Viterbo – Riceviamo e pubblichiamo – E’ disponibile presso le strutture viterbesi del Ceis il nuovo libro di don Gianni Carparelli “E dal fango prese volo una farfalla”, adattamento libero di due precedenti lavori scritti dall’autore: “Sulla via del ritorno” e “High on life”.
Don Gianni Carparelli
Don Gianni, viterbese, solida formazione in teologia, psicologia e analisi e con anni di esperienza “sulla strada”, da tempo si occupa di problemi legati alla tossicodipendenza e più in generale alle dipendenze. A Toronto, dove ha vissuto trent’anni, ha fondato la “Caritas school of life”, dove ha potuto conoscere in maniera approfondita le realtà del disagio, immergendosene e non avendo paura di toccare quella che lui stesso definisce “la melma”.
Prete “eretico” e d’azione concreta, non ha mai avuto timore – come si legge nella quarta di copertina – di varcare i confini delle regole e delle abitudini anche se consacrate da secoli. Da quando è tornato a vivere nella Tuscia collabora in maniera più assidua con il Ceis. Ne è venuto fuori questo agile volume, sui generis anch’esso, sia nella forma grafica che nella struttura dei capitoli. “Chi si droga non ha paura di morire, ma di vivere…” e già la citazione tratta da un articolo di Pierpaolo Pasolini sul Corriere della Sera dice che direzione prenderà il libro.
Diretto non solo a chi ha a che far quotidianamente con le tossicodipendenze, il volume contiene riflessioni, analisi, esempi “frutto di anni di esperienza in questo campo difficile, spesso melmoso, della vita di molti e dal quale anche membri della mia famiglia non ne sono stati immuni. Ho imparato anche dagli sbagli, dai miei sbagli, che fanno parte di quel cammino che ha coinvolto e ancora coinvolge la mia vita”.
Tutto però è accomunato da una riflessione comune: il vero problema “non sono le droghe, ma la persona umana e la sua dignità, sempre in continua ricerca-scoperta per arrivare alla cosiddetta maturità”. Un’altra vita senza droga è possibile – ricorda don Gianni – ma serve sacrificio, pazienza, dolore, sopportazione, serve soprattutto l’umiltà di tendere la mano per ricevere aiuto e l’umiltà di chi quella mano la riceve.
“La persona umana deve essere al centro della pista di ballo” ma se la musica che ascoltiamo porta alla rovina e alla distruzione, è compito degli educatori, delle famiglie e anche di ogni singolo individuo cambiare quella musica. La droga, in buona sostanza, non è solo un problema di ordine pubblico o di criminalità, ma anche e soprattutto di introduzione al senso e alle responsabilità della vita. Di come la vita “si balla”, appunto.
Nel libro viene analizzata descritta la filosofia di cura del Ceis, dove la persona non è mai considerata uno scarto, ma è considerata al centro dell’attenzione: la persona con tutte le sue realtà di bisogni, paure e preoccupazioni, con la spiritualità che è parte del cammino.
Quella spiritualità che è desiderio di Dio “che dà pace e coraggio”. Proprio con alcune lettere di ospiti del Ceis si apre il libro: “Tanti di noi muoiono o vivono come se non fossero vivi, ma ombre che scivolano senza saper vivere. Abbiamo a volte paura della vita e delle sue aspettative e responsabilità. Vorremmo rinchiuderci come in una bolla di sapone che aiuta a non vedere le cose ma che ci offre la sensazione strana di volare?”. Il libro di don Gianni Carparelli prova a dare una risposta.
A. F.
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