Viterbo – “Il conclave ci insegna quanto è bella la distinzione tra sfera civile e sfera religiosa, tra stato e chiesa. Due ambiti che devono restare distinti ma non distanti, sempre in collaborazione, ma ciascuno nel proprio contesto”. Il vescovo di Viterbo Lino Fumagalli l’altra sera è intervenuto alla presentazione degli eventi per i 750 anni dal conclave viterbese del 1268-1271, quando per anni, fino al marzo del 1272, la sede pontificia rimase vacante e la chiesa, così come tutto il suo patrimonio e il suo potere, vennero gestiti collegialmente. E da Viterbo, la città internazionale del XIII secolo, dove i cardinali non si decidevano sul nome. Sottoposti alle pressioni del re Carlo d’Angiò che, dopo Clemente IV, voleva un altro francese, e gli italiani che chiedevano invece un loro connazionale.
“Viterbo – ha ricordato il vescovo – allora aveva tutti gli occhi della cristianità, vale a dire tutto il mondo all’epoca conosciuto, puntati addosso. Le due sfere, civile e religiosa, si sovrapponevano e sono stati solo che guai. Come la morte di Enrico di Cornovaglia, nel marzo del 1271, in pieno conclave, violando ogni regola”.
Viterbo – Lino Fumagalli
A uccidere Enrico il 13 marzo furono i cugini Guido e Simone di Montfort. Per l’affronto subito dal re d’Inghilterra Enrico III, che aveva ucciso loro sia il padre che il fratello nella battaglia di Evesham, mutilando successivamente i loro cadaveri.
La sovrapposizione delle due sfere, laica e religiosa. Libera chiesa, in libero stato. Con due ordinamenti giuridici distinti. Autorità morale la prima, autorità statale la seconda. Senza alcun privilegio per la prima. A tutela dei diritti il secondo. Sfere che nel tempo, e nella storia stessa della chiesa, si sono andate distinguendo e separando. Sovrapponendosi in altri modi, in accordo oppure influenzando le dinamiche l’una dell’altro. E il formarsi, per la chiesa post tridentina, di un vero e proprio stato con il papa monarca assoluto. Oggetto esso stesso, alla fine, di conquista. Col papa assoluto tra i primi tiranni d’ancien regime a cadere e la nascita di una nuova chiesa. Prima a fatica, tra papa Leone e papa Pio XII. Poi in modo sempre più evidente con il Vaticano secondo. Un concilio che ha affidato ai vescovi la chiesa e alle comunità di base il compito di animarla. Scegliendo in modo chiaro e imperativo i poveri. Nel discorso di Lino Fumagalli c’è anche il richiamo all’omicidio politico. Perché quello di Enrico di Cornovaglia fu tale. E come tale lo condanna Dante all’Inferno. Tuttavia è quello che qualche secolo più tardi Machiavelli prima, e tutti gli altri poi, definirono “tirannicidio”, dandogli un’altra connotazione e, comunque sia, ammettendolo come pratica e mezzo di lotta politica. Anche in quest’ambito, quello che accadde e venne in qualche modo lasciato scorrere a Viterbo fu un un primo assaggio del dopo.
Viterbo – La fontana di piazza del Gesù e la chiesa di san Silvestro
Libera chiesa in libero stato, lo ha ricordato il vescovo Fumagalli l’altra sera in occasione delle celebrazioni del concilio. Con lui, il sindaco Giovanni Arena e l’assessore Marco De Carolis. Elisabetta De Domicis della fondazione Carivit e Gianpaolo Serone di Archeoares. Il tentativo di fare della città, a partire dal colle del duomo, non solo un luogo turistico, ma anche di riflessione culturale sulla propria storia e il ruolo che essa ha avuto nel contesto più ampio della cristianità, dunque del mondo.
Viterbo – Il vescovo Lino Fumagalli
“Nel 1970 – ha concluso infine il vescovo Lino Fumagalli – Paolo VI, in Campidoglio commemorando la breccia di Porta Pia, disse: ‘benedetta sia Porta Pia che ha liberato la chiesa dai vincoli che le impedivano l’esercizio libero del suo ministero. La mancanza di distinzione tra stato e chiesa ha comportato soltanto che guai”.
Daniele Camilli
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