Viterbo – “Finalmente uno spiraglio di luce in fondo al tunnel. E’ arrivato il momento di ricominciare”. Vanessa Sansone, Mario Di Dato, Rosita De Prisco e Barbara Sanna stanno tutti dietro a un bancone. Tutti a Viterbo, in via Cavour. Chi di un bistrot, chi di un ristorante, chi all’ingresso di un teatro e chi di un bar. Tutti, come tanti, in attesa di vedere cosa succederà dopo il 25 aprile, festa della liberazione. 76 anni fa, dal nazifascismo. 76 anni dopo, dalle restrizioni delle zone rosse e arancioni per contenere la diffusione del Covid.
Viterbo – Mario Di Dato di O’ Sarracino
Dal 26 aprile il governo di Mario Draghi ha infatti deciso che nelle zone gialle, e il Lazio è una di quelle, i ristoranti potranno riaprire all’aperto, anche a cena. Nelle regioni gialle si potrà ripartire anche con le altre attività di sport e spettacolo.
Una città, Viterbo, che inizia a sgranchirsi le ossa in vista del risveglio. Dopo settimane di stop, e un anno di stop and go. Arrivato alla fine di un decennio di crisi. Il peggiore per quanto riguarda il commercio e le attività economiche del centro storico in generale.
Viterbo – Corso Italia
“Le settimane passate – dice Barbara Sanna del Caffè Cavour – lasciano in eredità una situazione catastrofica. Macerie. La gente è poca, pochissima. Bere il caffè per strada da soli non è una situazione ideale. La speranza è che si torni al più presto alla normalità. Per poter lavorare, perché questo non è lavorare”.
“L’asporto – prosegue Sanna – ha funzionato poco, pochissimo. Il caffè nel bicchierino di plastica non piace a nessuno. Poi adesso la gente esce più tardi la mattina. Il pomeriggio poi non c’è praticamente nessuno. E si cerca di andare avanti così. Certo, se non si torna a breve a una situazione semi normale non ce la facciamo”.
Viterbo – Giuseppe Berardino e Vanessa Sansone del Bistrot del teatro
Per strada, ieri pomeriggio, era pieno di gente. Un fiume in piena lungo tutto il Corso, via Marconi, Sacrario e i quartieri attorno. In tutto il centro. Quasi tutti con la mascherina. E un evidente senso di liberazione ad accompagnarne il passo. Senza distinzione alcuna. Età, classe sociale e nazionalità incluse.
“Le riaperture sono uno spiraglio di luce in fondo al tunnel – dice Vanessa Sansone del Bistrot del teatro -. Adesso stiamo ragionando sui vincoli della riapertura, ma è un minimo di ritorno alla vita normale. Siamo contenti”.
Viterbo – Via Cavour
“Resistere – aggiunge poi Sansone – è stato durissimo. Quando abbiamo saputo della zona arancione pensavamo di non riaprire- Alla fine però abbiamo deciso di tenere aperto. Per dare continuità all’attività e al tempo stesso per una questione psicologica. E ha fatto la differenza rispetto al restarsene a casa”.
Una situazione che va avanti da più di un anno e che, tra apri e chiudi, una zona e poi l’altra, sta lentamente rasentando una vera e propria crisi di nervi. Un salto nel vuoto.
Viterbo – Mario Di Dato di O’ Sarracino
Dal 26 possono riaprire anche i teatri. A metà capienza. Al Bistrot ce ne è uno, il secondo della città, dopo l’Unione. Fermo ormai da più di un anno.
“Stiamo cercando di capire – dice Giuseppe Berardino del Bistrot – come poter organizzare delle iniziative sostenibili. Vogliamo comunque ripartire appena si può. Stiamo anche ragionando con un gruppo di clienti e artisti locali per festeggiare la riapertura dei teatri. Una serata di musica e parole in supporto e solidarietà con i lavoratori del teatro. Nel pieno rispetto della normativa anti Covid”.
Viterbo – Barbara Sanna del Caffè Cavour
“La chiusura del teatro – aggiunge Sansone – è stata una vera e propria menomazione. Non abbiamo potuto lavorare al 100%. Il teatro è parte integrante del Bistrot. E’ stato anche un impoverimento intellettuale. E sentiamo proprio per questo la necessità di riprendere l’attività il prima possibile. E’ arrivato il momento di ricominciare.
Viterbo – Rosita De Prisco di O’ Sarracino
“Speriamo sia una vera e propria riapertura, l’inizio del ritorno alla normalità. La paura è restare di nuovo fermi come è successo in questi mesi”. Mario Di Dato e Rosita De Prisco sono marito e moglie. Da sei anni hanno aperto il ristorante pizzeria O’ Sarracino lungo via Cavour. Qui, prima del Covid ci lavoravano 11 persone. Adesso sono rimasti in 5. Dal 26 potranno riaprire anche a cena, all’aperto. Dopo mesi.
“Non avere un rapporto con la gente e vivere nell’incertezza – ha poi detto Di Dato – per noi e per chi lavora con noi. Questa è stata la cosa peggiore. Stare chiusi ha inoltre significato rimandare tanti progetti. Alcuni lavoratori hanno resistito assieme a noi, altri invece hanno iniziato a guardarsi intorno perché le loro famiglie avevano bisogno di certezze, così come le nostre”.
Viterbo – Corso Italia
Infine l’asporto. “Nella prima fase – ha concluso Mario Di Dato – è andato discretamente bene. Ci sono state un po’ di difficoltà perché non eravamo pronti, ma c’è stata anche una buona risposta. Da ottobre in poi c’è stato un lavoro nettamente minore. E i numeri sono stati notevolmente più bassi. Le persone si sono stancate di mangiare nei contenitori di asporto”.
Daniele Camilli
Fotogallery: Verso le aperture del 26 aprile
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