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Viterbo - Pomante (Cgil), Mannino (Cisl), Turchetti (Uil): "Serve un patto di sviluppo per rilanciare la Tuscia" - Il mondo del lavoro dopo la ripartenza del 26 aprile

“Quando finirà il blocco dei licenziamenti, ci tremeranno le vene ai polsi”

di Daniele Camilli
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Viterbo – “Quando finirà il blocco dei licenziamenti, ci tremeranno le vene ai polsi”. La segretaria generale della Cgil di Viterbo e Civitavecchia, Stefania Pomante, è lapidaria. “Il mondo del lavoro è in ginocchio”, aggiunge il segretario della Cisl Fortunato Mannino. “Un anno e mezzo di pandemia, lascia i lavoratori con le ossa rotte e il territorio con una prospettiva tutta da ricostruire”, chiude infine il segretario della Uil Viterbo, Giancarlo Turchetti. La ripartenza del 26 aprile, per i lavoratori è soltanto l’anno zero. In una provincia che prima del Covid aveva già di suo tassi di disoccupazione elevatissimi. Circa il 16% quella generale, ben oltre il 40 quella giovanile.


Viterbo - I sindacalisti Fortunato Mannino, Giancarlo Turchetti e Stefania Pomante

Viterbo – I sindacalisti Fortunato Mannino, Giancarlo Turchetti e Stefania Pomante


“Per rimettere in moto la Tuscia – spiegano poi tutti e tre i sindacalisti – serve un patto per lo sviluppo che prenda le mosse dalla piattaforma firmata con istituzioni e parti datoriali lo scorso 19 dicembre in provincia, e la renda operativa”. Serve quindi “un tavolo”, chiedono le organizzazione, “che trasformi i contenuti della piattaforma in qualcosa di concreto”. “Una piattaforma – fa notare Mannino – dove manca però la firma delle organizzazioni agricole, tassello importante per il rilancio del territorio”. “Una piattaforma – aggiunge Turchetti – che spero non sia stata dimenticata in qualche cassetto della pubblica amministrazione”.

I temi affrontati dalla piattaforma: economia circolare, turismo, termalismo, industria, artigianato, infrastrutture, agricoltura, centri storici e università.

“Inoltre – fa notare Pomante – per la Tuscia è fondamentale, in un confronto con governo e regione, agganciare la ripresa valorizzando le risorse del territorio attraverso la digitalizzazione, applicata pure all’agricoltura, l’economia circolare, la transizione energetica, il porto di Civitavecchia, il turismo lento e quello termale. Occasioni che non sono mai state colte”.

Per Pomante, “se il territorio riesce ad agganciarsi a tutta una serie di riforme che dovrebbero essere messe in campo, allora è probabile che riparta. Se non ci riusciamo, il rischio è altissimo, sia in termini di sviluppo che di ricadute occupazionali”.


Lavoro

Lavoro


Nonostante ciò, per la segretaria della Cgil, i segnali che arrivano non sono confortanti. “Ad esempio, prima i rifiuti, a Viterbo e Civitavecchia, arrivavano solo da Roma. Adesso da tutta la regione. Col rischio che nel giro di pochi si arrivi alla saturazione delle discariche. Se non ragioniamo in termini di prospettive, la Tuscia è condannata all’isolamento e all’aumento dei tassi di occupazione. Tutto si gioca attorno a questa partita. E probabilmente è anche l’ultima chance che abbiamo”.


Viterbo - Stefania Pomante della Cgil

Viterbo – Stefania Pomante della Cgil


Nel breve, medio periodo c’è in ballo pure lo sblocco dei licenziamenti. In un paese ancora al bivio tra Covid e futuro. Col rischio di un ulteriore milione e mezzo di disoccupati. Cifre e prospettive che ancora sfuggono di mano. 

“Se dovessero sbloccare i licenziamenti a breve e non rinnovare più la cassa integrazione – è lo scenario che tratteggiano Cgil, Cisl e Uil – sarebbe una catastrofe. Nè più e né meno”.


Viterbo - Fortunato Mannino

Viterbo – Fortunato Mannino della Cisl


“Una cassa integrazione – aggiunge Turchetti – che andrebbe utilizzata per riqualificare i lavoratori e reinserirli nel mondo del lavoro”. Serve, il punto di vista di tutte e tre le confederazioni sindacali, “una riforma vera degli ammortizzatori sociali e delle polacche attive”.

 

“Per la Tuscia e Viterbo – sottolinea Fortunato Mannino – è fondamentale un’inversione di tendenza rispetto ad anni di immobilismo che hanno depotenziato e spopolato il territorio. A partire dal centro storico del capoluogo”.


Civitavecchia - Giancarlo Turchetti della Uil

Viterbo – Giancarlo Turchetti della Uil


I settori in crisi della Tuscia. “Uno su tutti – e tutti i segretari sindacali concordano -, quello del turismo e dell’indotto collegato. Le politiche turistiche sono fondamentali per lo sviluppo della provincia. Se viene meno il turismo, crolla un settore importante dell’economia locale. Il Covid ha fatto precipitare una situazione già precaria di suo oppure, in termini di crescita turistica, soltanto agli inizi”.

Tuttavia, ciò che manca è la programmazione. “Non c’è e forse non c’è mai stata – spiegano Pomante, Mannino e Turchetti – invece serve come il pane. Coinvolgendo tutte le parti sociali e istituzionali per uscire da questa situazione”. Un esempio, citato da tutti e tre i segretari, è il termalismo “che va interamente ridisegnato, in termini di risorse e differenziando l’offerta, anche a seconda delle possibilità economiche delle famiglie”. 

A pagare le conseguenze più pesanti della crisi c’è poi l’indotto del turismo “fatto di ristoranti – dicono i sindacalisti -, bar, strutture ricettive, il mondo del commercio, eccetera. Non c’è un settore che a cascata non ha subito pesanti conseguenze”.


Operai al lavoro

Viterbo – Operai al lavoro


Per far ripartire la Tuscia ed evitare un terremoto sociale con i licenziamenti servono inoltre le infrastrutture. Chiedono i sindacati. Il completamento della trasversale e un’area capace di interagire anche con Civitavecchia e il porto dove Cgil e Uil sono in prima linea nel chiedere una transizione alternativa rispetto a centrali che Enel e Tirreno Power vorrebbero invece a turbogas.

“Le centrali, tre lungo 20 chilometri di costa – fanno notare Pomante e Turchetti – e il territorio potrebbero invece guardare a uno sviluppo che punti su idrogeno ed eolico offshore. Cosa che avrebbe pure un’importante ricaduta occupazionale, con un migliaio di nuovi posti di lavoro. Contrariamente al turbogas che garantirebbe soltanto una quarantina di posti di lavoro rispetto agli oltre 400 che oggi conta la sola Torrevaldaliga nord”.

“La fotografia del territorio della Tuscia che viene fuori dopo il Covid – sottolinea Pomante – è quella di un allargamento delle disuguaglianze sociale, del disagio giovanile, delle disoccupazione femminile e della violenza contro le donne”.

 

“E’ fondamentale – conclude Stefania Pomante della Cgil – una progettualità che punti al rilancio. Altrimenti la situazione che troveremo dopo la pandemia sarà drammatica”.

Daniele Camilli


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10 maggio, 2021

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