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Viterbo - Daniela Chiodo, Andrea Perazzino e Marisa Loria: "Il primo giorno? Dentro non facciamo sedere nessuno" - FOTO

“Il green pass non ci piace, non siamo investigatori…”

di Daniele Camilli
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Viterbo – “La dote del barista è la riservatezza”. Green pass, giorno primo. Viterbo. I bar della città usano quasi tutti gli spazi esterni. All’interno non si può sedere. Resistenza passiva, o giù di lì. “Per non chiedere nomi e cognomi ai clienti”, confidano i baristi. “Perché non l’abbiamo mai fatto gli investigatori e non intendiamo iniziare adesso”, aggiungono.

Daniela Chiodo e Andrea Perazzino nella città dei papi. Due storici baristi. La famiglia della prima, dal 1945. In via Roma. La seconda, dal ’77, a lato di via Ascenzi e a ridosso del Sacrario. date importanti nella storia del paese. Un po’, sta volta però nel peggiore degli incubi, come da un paio d’anni a questa parte.


Viterbo - Daniela Chiodo (sulla destra) del bar Chiodo

Viterbo – Daniela Chiodo (sulla destra) del bar Chiodo


Il green pass non va per la maggiore. Ieri il primo giorno dell’entrata in vigore dell’obbligo di richiederlo a chi intende sedersi all’interno del locale. Green pass che deve essere passato su un’app che rimanda nome, cognome e legittimità del pass in mano. Un documento che spetta chiedere ai titolari di bar e ristoranti, o a loro delegati, a chi manifesta la volontà di prendersi un caffè o un piatto comodo sotto a un tetto. Non va invece chiesto a chi si s’avvicina solo al bancone o sceglie di starsene seduto, ma all’esterno. Non va nemmeno chiesto ai dipendenti. Tuttavia il problema di chiedere le generalità ai clienti resta, e genera imbarazzo, impaccio e, in conclusione, scarsa, scarsissima voglia di farlo. Problema, per ora, risolto invitando tutti all’esterno. Niente tavoli interni, che in molti casi sono stati anche tolti, e soste limitate al bancone. In questo modo non c’è bisogno di chiedere il pass.


Viterbo - Il bar Rodolfo

Viterbo – Il bar Rodolfo


In questo modo si evita anche la distinzione tra vaccinati e non vaccinati nello stesso spazio interno. I primi seduti al tavolo, i secondi al bancone. Per il momento, perché tra pochi mesi sarà inverno e la voglia di un aperitivo all’addiaccio cala drasticamente.


Viterbo - Andrea Perazzino del bar Rodolfo

Viterbo – Andrea Perazzino del bar Rodolfo


“La dote del barista è la riservatezza – ribadisce Daniela Chiodo -. Senza farsi troppe domande. La riservatezza è la dote del barista. Ascoltare, senza parlare. E soprattutto senza chiedere. Uno non va al bar per sentirsi chiedere documento, nome e cognome, c’hai questo e c’hai quello…”. “Quindi – aggiunge – se mi chiedi come sta andando questo primo giorno di green pass, la risposta è semplice: sta andando bene. Perché tutti stanno fuori. Io non li faccio entrare. La soluzione è stata questa. Non ci mettiamo a fare i controllori. Prossimamente toglierò anche i tavolini all’interno. Così stiamo tutti a posto”.


Viterbo - Marisa Loria del bar del Sacrario

Viterbo – Marisa Loria del bar del Sacrario


“Cosa ne penso del green pass? Non sono favorevole – risponde Chiodo -, mi sembra una perdita di tempo. Ed è penalizzante per bar e ristoranti. Chi non ha il posto all’esterno, che fa? Quest’inverno, che facciamo?”. Era mai capitato di chiedere nome e cognome di un cliente in passato? “Mai – ribatte Chiodo -, non glielo chiedevamo mai. Se non ai minorenni per le bibite alcoliche. Per il resto, mai successo”. 


