette. A limitarli soltanto il perimetro della proprietà. Virginia Marsan fa gli onori di casa e racconta la San Bartolomeo. Nei suoi occhi passione, consapevolezza e determinazione.
La passione per questo tipo di lavoro. “Mi occupo a tempo pieno dell’azienda da una ventina di anni – spiega -. Prima pensavo anche all’altra attività di famiglia, poi sono stata assorbita da questo mondo. Sono innamorata del mio lavoro. Non potrei fare altro”.
La consapevolezza di investire in un’attività piena di responsabilità ma anche ricca di soddisfazione. “Questo è un lavoro che non ti inventi da un giorno all’altro – aggiunge -, ci sono tante accortezze da rispettare. Seguiamo gli animali in tutto il loro ciclo di vita. Lavoriamo per dare un buon prodotto finale al cliente”.
La determinazione di chi non vuole fermarsi. “Abbiamo diversi punti vendita – conclude -. La nostra intenzione è quella di ingrandire il negozio che si trova a Viterbo. Inoltre produciamo anche olio e vogliamo iniziare una vendita all’estero, a Londra e in America”.
Viterbo – I polli nell’azienda San Bartolomeo
Virginia, come e quando nasce l’azienda? E di cosa vi occupate?
“L’azienda è nata da un’idea di mio padre. La nostra famiglia ha origini francesi, da parte di mia madre, e Dalmate, da parte di mio padre. Tutto è iniziato per scherzo: ogni volta che andavamo in Francia, mia nonna ci cucinava il famoso Poulet de Bresse e mio padre rimaneva estasiato. Per questo motivo decise di aprire un’azienda. Papà ha iniziato con l’allevamento di galline Marans, una razza poco diffusa e caratterizzata dal piumaggio nero. Le sue uova sono molto scure e dal guscio resistente. Poi con gli anni abbiamo inserito i polli e i tacchini.
L’attività è nata tra il 1994 e il 1995 con una sede a Capalbio, poi ci siamo spostati a Vetralla dove abbiamo comprato un terreno di circa 100 ettari. Con il tempo ci siamo ingranditi acquistando vari terreni dislocati nell’area della Tuscia. Ad oggi le nostre aziende coprono in totale un’area di circa 500 ettari e a fare capo è la sede delle Teverina dove c’è la macellazione. Abbiamo voluto organizzare il lavoro su terreni poco distanti tra di loro per evitare tragitti lunghi nei trasporti e privilegiare così il benessere degli animali”.
Da quanto ti occupi dell’azienda?
“Mi occupo a tempo pieno dell’azienda da una ventina di anni. Prima pensavo anche all’altra attività di famiglia, che è quella dell’abbigliamento. Poi sono stata assorbita da questo mondo. Mio padre ha sempre avuto la passione per la campagna e me l’ha trasmessa. Sono innamorata del mio lavoro. Mi piace vedere la gente che apprezza i nostri prodotti. Non potrei fare altro.
Le giornate non sono mai monotone, sono sempre una diversa dall’altra. La sveglia suona sempre a un orario diverso. C’è il giorno che mi sveglio alle 4 del mattino e il giorno che inizio alle 6.Tanto dipende anche dal tempo. La sera mio padre guarda le previsioni e organizza la giornata con i dipendenti.
Questo è un lavoro che non ti inventi da un giorno all’altro, ci sono anche tante responsabilità e accortezze da rispettare. Per farlo ci vuole passione e bisogna tenere a mente un obiettivo: Lavoriamo per dare un buon prodotto finale al cliente”.
Che tipo di allevamento è il vostro? E quali sono gli animali che vivono in azienda?
“Il nostro è un tipo di allevamento che si può definire libero. Qui gli animali sono liberi di razzolare tutto il giorno, dall’alba al tramonto. Non hanno limitazioni, se non quelle imposte dal perimetro dell’azienda.
Alleviamo polli, tacchini e galline. In particolare la nostra azienda è conosciuta per l’allevamento di polli a collo nudo, una razza poco conosciuta, specialmente 25 anni fa. Noi prendiamo il pulcino di 1 giorno in Francia e poi lo seguiamo per tutto il suo ciclo di vita. Questa razza si trova anche in Italia, ma in Francia è molto più diffusa.
Il pollo a collo nudo è particolarmente adatto per un tipo di allevamento libero. È una razza ruspante che deve essere lasciata libera di razzolare tutto il giorno. Noi la mattina apriamo gli ugelli delle casettine e il pollo può uscire o rimanere all’interno. La sera richiudiamo gli augelli e sono loro a tornare nella casette, da soli e in automatico quando inizia il tramonto. Abbiamo diverse casette per un numero massimo di polli, ma tra le casette non c’è una divisione. I polli possono anche mischiarsi tra loro, ma poi ognuno sa riconoscere qual è la sua casa. Come accortezza c’è quella di raggruppare i polli più o meno della stessa età per farli stare vicini tra loro e quella di incentivarli ad uscire, soprattutto all’inizio quando sono piccoli, posizionando alcune mangiatoie all’esterno”.
