Viterbo – Non solo dalle dichiarazioni della vittima e dei testimoni. Il presidente di Casapound Cimini Jacopo Polidori e il militante di estrema destra Luca Santini sarebbero stati incastrati anche dai messaggi Whatsapp. “Quanto estratto dalle memorie dei dispositivi elettronici in sequestro, ha fornito sostanziale conferma della ricostruzione dei fatti per come già emersa grazie alle dichiarazioni della vittima e di due testimoni”. Lo scrive il gip di Viterbo nelle trentacinque pagine in cui spiega perché ha condannato Polidori, 31 anni, e Santini, 19, a due anni e otto mesi di reclusione ciascuno per l’aggressione neofascista di Vignanello.
“La lettura e l’ascolto dei messaggi inviati dagli indagati mediante l’applicazione Whatsapp installata sui vari cellulari sottoposti a sequestro, ha permesso di rilevare anzitutto il ruolo diretto di Polidori nella vicenda che ha visto come protagonista” il 25enne di Vallerano, Paolo, colpevole di aver condiviso su Facebook un paio di vignette satiriche che recitavano: “Chi mette il parmigiano sulla pasta col tonno non merita rispetto”, e “Chi scappa dalla guerra*, abbandonando genitori, mogli e figli, non merita rispetto. *Tipo il Duce”.
“Dai messaggi – sottolinea il gip Francesco Rigato nelle motivazioni della sentenza – emerge non solo l’utilizzazione di una cinghia da parte di Polidori nell’aggressione, ma anche che la cintura era stata distrutta. Mentre la fibbia, su disposizione di Polidori, era stata rinvenuta da due minorenni il 12 febbraio 2017”. Ovvero, il giorno dopo l’aggressione. I minori “avevano anche provveduto a eliminare con il fuoco altre tracce del reato, quali fazzoletti sporchi di sangue che erano stati da loro stessi rinvenuti sul luogo dell’aggressione – prosegue il giudice -. Numerosi i messaggi Whatsapp dai quali emerge conferma che fu un minorenne a causare con un pugno la frattura delle ossa nasali della vittima, procurandosi lesioni alla mano”.
E i messaggi tra chi avrebbe dovuto distruggere la cintura e il presidente di Casapound Cimini “evidenziano l’interessamento di Polidori in merito alla circostanza che (l’amico, ndr) avesse provveduto a gettare via la cintura con la quale era stata compiuta l’aggressione. (L’amico, ndr) – riporta il gip – rispondeva con le parole: ‘Che cinta?’, chiaramente ironiche e idonee a far comprendere a Polidori di aver provveduto. Tanto che Polidori a sua volta rispondeva con messaggi in sequenza: ‘Ahahahah – Niente, tutto ok’. I messaggi rinvenuti sui dispositivi elettronici in sequestro sono inoltre tali da evidenziare che gli indagati, e in particolare Polidori, nei giorni immediatamente successivi all’aggressione si sono attivati nel contattare preventivamente le persone informate dei fatti per indurli a rendere versioni reticenti o a loro favorevoli e quindi, dopo che gli stessi erano stati sentiti, nell’accertarsi in merito al contenuto delle rispettive dichiarazioni rese”.
Mentre gli investigatori, con il decreto di perquisizione del pm in mano, hanno bussato alla porta di Luca Santini una sola volta, quando gli hanno sequestrato un computer portatile e uno fisso e lo smartphone, da Polidori si sono recati due volte. La prima per sequestrare un computer, due iPhone e un paio di guanti di pelle nera imbottiti con della sabbia. La seconda per cercare “la fibbia per cintura marca Zetazeroalfa che sarebbe stata recuperata da un minorenne il giorno successivo ai fatti, dopo che la stessa sera si era già recato a cercarla con l’uso della torcia di un telefonino”.
Ma, eseguita la perquisizione, “la fibbia non è stata rinvenuta – chiarisce il giudice -. Ne è stata rinvenuta un’altra non di marca Zetazeroalfa, e nell’occasione Polidori dichiarava spontaneamente che la cintura che aveva indossato la sera dei fatti era quella sottoposta a sequestro al momento dalla polizia giudiziaria. Affermava di aver posseduto in passato un cintura Zetazeroalfa la cui fibbia però si era spezzata circa un anno prima e pertanto l’aveva gettata via. Le dichiarazioni – sottolinea il gip – risultano palesemente false, alla luce di quanto comunicato dalla polizia giudiziaria con annotazione redatta a seguito dell’analisi di quanto appreso grazie all’effettuazione della consulenza finalizzata all’estrazione di ciò che era memorizzato sugli apparati elettronici sequestrati nei confronti degli indagati”.
Presunzione di innocenza
Per indagato si intende semplicemente una persona nei confronti della quale vengono svolte indagini preliminari in un procedimento penale.
Nel sistema penale italiano vige la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della costituzione italiana secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.
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