Lago di Bolsena – Foto scattate dagli stessi archeologi subacquei durante l’immersione
Bolsena – (sil.co.) – Straordinaria scoperta archeologica nel lago di Bolsena dove da un gigantesco giacimento sacro di tremila anni fa è riaffiorata una statuina di bronzo nuragica.
La piccola statua, appartenente al mondo sardo-fenicio, con copricapo particolare e occhi incisi, sembrerebbe rimandare ad una divinità.
A riportare la notizia è l’archeologa subacquea Barbara Barbaro che segue le operazioni insieme al Centro ricerche archeologia subacquea, proprio sull’enorme giacimento sacro di circa 3000 anni fa.
Lago di Bolsena – La statuina nuragica
L’eccezionale ritrovamento a 4 metri di profondità
Per la prima volta è stata indagata una porzione dell’Aiola, l’accumulo monumentale di pietre di cui ancora non si conosceva la funzione, posizionata poco più a nord della nota palafitta della prima età del ferro.
Durante un’immersione i subacquei hanno trovato – a 4 metri di profondità – il piccolo oggetto che, una volta pulito, si è scoperto essere una statua di bronzo, alta pochi centimetri, risalente alla civiltà nuragica della Sardegna, riconosciuta tramite alcuni elementi stilistici caratteristici dell’antichissima civiltà sarda.
“Si tratta di una figura lavorata con alcuni elementi stilistici caratteristici che rimandano all’antica civiltà della Sardegna”, spiega l’esperta del Servizio di archeologia subacquea della Soprintendenza per l’Etruria meridionale, che sta seguendo le operazioni nel lago, in collaborazione con il Centro ricerche archeologia subacquea (Cras Aps).
“Il bronzetto nuragico testimonia oggi come questo villaggio fosse un punto strategico di contatto sulla tratta tra costa ed entroterra, che toccava Vulci, Bisenzio, Gran Carro e Orvieto”.
Un gigantesco giacimento sacro di 3000 anni fa
A quattro metri di profondità nel lago di Bolsena è stato identificato un gigantesco giacimento “sacro”, un grande tumulo di pietre completamente sommerso, dell’ampiezza di 60 per 80 metri circa, che ha restituito incredibilmente una grande quantità di reperti metallici legati a riti religiosi di 3000 anni fa.
Un “tesoro” per gli studiosi, fatto di statuine in bronzo, fibule, anellini, spilloni, rotelle a raggi forse d’argento e molte fusaiole finemente decorate. E vasi, con all’interno resti combusti di semi e ossa di animali. Ma soprattutto, un bronzetto molto speciale: per l’appunto la statuina di pochi centimetri, fusa in bronzo, di fattura “nuragica”, legata cioè all’antichissima civiltà sarda che echeggia le rotte dei Fenici nel Mediterraneo.
Contatti tra Bolsena e il mondo asiatico
“All’inizio, quel piccolo oggetto incrostato che tenevo nelle mani sul fondo del lago sembrava una semplice scoria di fusione. Una volta riemerso e ripulito, ha rivelato tutto il suo splendore”, spiega Egidio Severi, l’assistente tecnico archeologo subacqueo, che da anni affronta le immersioni nel lago di Bolsena. “Il bronzetto richiama il mondo sardo-fenicio e orientale che testimonia oggi il contatto della zona di Bolsena con il mondo asiatico”, aggiunge.
Lago di Bolsena – Immagini a cura degli archeologi subacquei durante l’immersione
Si indaga sul villaggio preistorico da 60 anni
Il nuragico, insieme ai reperti stanno riemergendo dal complesso cosiddetto della “Aiola”, il gigantesco giacimento “sacro”, identificato ora come il luogo di culto del famoso villaggio preistorico di capanne su palafitte del Gran Carro risalente al X-IX secolo avanti Cristo (fase dell’età del ferro), considerato dagli studiosi un importantissimo insediamento d’età villanoviana tra i più vasti e meglio conservati.
“Dopo 60 anni di indagini sul villaggio – continua Barbara Barbaro – abbiamo focalizzato le indagini per la prima volta sull’Aiola. Pensavamo che non dessero risultati, poi, con i primi saggi subacquei abbiamo intercettato indizi chiave che d hanno fatto capire che si tratta di un luogo di culto”. Una sorta di titanico altare, sulla cui parte superiore si sarebbero svolti i riti, come dimostrerebbe la superfìcie costellata di roghi, dove sono stati seppelliti gli oggetti di culto.
Un unicum della plastica figurativa villanoviana
“Ad una prima analisi dei dati – si legge in un post sulla pagina Facebook della Soprintendenza archeologia belle arti paesaggio Etruria meridionale – dovrebbe trattarsi di un’area dedicata al culto all’aperto formatosi nel tempo, probabilmente da un nucleo centrale più antico che mano mano si è espanso proprio per la natura dei riti che venivano eseguiti e che prevedevano l’accensione di fuochi nella parte superiore, dove la superficie è piana, e il seppellimento di offerte di cibo combusto in vasi biconici coperti da scodelle nelle parti più scoscese sui lati del tumulo, che è risultato solo ricoperto di pietre e formato essenzialmente da strati di cenere, carbone e terreno”.
“La figurina di bronzo fusa – viene sottolineato – si inserisce eccezionalmente nello scarso patrimonio finora conosciuto della plastica figurativa protostorica dell’Etruria. Ancora tutta da interpretare la posizione di questo personaggio con corpo e copricapo scanalato, che tiene nelle mani poste al termine delle esili braccia, due oggetti circolari forati dei quali è ancora incerta la connessione con le espansioni laterali del copricapo. Questo presenta un viso e soprattutto una resa degli occhi molto simile ad alcuni bronzetti sardi, con richiami iconografici anche nel geometrico greco, tuttavia l’incredibile importanza del rinvenimento risiede proprio nella sua unicità nel panorama della plastica figurativa villanoviana”.
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