Quanti polli avete per casetta?
“Ogni casetta ha dai 3mila a 4mila polli. Poi la divisione cambia se il gruppo è formato solo da maschi, femmine o gruppo misto. Un insieme costituito solo da polli maschi sarà più piccolo numericamente. Poi molto dipende anche dal tipo di mercato che abbiamo in quel determinato periodo”.
Ma gli animali fin da subito sono liberi di razzolare all’aperto?
“Non fin da subito. Il nostro pollo ha una vita di circa 120 giorni. Il suo periodo di svezzamento dura circa 30 giorni e perciò il pulcino rimane dentro la casetta per tutto questo periodo. Poi apriamo un parchetto laterale alla casetta, di circa 100 metri quadrati, che è recintato e lì il pulcino rimane 15 giorni. In questo periodo comincia a conoscere il terreno, evita di perdersi e si abitua a rientrare nella casetta. Viene messa anche una mangiatoia esterna per stimolarli ad uscire perché per loro sono le prime uscite. Dopo questi 15 giorni il pulcino può essere libero di razzolare in tutto il suo campo”.
E poi ci sono i tacchini…
“Con i tacchini, che alleviamo da circa 10 anni, il discorso è un po’ diverso. Il tacchino è infatti un animale particolarmente delicato e necessita di speciali accortezze. Per loro organizziamo un periodo di svezzamento diverso rispetto al pollo perché il tacchino è animale che tende molto ad ammassarsi. Perciò, quando sono piccoletti, facciamo dei cerchi nelle casette per fare delle piccole divisioni in gruppi da 200 o 250 tacchinotti. Rimangono dentro questi cerchi per 30 giorni, altrimenti soffocherebbero. Poi c’è anche per loro il periodo del parchetto per 15 giorni e in ultimo sono completamente liberi”.
Avete anche le galline Marans?
“Abbiamo iniziato ad allevare le galline Marans e poi abbiamo inserito anche la Livornese Rossa e la Livornese Bianca. La prima è quella che fa le uova “classiche”, ossia quelle rosa. La seconda è quella che fa le uova dal guscio bianco.
Con le galline cambia il tipo di allevamento. I polli hanno all’incirca 4 mesi di vita, le galline di più.
Negli allevamenti intensivi le galline hanno un ciclo di vita di circa un anno, e vengono addirittura forzate a fare due uova al giorno; le nostre invece hanno un ciclo di vita di circa due anni e mezzo.
Nella casetta viene fatta una particolare divisione: Si aprono gli augelli sempre da un solo lato per circa 4 mesi e poi si inverte il lato per altri 4 mesi. Si continua così per due anni e mezzo ed è una scelta che da un lato permette all’animale di cibarsi dell’erba e dei vermicelli e dall’altro dà alla natura il tempo di rigenerarsi e all’erba di ricrescere”.
Non è pericoloso per gli animali avere così tanto spazio a disposizione?
“L’unico pericolo qui sono le volpi, le faine e i cinghiali. Per questo abbiamo i nostri maremmani che sono circa un centinaio tra tutte le sedi dell’azienda”.
Cosa mangiano gli animali?
“Con questo tipo di allevamento gli animali sono liberi di mangiare tutto ciò che trovano nel terreno. Si nutrono quindi di erba, sassolini e vermicelli. I sassolini li aiutano a far lavorare l’intestino, l’erba è fonte di vitamine e poi vanno matti per le olive. Anche per questo abbiamo olivi in tutta l’azienda. Questo tipo di alimentazione viene integrata con il mangime, che per la maggior parte è prodotto da noi.
Praticamente gli animali hanno un’ampia libertà di movimento che gli permette di avere sempre cibo a disposizione. Il disciplinare biologico prevede 4 metri a pollo e noi invece ne diamo dai 12 ai 14 metri. Questa è stata una delle motivazioni per cui siamo voluti uscire dalla certificazione biologica, per quanto riguarda il pollo e il tacchino. Con le uova e l’olio siamo invece rimasti bio”.
Sul piano gastronomico, della qualità delle carni e del loro sapore cosa cambia, con questo tipo di allevamento?
“Cambia il sapore stesso della carne. Gli animali sono sempre in movimento e questo va ad incidere sul tipo di carne che è più soda, più attaccata all’osso, più saporita. Poi il pollo a collo nudo ha una qualità della pelle molto fina.
Negli allevamenti intensivi il classico pollo è quello broiler che ha un grosso petto perché spesso viene modificato. Nel broiler due terzi del peso sono sul petto. I nostri polli hanno invece un petto che va da i 3 etti ai 3 etti e mezzo ed è praticamente un terzo/un quarto del peso del pollo. Solitamente si modifica il pollo per fargli sviluppare il petto perché è quello che si vende di più dal momento che la gente pensa sia la parte più magra. Noi però prima del commercio guardiamo alla qualità.