Viterbo - Il bar del Sacrario

Viterbo – Il bar del Sacrario


Pienamente d’accordo anche Perazzin0. Il suo bar sta vicino piazza Martiri d’Ungheria dove, fino a poco prima del Covid, c’era il mercato cittadino, spostato poi al Carmine. Una zona difficile, lasciata a lungo nel degrado, con le attività commerciali infuriate per lo stato di abbandono. Poche settimane fa, uno appresso all’altro, prima un serpente tra l’erba alta vicino a un altro bar, poi un topo che, sempre da quelle parti, saltellava sulla bicicletta di un bambino.


Viterbo - Daniela Chiodo del bar Chiodo

Viterbo – Daniela Chiodo del bar Chiodo


“Green pass? – anticipa la domanda Perazzino -. Non mi permetterò mai di andare da un cliente e chiedergli il green pass. Se lui me lo presenta mi fa piacere e si accomoda. Altrimenti no. Non me la sento, non l’ho fatto mai. Non sono un poliziotto. Una cosa del genere non l’ho fatta mai. E mi sembra brutta da fare. Non ci riesco, è più forte di me”. Poi, parlando con un cliente, “Questo è un locale aperto al pubblico e sono tutti benvenuti. Non ho mai chiesto il nome a un cliente e non l’ha mai fatto nemmeno mio padre (Rodolfo ndr). Si chiede come stai, non chi sei. Quello che conta, poi, non è il nome, ma il saluto quando entri e quando esci”. 

Come è andato il primo giorno del bar Rodolfo? “Bene – risponde Andrea Perazzino -. Abbiamo chiuso la sala interna e utilizziamo solo la parte esterna. Dentro, non facciamo sedere nessuno”.

In vista, però, dell’inverno, che inizia già a preoccupare. “Abbiamo tolto i tavolini all’interno del bar – commenta Marisa Loria del bar del Sacrario – per evitare di stare a chiedere il green pass. Anche per non stare in ansia con le multe. Poi per l’inverno non so cosa dire. Staremo a vedere. Sarà tutta una scoperta, ma stiamo già tutti in ansia”.


Viterbo - Il bar del Sacrario

Viterbo – Il bar del Sacrario


Preoccupazioni che si accumulano. Dalla crisi al Covid, e da anni a questa parte. In un contesto urbano deserrtificato già dal crollo economico della fase precedente alla pandemia. Col Coronavirus che sta mettendo tutto e tutti definitivamente in ginocchio. Verso un domani dai tratti poco chiari o quanto meno affatto attraenti. 


Viterbo - Il bar Rodolfo

Viterbo – Il bar Rodolfo


“Le vie del centro storico sono deserte – dice Chiodo -, il turismo l’hanno ammazzato e non ci sono più eventi. Non c’è più niente. Qui la fame te pija a schiaffi! Il turismo è mordi e fuggi. Ma che ci fai? Come fanno ad andare avanti le attività? Il centro storico è sporco, pieno di macchine e invivibile. Non solo, ma si è trasformato profondamente e in poco tempo. Una volta c’erano l’elettricista, il macellaio, la sartoria, la merceria. Adesso non c’è più niente. Solo abbigliamento. Per il resto sono tutti spariti”. Una fotografia impietosa. “In un contesto come questo – prosegue poi Chiodo – il Covid ha fatto sparire definitivamente la clientela. Non c’è più gente in giro, se non il fine settimana, e quella che c’è è tutta impaurita. E ostile al green pass, perché stizzita dai controlli”.

“Cosa mi aspetto dal futuro? – conclude Daniela Chiodo -. Mi aspetto sempre peggio, perché l’economia è ferma, non c’è un euro in giro e tutte queste limitazioni non aiutano certo a migliorare le cose”.

Daniele Camilli


Fotocronaca: Il primo giorno di green pass nei bar 


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7 agosto, 2021

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