Viterbo – (g.f.) – “La destinazione agricola non è d’ostacolo alla realizzazione d’opere finalizzate all’utilizzo della risorsa termale”. Il Bagnaccio continua a rimanere chiuso e Gabriele Scorza, uno dei gestori dell’area, si rifà alla sentenza del Tar, che impone di eliminare alcune opere realizzate, per le quali occorre il permesso a costruire, ma ne salva altre. Ma anche quelle da eliminare, facevano parte del progetto che ha vinto la gara per l’affidamento della subconcessione.
L’interlocutore è sempre l’amministrazione comunale. Interlocutore finora sordo. Con adempimenti in attesa, come l’autorizzazione allo scarico delle acque. Intanto il Bagnaccio resta chiuso, con una decina di dipendenti a rischio e migliaia di fruitori sul piede di guerra.
“Il Tar Lazio – precisa Scorza – sul presupposto della piena legittimità, validità ed efficacia giuridica del contratto di subconcessione sottoscritto tra le parti il 28 novembre 2017, ha riconosciuto il principio per cui l’attuale destinazione agricola dell’area non è d’ostacolo alla realizzazione di quelle opere strutturali minime ed essenziali aventi “carattere servente rispetto all’esercizio della sub concessione attinente alla sorgente termale”.
In altre parole il Tar ha espressamente affermato l’obbligo da parte del comune di Viterbo di dare piena e legittima attuazione agli impegni assunti con il contratto di subconcessione, permettendo ai subconcessionari di svolgere l’attività termale nei modi e termini indicati in contratto”.
Le parti contestate, invece: “Gli altri interventi che ad oggi dovrebbero essere ripristinati – osserva Federico Basili – sono tutte opere imprescindibili per lo svolgimento dell’attività, previste nel progetto presentato per l’ottenimento della subconcessione e accettato dall’amministrazione comunale, con la sottoscrizione del contratto. Per queste, il giudice amministrativo ritiene che debbano essere oggetto di permesso di costruire da parte del comune”.
I tempi sono maturi e non da oggi. “Non è più rimandabile l’avvio di un’interlocuzione che ci permetta d’attuare il progetto con il quale abbiamo ottenuto la possibilità di valorizzare l’area di nostra proprietà – prosegue Basili – massimizzandone il potenziale termale e turistico, nell’ottica di proficua collaborazione con l’amministrazione e intento comune nello sviluppo termale.
Tuttavia, a oggi, ci troviamo di fronte un’amministrazione sorda e inerme alle nostre sollecitazioni”.
L’area, per i gestori avrebbe potuto riaprire da giorni. “Tanto per spiegare la situazione – osserva Scorza – dal 15 maggio il Bagnaccio potrebbe essere aperto per legge, ma non siamo in grado, dal momento che una semplice autorizzazione allo scarico delle acque, richiesta formalmente nel lontano marzo 2020, più di 15 mesi, a oggi ancora non viene rilasciata, nonostante si tratti di una mera e banale formalità.
Allo stesso modo, nel periodo di emergenza Covid 19, la chiusura del sito è stata disposta per l’assenza di una certificazione attestante la terapeuticità dell’acqua del Bagnaccio. Certificazione che, ai sensi dell’articolo 14 del contratto di sub concessione spetta alla stessa amministrazione di Viterbo farci ottenere”.
Articoli: “Il silenzio del comune sta uccidendo il Bagnaccio, vasche chiuse e lavoratori a rischio” – “Il Bagnaccio è di nuovo in pericolo” – “Chiusura del Bagnaccio, inerzia intollerabile da parte di Arena”
Copyright Tusciaweb srl - 01100 Viterbo - P.I. 01994200564PRIVACY POLICY