Il pollo ha tantissime parti magre. Per esempio i nostri polli hanno le ali particolarmente asciutte proprio perché sono in continuo movimento. Comunque la nostra azienda macella in base agli ordini e cerco sempre di non scartare nulla. Dove ho un esubero in macellazione compenso con i preparati per i punti vendita. Devo dire comunque che il macellaio ci aiuta sotto questo aspetto perché parla con il cliente, lo consiglia e lo aiuta a capire cosa comprare e perché”.
Quanti polli e tacchini allevate e commercializzate in un anno?
“In un anno vendiamo dai 30mila a 50mila polli. A settimana invece siamo sui 7mila. Il tacchino sta crescendo come richiesta, ma non è costante. Non è stabile neanche la produzione perché è particolarmente delicato e alle volte abbiamo una carenza. Nelle nostre aziende ogni fase dell’allevamento viene condotta secondo i tempi dell’animale, aspettando la loro crescita. Se non lavori in questo modo perdi la qualità”.
Voi praticamente vi occupate di tutta la filiera dell’allevamento?
“Nei nostri terreni c’è tutta la filiera: allevamento, frantoio, biogas, macello, negozi, clienti. Ci occupiamo a chilometro zero di tutta la produzione. Però c’è tanta soddisfazione perché sappiamo cosa vendiamo. È un bell’impegno, ma sai sempre cosa offri al cliente.
C’è richiesta di carni derivanti da questo tipo di allevamento? A parte questa annata strana per il Covid, possiamo dire che il lavoro sta crescendo. Aumenta anno dopo anno”.
Quanto e come la pandemia ha inciso sul vostro mercato?
“C’è stato un periodo di richiesta alta del prodotto, più di quanto ne avevo a disposizione. È successo nel primo momento di diffusione del Covid-19 quando le persone sono rimaste a casa per il lockdown e hanno iniziato a cucinare molto. In generale fino a un mese fa c’era tanta richiesta e non riuscivamo a soddisfarla tutta. Ora il lavoro è un po’ crollato. La richiesta è riscesa a quello che più o meno mi chiedevano prima del Covid. Il calo l’ho notato nei punti vendita e con i clienti al momento dell’ordine. Un trend un po’ generico in tutte le regioni.
Nei mesi passati abbiamo inoltre incontrato delle difficoltà per prendere i polli dalla Francia, soprattutto durante la quarantena di marzo. Non si riusciva a far passare i camion perché c’era il blocco tra Francia e Italia. Ci sono stati viaggi in cui abbiamo avuto problemi e altri in cui ci hanno fatto passare perché comunque il pollo è cibo, un bene di prima necessità.
Anche molte aziende francesi si sono ritrovate in difficoltà e non riuscivano a fornirci i pulcini. In molti mattatoi si sono riscontrati tanti casi di contagio. Nella parte della spiumatrice viene infatti diffuso del vapore e rischi di disperdere il virus, se c’è, in tutto l’ambiente.
Nel nostro mattatoio non abbiamo avuto contagi perché devo dire che sono un po’ maniacale sul discorso prevenzione. Fin da subito, già da quando si parlava della diffusione del un virus in Cina, ho distanziato il personale e per farlo ho anche aumentato le macellazioni. Chiaramente sono aumentati i costi, ma non potevo rischiare di danneggiare il personale. In determinati ambienti faccio indossare anche le maschere, del tipo di quelle antigas. Nella sala taglio, dove le temperature sono basse e c’è meno possibilità di diffusione di un eventuale virus, faccio mettere le mascherine ffp2.
Inoltre noi da sempre usiamo le maschere chirurgiche, da 25 anni e in ogni ambiente”.
Producete anche olio?
“Sì, anche olio. Quando compriamo un terreno la prima cosa che facciamo è piantare gli ulivi. Questo è importante anche per gli animali perché si nutrono anche le olive.
Per quanto riguarda l’olio vorremmo partire al più presto con una vendita all’estero a Londra e in America. Quest’anno è stata un’ottima annata per l’olio, in realtà sono tre anni che abbiamo una buona produzione”.
Come è il rapporto con i dipendenti?
“Abbiamo un rapporto ottimo con tutti. In totale sono circa 80. Con noi lavorano molti indiani e rumeni. Sono pochissimi gli italiani che vogliono fare questo lavoro. Alcuni dei miei dipendenti vivono in azienda, d’altronde abitare vicino all’azienda ti facilita negli orari. Inoltre questo è un mestiere dove non esistono le domeniche o le feste”.
Quali sono le vostre sedi?
“Abbiamo 2 aziende a Vetralla e 2 a Marta. Sulla Teverina c’è il laboratorio per la lavorazione delle carni. Poi ci sono i punti vendita: a Viterbo, a Milano, a Prato. A Roma siamo sulla Cassia Bis e a piazza Mazzini. Un nostro ex dipendente ha anche aperto un punto vendita di nostri prodotti al Mercato Trionfale. Comunque non ci vogliamo fermare. La prossima idea è quella di ingrandire il punto vendita di Viterbo”.
Maurizia Marcoaldi
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