Viterbo – Pietro Parolin, cardinale segretario di Stato non è il papa, Fabio Fabene che l’ha invitato è solo nominalmente vescovo di Montefiascone, ma la “Rocca” da cui ambedue – il primo al vertice, il secondo sulla plancia di comando della barca di Pietro – parlano all’urbe e all’orbe di ecologia integrale e libertà di espressione, torna Rocca “dei papi”.
Renzo Trappolini
Tanti pontefici, infatti, ed anche un antipapa – scrisse Marcello Mari – vi soggiornarono:” alcuni di passaggio, altri prodighi di onorificenze”
Location giusta per parlare di creato e di creature nelle rispettive funzioni. Come fissato nella Genesi e come praticato nella storia. Per ritrovare un filo d’Arianna nel labirinto di interpretazioni di comodo delle regole e di interessi particolari sovvertitori.
Quanto di più lontano dalla ecologia integrale che, interpretando Parolin, è invece cura dell’uomo in tutte le espressioni sue ed in quelle nelle quali opera con gli altri nell’ambiente. Al mondo, cioè e in un periodo, l’attuale, che sarebbe di “transizione” (anche se quale non è mai stato tale e quando non si sono invocati “cambio di rotta”, agire responsabile, educazione, ripensamento, rispetto reciproco nelle relazioni e – almeno da duemila anni – fraternità?).
Parolin ha rivendicato alla Chiesa, fin dai tempi di Francesco e Bonaventura, il concetto che “tutto è collegato” e che i legami tra gli uomini e di essi con la natura sono i canali della linfa che fa progredire la storia, che giustifica e dà forma al vivere con gli altri e nei luoghi.
La civitas, che – scrisse proprio a proposito di Montefiascone e richiamando Giorgio La Pira. l’indimenticato vescovo Lorenzo Chiarinelli – è “la città domicilio organico della persona” e l’organicità avviene per legami, per collegamenti.
Appunto, “Ecologia integrale; tutto è in relazione: ritrovare i legami”, tema del convegno alla Rocca. Da cui, dialogo con tutti e su tutto, ma con credibilità reciproca da ritenere mai – se si è in buonafede – “ingerenza” (ed il riferimento non è casuale alle attuali polemiche che, come i temporali di stagione, non intaccheranno comunque né la laicità dello stato, né la tutela dei diritti alla libera espressione, presupposto per ogni legame, né il rispetto di patti liberamente concordati).
Mentre a Montefiascone discutono, in Vaticano il vescovo Galantino che presiede a tutta l’amministrazione del patrimonio costruito in secoli di oboli a san Pietro, annuncia che per luglio l’elenco degli immobili sui quali la Chiesa centrale ha già pagato, tra imu e ires, nove milioni di euro, aggiungendo – ed è importante, perché i convegni servono, ma non meno necessari sono gli esempi – “stiamo lavorando con l’Ismea (istituto italiano di promozione della cura dei campi) per vedere quali terreni continuare a far fruttare e quali mettere a disposizione di cooperative di giovani”.
Ovviamente, c’è da sperare che anche questi ultimi siano buoni da poter “fruttare”, ma, intanto, perché non ricordarci e capire cos’è successo dopo che, ad agosto scorso, su Tusciaweb, il vescovo Fumagalli sollecitò iniziative con le istituzioni locali per affidare terreni incolti a cooperative anche di immigrati e ospiti di Mammagialla, come aveva fatto “fruttuosamente” per loro la Caritas, dalle parti di Celleno?
Tanto per passare ai fatti.
Renzo Trappolini
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