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“Non faceva il provolone con la barista, era il fidanzato ad essere geloso”

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Fabrica di Roma – (sil.co.) – “L’avventore non faceva il provolone con la barista, era il fidanzato ad essere geloso”. Tra i due rivali è finita a bottigliate. Imputati di stalking, lesioni e minacce padre e figlio. 

Secondo l’accusa, per difendere la compagna barista da un avventore settantenne che faceva il “provolone”, si sarebbe beccato una bottigliata in testa, finendo in ospedale con una prognosi di venti giorni. Ma per la difesa quello geloso e irascibile non sarebbe stato il presunto “provolone” bensì la vittima. 

I fatti risalgono al 15 novembre 2016. La storia d’amore della coppia nel frattempo si è conclusa, mentre sono tuttora a processo l’avventore settantenne e insieme a lui il figlio, che sarebbe intervenuto minacciando la presunta vittima.

L’anziano è accusato di stalking alla donna e lesioni personali aggravate nei confronti del compagno. Il figlio deve invece rispondere di minacce aggravate nei confronti della barista. Gli ormai ex fidanzati si sono costituiti entrambi parte civile.


Il tribunale di Viterbo

Il tribunale di Viterbo


Ieri ha testimoniato davanti al giudice Elisabetta Massini il titolare del locale, il quale ha detto che la barista, successivamente ai fatti, si sarebbe licenziata volotariamente, rinunciando a un contratto part-time a tempo indeterminato. Secondo l’accusa, sarebbe stata costretta a licenziarsi con le minacce. 

“Il settantenne accompagnava spesso la mia dipendente e il compagno a fare la spesa. La coppia era piuttosto litigiosa e lui era geloso dell’anziano. Inoltre tendeva ad alzare il gomito, beveva, e questo lo rendeva particolarmente irascibile. L’avventore era invece una persona tranquilla e sempre disponibile nei loro confronti”, ha detto il teste della difesa.

“Il settantenne dava fastidio alla mia ex compagna. Faceva il provolone davanti al bancone – aveva riferito in aula la vittima a marzo 2019 – io gli ho detto di smetterla e lui a un certo punto mi ha aggredito. Mi ha dato una bottigliata e poi non ricordo più nulla. So solo che sono finito in ospedale”.

“La mia assistita – ha sottolineato il difensore di parte civile Giuseppe Picchiarelli – non si è dimessa volontariamente, ma è stata costretta a licenziarsi”. 

Il difensore Mario Borrani vuole sentire altri due testimoni, titolari di un altro bar presso il quale sarebbe stata impiegata la parte offesa. Saranno sentiti il 25 novembre, giorno in cui, dopo sei anni, dovrebbe arrivare anche la sentenza. 


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