Stefano Ubertini e Claudio Capotondi
Viterbo – (b.b.) – Da oggi all’università della Tuscia c’è un tesoro in più. Ad accogliere studenti, professori e visitatori all’Auditorium di Santa Maria in Gradi ci saranno sei quadri donati dall’artista Claudio Capotondi.
Lo scultore, padre dell’opera Fontanasfera che si trova dal 1992 nel quartiere Murialdo della città, ha donato sei dei disegni che lo hanno accompagnato durante la realizzazione del progetto. Realizzati tra il 1991 e il 1992, ora sono prezioso patrimonio del Sistema museale d’ateneo dell’università della Tuscia, lo Sma.
Le sei opere donate da Claudio Capotondi
“Vorrei prima di ogni altra cosa ringraziare il maestro Capotondi – ha esordito il rettore Stefano Ubertini all’inaugurazione della mostra permanente -, ringraziarlo per averci scelto. Ci prenderemo cura delle sue opere con estrema attenzione”.
Le opere, sette in tutto – di cui sei disegni e una serie di schizzi preparatori – sono collocate nel foyer dell’Auditorium dell’università.
“La donazione dell’artista – ha spiegato Laura Zucconi, neo eletta direttrice dello Sma -, costituisce un importante arricchimento culturale e artistico sia per la rete contemporanea del sistema museale di ateneo che per la città di Viterbo, dove è collocata l’opera Fontanasfera per la quale tali disgeni e schizzi progettuali furono realizzati”.
Claudio Capotondi
“Questi disegni – ha spiegato l’artista Capotondi, nato a Tarquinia nel 1936 -, rappresentano alcune delle fasi di realizzazione di un’opera, Fontanasfera, che è stata finanziata dalla regione Lazio e donata successivamente al comune di Viterbo. Inaugurata nel 1992, si trova ancora nel cuore del quartiere Murialdo. Spiace però dover sottolineare – ha rimarcato più volte il maestro – di come sia stata guastata da interventi maldestri e da atti di vandalismo. I primi ne hanno rovinato la lucidatura a piombo, che ne preservava l’integrità da agenti esterni. I secondi l’aspetto esteriore a causa di disegni con bombolette spray e altro”.
La fontana è costituita da una grande sfera centrale di marmo, appoggiata su di una serie di blocchi di peperino di diverse altezze e dimensione. Da alcune crepe, “realizzate non con poche difficoltà”, come ha sottolineato Capotondi, sgorga l’acqua. “Rappresenta lo spacco casuale di un’energia interna che esplode all’improvviso e spacca tutto ciò che trova”, ha spiegato. Anche il marmo.
Claudio Capotondi alla donazione delle sue opere
“La parte più complessa del lavoro – ha concluso l’artista, prima di scoprire assieme al rettore Ubertini la targa che ritrae il suo nome, accanto alle sue opere -, è stato rendere sferico un blocco immenso di marmo. 30 tonnellate di materia spigolosa, che sono state prima trasformate in ottaedro, poi in sfera”.
Un lavoro durato oltre un anno. Le cui fasi, da oggi, potranno essere ammirate sulle pareti dell’università della Tuscia.
“Un regalo non solo per gli studenti. Ma per la città intera. Perché – ha concluso Elisabetta Cristallini, della rete dell’arte contemporanea Sma -, l’università è luogo di tutti”.
Le opere di Claudio Capotondi
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