Viterbo – Lunga la lista dei terroristi condannati in Italia e accolti in Francia. Circa trecento. L’Italia a ogni vertice ne chiedeva a Parigi l’estradizione, ottenendo per lo più compunta attenzione.
Renzo Trappolini
Per decenni e fino ad oggi, quando, finalmente, i francesi hanno dato applicazione all’impegno preso con Bettino Craxi dal loro presidente Mitterand nel 1985: rimandarci cioè almeno quelli condannati per crimini di sangue.
La scrematura dei trecento ha richiesto tempi molto lunghi (troppo) e colloqui intergovernativi non sempre vivaci quanto necessario.
Così, con i governanti italiani meno politicizzati di sempre, un banchiere internazionale a palazzo Chigi e una studiosa del ramo al ministero della giustizia, dieci nostri concittadini avranno la possibilità di riconfrontarsi con i giudici del loro paese di nascita.
Possibile che tra qualche giorno ce ne dimenticheremo, perché i tribunali ed il governo francesi abbisognano ancora di un paio d’anni per timbrare il definitivo foglio di via, ma intanto i figli dei martirizzati, ormai nonni al pari di quelli che diedero il martirio ai loro padri, potranno forse vedere questi rispondere in un’aula dove è scritto, in italiano, “la legge è uguale per tutti” e dappertutto.
Questo, però, non cancella le titubanze e forse ipocrisie della politica interna ed estera dei due paesi.
Basterebbe ricordare quanto avvenuto all’Eliseo, il Quirinale dei francesi, il 15 settembre di due anni prima della promessa datata 1985.
Protagonisti gli stessi Mitterand e Craxi, il quale, con il ministro degli esteri Giulio Andreotti che l’accompagnava, “pose il problema generale dei latitanti ai quali i francesi danno ospitalità”.
La risposta allora era stata più sfuggente (diciamo così). Spiegò, infatti, il capo dell’Eliseo che” molti di essi hanno messo su famiglia e piccoli laboratori. Se qualcuno risultasse attivo – aggiunse – ce lo rispedirebbe” e Andreotti, che lo racconta nei suoi diari , non potè far a meno di replicargli che “in quel caso poteva tenerseli”.
Craxi “scandalizzato lo guardò male, mentre Mitterand sorrise e passammo ad altro argomento”.
Renzo Trappolini
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