Fabrica di Roma – Riceviamo e pubblichiamo – Ci risiamo. Sin dal 2015 si sottoscrivono accordi e si fanno negoziati tesi a ridurre le emissioni di Co2 per porre freno ai cambiamenti climatici correlati, ma di fatto le emissioni stanno aumentando e il consumo di petrolio nei prossimi anni è previsto in crescita. I dati reali sono in contrasto con le evidenze scientifiche che richiederebbero di azzerare le emissioni.
In Europa e in Italia le emissioni stanno diminuendo, ma avendo spostato la produzione di una grande quantità di beni di consumo in Cina. Se dovessimo sommare le emissioni conseguenti il consumo di tali beni, ci accorgeremmo che gran parte delle emissioni prodotte dalla Cina sono la conseguenza delle società dei consumi occidentali, che sono strutturate su parametri come il Pil e che pertanto non è realistico pensare che possano cambiare.
Il punto chiave di tutto questo è l’energia. L’elettrificazione di massa dei trasporti e dei consumi è oggi un fenomeno di costume e viene vista solo come un’opportunità commerciale, ovviamente direi, in una società basata sul consumo.
Fisicamente l’elettricità non è altro che un vettore con il quale l’ energia viene trasportata. Il punto focale è come questa viene prodotta.
Per fare un esempio, l’uso nei mesi invernali delle tanto blasonate auto elettriche richiede energia termica, ottenuta bruciando combustibili fossili a Civitavecchia, che poi viene convertita in energia elettrica, trasportata, trasformata più volte, immagazzinata e infine trasformata in energia meccanica.
Se bruciassimo combustile fossile con un’auto convenzionale, inquineremmo molto di meno, almeno se gli interessi commerciali non hanno anche soppiantato il secondo principio della termodinamica (ogni volta che si trasforma l’energia da una forma a un’altra si ha una perdita). Oltretutto, se dovessimo sommare al bilancio energetico il maggiore impatto della produzione di veicoli elettrici, ne consegue che quantomeno un approfondimento sarebbe necessario, se non altro per far prendere coscienza al consumatore ignaro, che in buona fede fa una scelta piuttosto che un’altra credendo di far bene al pianeta.
Le cosiddette rinnovabili potranno contribuire in buona parte al fabbisogno di energia, ma per loro natura sono dipendenti dalle condizioni ambientali e pertanto discontinue.
L’idrogeno è un altro vettore che richiede energia per essere prodotto. A differenza dell’elettricità è stoccabile; potrebbe contribuire, ma non risolve il problema perché è complicato il suo utilizzo in ambito residenziale per la sua pericolosità, è molto costoso e lo stoccaggio è complicato per via delle alte pressioni.
L’energia nucleare è una parola che non si può pronunciare, come lo era la peste nel Medioevo. Questo accade quando l’argomento è contornato da un alone di diffidenza, di ignoranza e di consenso.
Circa dieci anni orsono avevamo raggiunto degli accordi con la Francia per la costruzione di un certo numero di reattori d’ultima generazione che per fortuna furono disdetti a seguito del referendum. Dico per fortuna perché di quei reattori ne stanno costruendo uno in Finlandia da decenni, con costi e tempi di realizzo che sono quintuplicati rispetto a quelli iniziali, e che ha pure delle controversie importanti relative alla sicurezza. Come tecnologia è lo sviluppo del classico reattore occidentale moderato e raffreddato ad acqua, che a differenza di quello moderato a grafite russo, doveva evitare il verificarsi di disastri tipo Chernobyl, ma che, come abbiamo visto in Giappone, non era proprio come voleva farci credere, sin dagli anni ’80, la propaganda occidentale.
Detto questo, la preclusione concettuale sul nucleare è un errore. Nel mondo stanno sviluppando reattori a fusione a sali fusi che sono intrinsecamente sicuri, possono usare come combustibile i rifiuti nucleari, generano scorie che decadono in poco tempo, sono modulari e trasportabili, l’energia prodotta ha un costo bassissimo e non emette gas serra (per chi volesse approfondire può dare uno sguardo al sito della Moltex energy). Soprattutto potrebbero affiancare in maniera eccellente le rinnovabili, consentendo di soddisfare appieno la domanda di energia a zero emissioni.
Concludo dicendo che i cambiamenti climatici sono un disastro annunciato. Il loro rallentamento (se ancora possibile) dovrebbe prevedere un cambio di approccio immediato da parte di ciascuno di noi e di chi oggi si riunisce per decidere. Sono pessimista, perché firmare protocolli e dichiarazioni d’intenti non ha portato e non porterà a nessuna soluzione: gli interessi economici vincono sempre.
Fabio Balzerano
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