Viterbo – Potremo rassegnarci? Con le ormai naturali dimissioni del presidente Conte e dopo aver dovuto rinunciare alla ministra Bellanova – quella che inventò la regolarizzazione dei braccianti immigrati di cui si son giovate però soprattutto badanti e lavoratrici domestiche – rischiamo di perdere pure la Azzolina e la De Micheli, restandoci così il dubbio sulle ragioni della chiusura delle scuole: furono imprevidenti e pure imprudenti al ministero dell’istruzione con i banchi a rotelle anticovid, o al ministero dei trasporti i quali son sempre insufficienti, strapieni e stracontagiosi? Comunque sia, la caduta del governo travolge loro e tutti gli altri ministri, compreso chi, per trattare con i governanti del mondo, dice che ormai aveva quasi imparato l’inglese.
Che succederà? Pare ci mettano le mani vecchie volpi democristiane riaprendo il libro del consociativismo di fatto che, dopo la guerra, generò l’Italia potenza economica mondiale. Tabacci, Franceschini, Guerini, in lontananza Pomicino, insieme agli allievi stagionati dell’antica scuola PCI, i Bettini, Zingaretti, Orlando.
Riusciranno i nostri redivivi a trovare il bandolo della matassa? La strada sembrerebbe la solita, quella all’italiana di riportare la palla al centro. Là dove si fa e non si dice e, se si dice e per caso è la verità, è sempre possibile giustificarsi accusando chi ha parlato di essere il solito imprevedibile che sbaglia. Insomma, prendendo un po’ qui e un po’ là e, da una parte fingendo di scandalizzarsi, dall’altra procedendo con la vecchia garanzia che poi basterà un po’ di pentimento per tornare alla casella iniziale, ricomincerà il vecchio gioco dell’oca anche a dadi truccati? Quelli che da settanta e più anni garantiscono ad ogni governo di non cadere nel pozzo e di uscire dal labirinto, a condizione però che il primo di ogni legislatura non si pretenda di fare per intero i cinque anni regolamentari.
Stavolta, però forse l’usato sicuro potrebbe non essere sufficiente. Infatti, lo scheletro che costringe a ricominciare da capo non è solo alla casella 58, perché il covid si annida dovunque e, quindi, non basterà più rassegnarci al tirare a campare (sempre meglio che tirare le cuoia, si diceva al tempo degli ultimi governi Craxi-Andreotti-Forlani, il CAF) perché, da dicembre – quando il Censis rivelava che l’opinione prevalente dalle nostre parti era “meglio sudditi che morti”- di brutta acqua ne è arrivata. Comprese le ultime maleodoranti ondate di questa storia dei ritardi nelle vaccinazioni. Mancano le dosi o anche le siringhe, oppure si tratta di dura realtà: l’impreparazione a vaccinarci prima o almeno dentro l’estate?
Mentre loro pensano alla crisi, dal Colle ai Palazzi, hanno capito che comunque vada non ci sentiamo protetti, che un governo rappezzato lascerà il tempo che trova e che la paura crescente, anziché renderci passivi e disponibili, potrebbe farci diventare cattivi?
Renzo Trappolini
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