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Bomarzo - Lo fa sapere il gruppo consiliare Cambiamo: "Un primo risultato per la salvaguardia del territorio"

“L’impianto fotovoltaico a Marcolino sarà ridotto di 9 ettari”

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Bomarzo

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Bomarzo – Riceviamo e pubblichiamo – Il gruppo consiliare Cambiamo di Bomarzo-Mugnano informa del primo risultato ottenuto. In seguito alla seconda conferenza dei servizi dell’area Via – Valutazione di impatto ambientale della regione Lazio, tenutasi il 20 aprile 2021 e che riguarda la costruzione di un impianto fotovoltaico in località Marcolino, la società proponente ha modificato il progetto sottoponendolo nuovamente a procedura di Via, anche in seguito alle istanze da noi presentate agli organi competenti.

La stessa ha infatti evidenziato che saranno installati 99,4116 Mwp invece degli originari 100,13 Mwp, su una superficie recintata di 83 ettari invece degli originari 92,1: una riduzione di ben 9 ettari.

Ciò conferma che se il gruppo Cambiamo non fosse intervenuto nel merito, lo scempio sul nostro territorio sarebbe stato maggiore.

Un altro risultato, ottenuto sotto la nostra spinta, è stata la sospirata pubblicazione all’albo pretorio del comune (16 aprile 2021, a trenta giorni esatti
dalla nostra richiesta), delle Pec inviate dall’area Via della regione Lazio.

Ora, con riferimento all’impatto sul territorio e alla modificazione del suolo, la società proponente sostiene che dal punto di vista agricolo-ambientale l’impianto fotovoltaico comporterebbe un beneficio diretto derivante dalla riduzione di input energetici ausiliari (fitofarmaci, concimi, agrochemicals,
ecc). Noi non condividiamo questa affermazione, poiché l’agricoltura fa parte del settore primario, di conseguenza è di cruciale importanza per la crescita economica del nostro Paese: il lavoro quotidiano di tanti imprenditori agricoli è un elemento importante per il nostro Pil.

Inoltre, esiste una Politica agricola comunitaria (Pac) post 2020, che favorisce incentivi alle aziende agricole che sono virtuose dal punto di vista ambientale. I finanziamenti previsti dalla Pac promuovono misure indirizzate alla conservazione della biodiversità e del paesaggio, alla gestione sostenibile delle acque, alla riduzione dell’inquinamento dell’aria e del suolo.

Così come altrettanto importanti sono gli incentivi per il presidio delle aree rurali e gli aiuti alle aziende situate in zone soggette a vincoli naturali: piccole aziende agricole, famigliari e virtuose, la cui vocazione è farsi custodi e promotori culturali del proprio territorio. L’agricoltura intesa come stile di vita, come patrimonio, come identità culturale e antico patto con la natura, non ha prezzo.

Considerato che la regione Lazio eroga fondi europei e fornisce altri strumenti per favorire un’agricoltura sostenibile e in armonia con l’ambiente, i
terreni agricoli coinvolti potrebbero perseguire quegli obiettivi, riducendo così l’uso di fitofarmaci e altri concimi chimici.

In un articolo apparso sul quotidiano online Tusciaweb, il Gruppo impianti solari (Gis) ha affermato che “l’installazione degli impianti non intacca in
alcun modo il suolo ed è compatibile con attività di pastorizia”. La verità è che, in caso di realizzazione dell’impianto, i terreni agricoli verrebbero impoveriti di ben 20 centimetri di strato organico per un fotovoltaico che sottrarrà migliaia di metri cubi di terra.

La creazione dei cosiddetti “parchi fotovoltaici” comporta un consumo importante di suolo, il quale non è immediatamente restituibile alla natura o
all’agricoltura una volta che l’impianto sia stato smantellato; senza tenere conto del consumo di spazio, che è un bene preziosissimo nei nostri territori.

Emerge, per giunta, una contraddizione di fondo: quella di ricorrere a una fonte energetica rinnovabile impoverendo in misura importante 83 ettari di
suolo, che al contrario non è una risorsa rinnovabile.

Un’ulteriore considerazione merita l’impatto sull’ecosistema e sul paesaggio, “spezzati” da ettari di filari di pannelli al di sotto dei quali, nel migliore dei casi, ci può essere un prato nel quale però la biodiversità sarà sicuramente ridotta. Sarebbe anche catastrofico per il turismo, perché annullerebbe il fascino che il territorio della Tuscia ha sempre esercitato su chi l’ha visitato. L’impatto visivo sarebbe infatti devastante, a scapito della riserva e del paesaggio, e penalizzerebbe moltissimo la nascita e lo sviluppo di un adeguato programma turistico-economico.

La riserva di Monte Rufeno, per esempio, da decenni fornisce lavoro diretto a decine di famiglie, e lavoro indiretto a tutto il comprensorio.

Ancora una volta, per approfittare di esigui e dubbi vantaggi economici, lasciamo una pesante eredità alle generazioni future, manifestando mancanza
di rispetto nei confronti del bene comune. E noi, per concludere, vogliamo ripetere che a fronte di un guadagno di circa 2 milioni di euro che andrà alla società, Bomarzo ha pattuito in cambio come ‘compenso’ circa 180mila euro in venti anni. Rendiamoci conto.

Giovanni Lamoratta
Laura Giovanna Pandimiglio

Mario Di Gregorio
Consiglieri comunali Bomarzo


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30 aprile, 2021

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