Il cassonetto di via Solieri dove è stato ritrovato il feto – Nel riquadro la madre
Viterbo – (sil.co.) – Feto nel cassonetto, alle ultime battute il processo all’infermiere accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere in concorso con la madre. Vittima una bambina nata settimina il 2 maggio 2013 in un appartamento del quartiere di San Faustino, il cui cadavere è stato abbandonato poco dopo tra i rifiuti.
Al via oggi davanti alla corte d’assise presieduta dal giudice Ettore Capizzi la discussione del processo a Graziano Rappuoli.
E’ l’infermiere sessantenne di Tuscania all’epoca in servizio all’ospedale di Belcolle, che ha procurato la ricetta del farmaco “abortivo” Cytotec a Elisaveta Alina Ambrus e poi l’ha accompagnata al pronto soccorso quando è stata colpita da un’emorragia post partum, fermandosi al cassonetto di via Solieri, al Salamaro, dove la ballerina all’epoca 24enne si è disfatta del corpicino della piccola.
Il primo a parlare sarà il pm Pacifici
Il primo a parlare sarà il pubblico ministero Franco Pacifici, titolare dell’inchiesta.
Subito dopo il rinvenimento del feto tra i rifiuti, il reato fu qualificato dal gip come soppressione e occultamento di cadavere. Solo dopo un lungo braccio di ferro tra accusa e difesa, il pm Franco Pacifici, nel 2014, ottenne dalla cassazione la riqualificazione in omicidio volontario e occultamento di cadavere in concorso. Con la conseguente richiesta di arresto, a distanza di oltre un anno, sia della madre, sia dell’infermiere, inizialmente indagato a piede libero, quest’ultimo rimasto per un mese ai domiciliari nell’estate 2014.
Il pm Franco Pacifici
Condannata in via definitiva a 5 anni la madre
La donna, difesa come Rappuoli dall’avvocato Samuele De Santis, è stata condannata in via definitiva a cinque anni in appello l’8 febbraio 2018. Pena che starebbe scontando in un carcere di Londra dove è stata rintracciata a settembre del 2018. In primo grado era stata condannata a dieci anni con l’abbreviato, ma i giudici di secondo grado hanno riqualificato il reato in feticidio come chiesto dalla difesa.
La difesa ha fatto leva sullo stato di abbandono materiale e morale della madre. Dall’Italia la Ambrus se ne è andata senza più fare ritorno a novembre 2013, scaduti i sei mesi di custodia cautelare preventiva in carcere.
L’imputato, il cui interrogatorio era previsto lo scorso 23 febbraio, ha rinunciato all’esame. Durante l’udienza, nel corso della quale sono stati sentiti i periti nominati dal tribunale sugli effetti del Cytotec (“Non è stato il Cytotec a uccidere la bimba, ma la condotta della madre”), De Santis ha ricordato come la 31enne, tra il 2012 e il 2013, lavorasse come intrattenitrice al night club del Poggino, sequestrato il 12 gennaio di tre anni fa dopo l’arresto per sfruttamento della prostituzione dei titolari, marito e moglie, che, secondo l’accusa, avrebbero spinto le dipendenti a fornire servizi extra ai clienti. La coppia ha poi patteggiato condanne a un anno e otto mesi ciascuno. Una sentenza che potrebbe essere acquisita dalla corte d’assise.

