Viterbo – “La violenza è diventato un dato costante di Viterbo. Nella nostra città le risse sono ormai continue. E non sono risse a parole, ma a colpi di bottiglia”. E’ la fotografia della città di Viterbo scattata dal vescovo della diocesi Lino Fumagalli nel corso della messa a ricordo dei due carabinieri uccisi dai terroristi di Prima linea l’11 agosto 1980 a Ponte di Cetti. Ieri mattina, nella chiesa di Santa Maria delle Farine.
Viterbo – Santa Maria delle Farine – Il vescovo Lino Fumagalli
Assieme al vescovo ci sono don Luigi Fabbri, vicario, don Roberto Bracaccini, segretario, e il portavoce don Emanuele Germani. Di fronte, il comandante della Legione carabinieri Lazio, Antonio De Vita, il comandante provinciale Andrea Antonazzo, il sindaco e il presidente della provincia di Viterbo, rispettivamente Giovanni Arena e Pietro Nocchi, e il prefetto Giovanni Bruno.
Viterbo – Ponte di Cetti – La commemorazione di Cuzzoli e Cortellessa
Una denuncia forte, che arriva il giorno dopo le celebrazioni per la festività di San Lorenzo. Anche in tal caso con una messa solenne celebrata da don Luigi che ha parlato di aumenti esponenziali della povertà a Viterbo come lascito immediato di questa prima fase storica di emergenza Covid. Parole, anche le sue, durissime. Una città dove, ha detto il vescovo, “è importante creare una cultura condivisa che si trasferisce direttamente nell’agire quotidiano. La cultura della legalità, del rispetto e del valore della persona umana. Un valore assoluto che come tale va accolto, promosso e rispettato”.
Viterbo – Santa Maria delle Farine – Il vescovo Lino Fumagalli
Il clima di Viterbo sembra invece essere diverso. “C’è violenza dappertutto”, ha rimarcato Lino Fumagalli durante l’omelia. Un pezzo di un quadro nazionale dove “la violenza è presente sulle strade, nella politica. Una violenza verbale che consiste innanzitutto nel non accettare l’altro come valore e le idee che porta”.
Ad alimentare la violenza, per il vescovo, “è l’ambiente di povertà economica e sociale. Il sentirsi solo nelle difficoltà della vita. Persone che hanno perso il lavoro e che si vedono staccare la luce oppure che non riescono a provvedere ai loro figli”. Fondamentale, quindi,”una cultura della legalità. A partire dalle scuole, dalle famiglie e dalle istituzioni. Una cultura che sia figlia dell’essere umana e della dignità che gli appartiene. E non delle condizioni di degrado presenti invece ovunque in città. Tutto questo anche per far fronte alle difficoltà economiche e sociali del Covid, che non si sono ancora manifestate nella loro pienezza. Ben sapendo che una delle fonti della violenza è l’insicurezza sociale”.
Daniele Camilli
Fotocronaca: La messa alla chiesa di Santa Maria delle Farine
– “Terrorismo e violenza hanno umiliato l’Italia, serve cultura di pace e solidarietà”
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